Marketing, caos, sorpresa primarie

Salvatore Merlo

Il Pdl è un marasma alla cui origine, e alla cui fine, c’è ancora (e sempre) Silvio Berlusconi. Nel teatrino del suo squinternato partito, il Cavaliere ancora dirige, recita e fa recitare tutti i ruoli: benedice le centomila linee politiche, non ne ha una che sia soltanto sua e non ne predilige (così pare) nessuna. Uno, nessuno e centomila Berlusconi.

    Il Pdl è un marasma alla cui origine, e alla cui fine, c’è ancora (e sempre) Silvio Berlusconi. Nel teatrino del suo squinternato partito, il Cavaliere ancora dirige, recita e fa recitare tutti i ruoli: benedice le centomila linee politiche, non ne ha una che sia soltanto sua e non ne predilige (così pare) nessuna. Uno, nessuno e centomila Berlusconi. Quello che per altri è caos, per lui è politica. Un po’ non sa bene che fare e un po’ segue uno schema così antico da esprimersi ancora in latino: divide et impera. Eppure, nel corso dell’ufficio di presidenza del Pdl, oggi, Angelino Alfano, sventolando l’ormai famosa lettera-manifesto di Renato Schifani, tenterà un’operazione inedita: ridurre il Cavaliere a una sola delle sue maschere, quella più moderata e partitica; malgrado anche questa, in realtà, se la sia disegnata sempre il Cavaliere (e al segretario del Pdl in fondo in fondo questo non sfugge).

    Alle sei del pomeriggio di mercoledì scorso, come anticipatogli da una telefonata del presidente del Senato, Berlusconi riceve a Palazzo Grazioli la lettera di Renato Schifani: prima del Foglio, prima della pubblicazione. “Caro Cavaliere, non giocare con il caos. Ci vuole una linea di responsabilità”, scriveva Schifani criticando “il grillismo d’imitazione”, cioè la maschera antieuropea e antimontiana che il Cavaliere ha lasciato indossare a Daniela Santanchè e ad altri nel Pdl. Il fatto sorprendente è che Berlusconi, una volta letta la missiva, non ha avuto niente da obiettare, anzi. Con gli amici, l’ex premier è arrivato a dire persino che “in alcuni passaggi quel testo coincide con il mio pensiero”. La verità è che il Cavaliere non sa ancora cosa fare e dunque, nel dubbio, fa tutto: autorizza il movimentismo antitasse e antieuro di Daniela Santanchè (oggi ospite del Foglio in una invettiva contro Schifani), contemporaneamente incarica Guido Bertolaso (come un tempo fece con Maurizio Scelli) di scovare giovani talenti per un listone civico da affiancare al Pdl (l’idea non diaspiace ad Alfano), e infine benedice pure la lettera di Schifani; malgrado la missiva suoni in tutta evidenza come una critica, e puntuta, alla leadership del “Cavaliere infallibile”. Tutte linee politiche diverse tra loro, e persino esplicitamente incompatibili l’una con le altre. Tutte autorizzate. Berlusconi è insondabile e non sceglie. Come dice Fabrizio Cicchitto, “per temperamento, per equivoco sulla natura della politica, per cinismo ludico, Berlusconi ritiene che lasciar trascorrere il tempo equivalga a ‘guadagnare tempo’. E dunque non decide”. Mai? “Quasi mai”. Il Cav. lascia che le cose succedano, e nel frattempo, poiché  non ha le idee chiare su come arrivare alle elezioni, suona (o meglio, si fa suonare) tutte le note dello spartito, e tutte assieme, in una polifonia un po’ pazzotica ma che tuttavia corrisponde alle sue inclinazioni più naturali, antiche, sedimentate. Come rivelò lui stesso molti anni fa: “Decido solo quando le cose sono chiare, quando ho un’autostrada davanti”.

    Intanto però la “linea Schifani”, linea moderata nei confronti di Mario Monti e molto legata all’identità Pdl nel conflitto interno al berlusconismo, ieri sembrava maggioritaria tra i dirigenti del partito (contrari solo Altero Matteoli, e ovviamente Santanchè). D’altra parte, è proprio sul contenuto della lettera di Schifani che il segretario del Pdl Alfano ha convocato per oggi un Ufficio di presidenza, il massimo organo rappresentativo del suo partito. Alfano cercherà legittimazione, consenso, sostegno dall’intero gruppo dirigente intorno alla sua linea (e di Schifani). Chiederà, e otterrà senza dubbio, delle elezioni primarie capaci – dal suo punto di vista – di “ungerlo” nel consenso. “Il conflitto interno, se vogliamo è tra ‘marketing elettorale’ e ‘cartello lettorale’”, dice Gaetano Quagliariello.
    “Marketing elettorale vs cartello elettorale”, dice Gaetano Quagliariello. E il vicecapogruppo del Pdl in Senato intende dire che si contrappongono due, diverse, tentazioni del Cavaliere: la sua antica predisposizione a intendere la politica come posizionamento di un marchio all’interno del mercato elettorale (dunque la “girandola” di liste pulviscolari capaci di accarezzare per il verso giusto il pelo dell’antipolitica e sostituire così anche la nomenclatura del Pdl) e l’inclinazione invece più recente, forse meno “naturale” per il Cavaliere, verso la quale lo spinge Alfano: la politica-politica, il partito strutturato, la mediazione e il compromesso di sistema con gli altri partiti e persino con la tecnocrazia di Monti (Alfano vorrebbe compilare un programma di fine legislatura come gli suggerisce Andrea Augello: cinque punti sui cui vincolare il governo).

    Non è certamente un dettaglio raccontare in quale contesto sia maturata la  lettera di Schifani, e quanto abbiano influito i contatti trasversali del presidente del Senato. Il 2 giugno, nel corso delle celebrazioni per la festa della Repubblica, una stretta di mano e un dialogo intenso con Gianfranco Fini; e poi, qualche giorno dopo, a quanto pare, anche un pranzo con Pier Ferdinando Casini a Palazzo Giustiniani. Incontro che fonti dell’Udc definiscono “molto distensivo”. Non sono casuali le reazioni positive di Casini e di Fini alla lettera di Schifani. “Pone una questione politica che deve riguardare tutti i soggetti che hanno a cuore il futuro dell’Italia”, ha detto ieri Italo Bocchino, dopo che anche Fini, parzialmente smentendo una sua precendente intervista al Corriere, aveva auspicato “convergenze” con Alfano sulle riforme (il presidenzialismo).
    Oggi Alfano vorrebbe incassare un documento politico unitario che renda esplicita e univoca la linea: nessuna “girandola” di liste alternative al Pdl, nessuno spacchettamento. Ma anche qui, c’è lo zampino del Cavaliere: il listone civico cui lavora Guido Bertolaso sarà approvato dall’ufficio di presidenza del Pdl. Dicono che secondo il Cavaliere invece succederà “ben poco”, sarà soprattutto “uno sfogatoio”. Quello che per Berlusconi è “ben poco” per Alfano “è molto”. E si conferma la distanza antropologica tra il Cavaliere del marketing e la sua corte che si è fatta partito. Poi la faccenda delle primarie.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.