I segreti della nave fantasma che dalla Siria è arrivata a Ravenna

Luigi De Biase

Dal Porto Corsini, il canale che guida le navi all’imbocco di Ravenna, Montale guardava le ansie d’oriente e la bellezza stremata della sua musa Dora Markus: erano timori degli anni Trenta, c’era una guerra alle spalle e l’inizio di un’altra appena di fronte. Oggi sul molo si vedono operai con le casacche da lavoro e marinai appena sbarcati che chiedono qual è il modo più veloce e meno costoso per arrivare in città.

    Dal Porto Corsini, il canale che guida le navi all’imbocco di Ravenna, Montale guardava le ansie d’oriente e la bellezza stremata della sua musa Dora Markus: erano timori degli anni Trenta, c’era una guerra alle spalle e l’inizio di un’altra appena di fronte. Oggi sul molo si vedono operai con le casacche da lavoro e marinai appena sbarcati che chiedono qual è il modo più veloce e meno costoso per arrivare in città. E da qualche giorno un grosso cargo agita la vita del porto, si chiama Professor Katsman, è lungo 120 metri e pesa cinquemila tonnellate: il suo nome è un caso che coinvolge la diplomazia americana, il governo russo e l’esercito siriano.
    I primi a parlare della Professor Katsman sono stati quelli di al Arabiya, due settimana fa hanno detto che la nave è partita da San Pietroburgo per trasportare armi al regime di Damasco e la notizia è stata ripresa dall’agenzia Reuters e da debka.com, un sito internet che conosce bene gli affari del medio oriente. Molti hanno cominciato a seguire gli spostamenti del cargo, lo ha fatto anche un’associazione umanitaria, Human Rights First, che ne ha tracciato la rotta: la Professor Katsman era al largo della Grecia il 23 maggio, fra il 24 e il 25 si è mossa verso la Siria, il 26 il segnale è scomparso, ma il 27 il cargo è tornato sugli schermi, nelle acque che separano Cipro dalla Grecia. Alcuni pensano che, durante l’interruzione, la nave abbia fatto scalo a Tartous, il porto siriano costruito grazie alla collaborazione con i russi, e abbia scaricato armi. Si tratta soltanto di ipotesi, è quasi impossibile verificare la circostanza, ma le voci sul viaggio hanno sollevato un dibattito intenso. L’ambasciatore americano all’Onu, Susan Rice, ha detto di essere “assolutamente preoccupata” dalla rotta della nave, e il presidente russo, Vladimir Putin, ha risposto a distanza che il suo paese “non fornisce alla Siria armi che possono essere usate contro i civili”.

    Il cargo è entrato a Ravenna lunedì mattina, poco dopo le otto. Si trova nella Base Saipem, una delle zone più protette del porto, e sta caricando macchinari da trivellazione che saranno usati in Kazakistan, nella parte nord del mar Caspio. E’ una nave enorme, molto bassa, costruita per viaggiare anche su canali e grandi fiumi. Ha fornito segnali al satellite sino a mercoledì pomeriggio, ma da ieri è scomparsa di nuovo dalle mappe di marinetraffic.com. Al momento di gettare l’ancora era completamente vuota, gli uomini della Guardia di Finanza hanno eseguito numerosi controlli senza rilevare alcuna irregolarità. Al porto dicono che potrebbe riprendere il largo già da oggi.
    Il cargo appartiene a un armatore russo, North Western Company; è al servizio di Saipem attraverso una società di logistica che si chiama Geodis. Il vero problema non è quel che farà il Professor Katsman nelle prossime settimane, ma stabilire com’è possibile che una nave passi senza troppi problemi da un grosso intrigo a un impegno commerciale. L’Europa e gli Stati Uniti hanno approvato sanzioni contro la vendita di armi alla Siria, ma non possono controllare tutte le strade per Damasco. Un caso simile ha coinvolto un cargo tedesco il mese scorso, l’Atlantic Cruiser, e le autorità turche hanno potuto fermare la nave soltanto grazie al via libera del comandante. Senza un filtro di fronte alle acque della Siria, è impossibile rendere le sanzioni effettive. Occidente e Russia sono sempre più lontani sul dossier: il segretario di stato americano, Hillary Clinton, ha chiesto che Bashar el Assad se ne ada, ma il Cremlino offre segnali di sostegno al regime. Per la pace, come scriveva Montale dal Porto Corsini, è sempre più tardi.