La clava no
Il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, ha seguito la discussione sulla riabilitazione della violenza in una situazione di democrazia scomparsa, lanciata dal pamphlet di Luisa Muraro, recensito e commentato dal Foglio. Ha pure letto sul Fatto quotidiano di ieri lo sfogo del “cittadino beffato” in cui Massimo Fini afferma di non capire perché non si possa prendere a cazzotti Daniele Capezzone, per esempio. Il fenomeno si segnalava ieri in Grecia, con le sberle in diretta tv del deputato nazista di Alba dorata su una parlamentare comunista.
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Il ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, ha seguito la discussione sulla riabilitazione della violenza in una situazione di democrazia scomparsa, lanciata dal pamphlet di Luisa Muraro, recensito e commentato dal Foglio. Ha pure letto sul Fatto quotidiano di ieri lo sfogo del “cittadino beffato” in cui Massimo Fini afferma di non capire perché non si possa prendere a cazzotti Daniele Capezzone, per esempio. Il fenomeno si segnalava ieri in Grecia, con le sberle in diretta tv del deputato nazista di Alba dorata su una parlamentare comunista. Il ministro Cancellieri non mostra alcuna indulgenza sul tema. Difende a spada tratta la democrazia e i suoi principi. Ma argomenta. “Il problema è che i cittadini si rendono conto che i centri decisionali vanno molto al di là di chi governa il loro territorio”, dice al Foglio appena uscita da Palazzo Chigi. “Quale governo, quale ente, quale entità segreta decide se l’economia va bene? Il governo italiano, l’Europa, Obama, i poteri forti? Questa incertezza genera preoccupazione persino nella parte più evoluta della società”. E il cittadino si sente beffato. Altro problema che il ministro avverte con forza, la fine della mediazione: “La voce dei cittadini non arriva a chi esercita il potere. E’ venuto meno il meccanismo di compensazione classica dei partiti, delle parrocchie, delle associazioni che mediavano le istanze politiche in vista della deliberazione”. E adesso cosa c’è? Risposta: “Solo il centro commerciale, dove il cittadino deve sfogare la rabbia, perché gli fai vedere che potrebbe comprarsi tutto il mondo, ma non ha i soldi per farlo”.
Come se non bastasse, sul nostro mondo postideologico, postindustriale, postdemocratico, incombono i mezzi di comunicazione, altro motivo di apprensione per il Ministro. “Non sono più quelli tradizionali, il giornale è un mezzo di élite, mentre internet ha una diffusione planetaria, che sfugge a ogni regolamentazione, lasciando il lettore completamente inerme davanti a ciò che legge, nel bene e male. Ma come l’affronti questa rivoluzione centomila volte più potente di quella gutenberghiana? Solo con i valori, con una preparazione culturale e morale in chi legge? E’ cosa quantomai problematica in una società che è andata perdendo i suoi principi, perché alla crescita del livello culturale e delle conoscenze teniche non è corrisposta la tenuta dei principi forti, il che crea certo uno scompenso in chi non ha le risorse per capire”.
Così il rifiuto categorico del ricorso alla violenza è riaffermato non solo in nome dello stato di diritto o della repressione che serve a garantire il cittadino da abusi e soprusi, ma in nome di una pedagogia civile, in nome della difesa della cultura e della sua supremazia morale. “Per evitare la violenza bisogna ascoltare la società civile, mediare le sue esigenze, perché la democrazia resta un valore imprescindibile. La vera democrazia, come quella degli antichi greci, prevedeva che quando il demos decideva gli altri si adeguavano. Qui invece non si adegua più nessuno, predomina l’egoismo dei singoli. Perciò oggi bisogna ricostruire i fili della decisione, perchè qui ormai nessuno decide niente, c’è una tale quantità di lacci e lacciuoli che vanificano la decisione, mentre la democrazia deve essere capace di decidere; deve riconoscere che chi ha scelto per governare è quello giusto per la missione. Se il cittadino in tutto questo non crede più, decide di farsi giustizia da solo, ma è una scelta inaccettabile, perché sarebbe il ritorno alla clava, la fine dell’evoluzione delle menti, col rischio di ricadere nell’uomo provvidenziale che per fermare la violenza impone a tutti le sue scelte con la forza. Uno scenario da incubo, che abbiamo già visto”.
Quanto alla degenerazione delle forme, anche qui tolleranza zero. “Non dobbiamo lasciar spazio nemmeno alla violenza verbale, perché anche nelle sue varianti più deboli può provocare disastri. Anziché ricamare sulla necessità del ricorso alla violenza, dovremmo stigmatizzarne il pericolo di chi istiga a farne uso come se fosse l’unica risorsa rimasta. Non è così. Ci sono molte altre strade da percorrere, a cominciare dall’educazione dei bambini, dall’impegno, dalla capacità di affrontare le avversità senza dimenticare la solidarietà civile, la volontà di stare insieme. Ricette per chi governa non ce ne sono, salvo quella di essere molto trasparenti e seri, di chiedere a se stessi ciò che si pretende dagli altri, aprendo tutti i canali di ascolto”.
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