La roba
Il mostro ha due figlie che ha fatto laureare, dei nipotini a cui compra il gelato, un’azienda, uno yacht di cinquanta piedi ormeggiato prima a Gallipoli, poi a Porto Cesareo. Giovanni Vantaggiato, che ha confessato di avere messo la bomba a Brindisi, davanti alla scuola delle ragazzine, uccidendone una e bruciandone cinque, è un perfetto uomo da Censis, non un pazzo ai margini del mondo civile.
Il mostro ha due figlie che ha fatto laureare, dei nipotini a cui compra il gelato, un’azienda, uno yacht di cinquanta piedi ormeggiato prima a Gallipoli, poi a Porto Cesareo. Giovanni Vantaggiato, che ha confessato di avere messo la bomba a Brindisi, davanti alla scuola delle ragazzine, uccidendone una e bruciandone cinque, è un perfetto uomo da Censis, non un pazzo ai margini del mondo civile. Uno che si è dedicato al benessere ed è riuscito a raggiungerlo, rompendo i rapporti con il fratello e con i genitori per questioni di soldi. Ha costruito le bombe, ha premuto il pulsante del telecomando, ha aspettato qualche secondo, ha visto Melissa, sedici anni, saltare in aria. E’ tornato con la mano in tasca a casa, pensando a tutti gli euro che la crisi e i giudici gli hanno rubato, non a una bambina uccisa. La sua, ha detto, è stata “una forma di protesta” per le cose che non vanno. La vita bruciata di quelle studentesse è una forma di protesta, un male necessario per urlare al mondo che Vantaggiato è stato truffato, non guadagna più come prima, e quei duemilaottocento euro al mese di posto barca chissà per quanto tempo ancora riuscirà a pagarli. Se la verità orribile è davvero questa, se non c’è un motivo ancora più turpe che il ricco bombarolo depresso sta provando a nascondere (ma cosa c’è di più turpe di una tentata strage di ragazzine da parte di un padre, di figlie femmine perfino, che aveva da poco riaccolto in casa la più grande, con figli a sua volta, che avrebbe potuto vivere una vecchiaia tranquilla da nonno orgoglioso?), noi dobbiamo disprezzarci nel modo giusto. Quest’uomo pensava di non avere ricevuto abbastanza, dalla vita e dalle persone: la casa, la benzina, le auto, la barca, tutta quella roba non bastava. Aveva perso degli appalti, era stato truffato e non abbastanza risarcito, la sua furia aveva in mano la calcolatrice, in mente le tasse e le vacanze.
Un sociopatico, va bene, ma un sociopatico che stava perfettamente dentro la società, che nei venti giorni dopo l’esplosione (non un momento di follia, una preparazione lucida e spietata, la ricerca di un orario in cui potesse fare del male a qualcuno, l’indifferenza totale verso chi, morto, non avrebbe mai potuto comprendere le sue rancorose ossessioni economiche, “è stato un colpo di testa, che volete fare?”), è andato a controllare lo stato del suo yacht, per cominciare la stagione estiva, pochi giorni dopo l’attentato ha messo in mare lo scafo, l’ha portato a Porto Cesareo, ha messo le tendine alle finestre perché il sole non rovinasse gli arredi e perché nessuno potesse sbirciare fra le sue cose. La sua roba. “Non posso pensare che in questi venti giorni lui abbia mangiato con la sua famiglia, con i suoi figli”, ha detto il padre di Melissa Bassi. Invece l’ha fatto, e avrebbe continuato per sempre, a tenere in ordine le cime, a prendere il sole, a maledire i giudici e il governo. Non si può pensare, nemmeno, che Melissa sia morta per le ansie da impoverimento di un nonno premuroso che fa le vacanze in barca.
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