Alba dorata
“Critico la violenza stupida ma aggiungo che usare tutta la propria forza, quando è necessario – perché può essere necessario – può sconfinare nella violenza. Lo dico perché sono lucida e perché so come siamo noi esseri umani. Ma è una ragione per trattenersi?”. La filosofa e femminista della differenza Luisa Muraro, autrice del pamphlet “Dio è violent” (nottetempo), a Roma stasera al Festival delle Letterature di Massenzio, dice di essere “consapevole di aver scritto un testo politicamente scorretto”.
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“Critico la violenza stupida ma aggiungo che usare tutta la propria forza, quando è necessario – perché può essere necessario – può sconfinare nella violenza. Lo dico perché sono lucida e perché so come siamo noi esseri umani. Ma è una ragione per trattenersi?”. La filosofa e femminista della differenza Luisa Muraro, autrice del pamphlet “Dio è violent” (nottetempo), a Roma stasera al Festival delle Letterature di Massenzio, dice di essere “consapevole di aver scritto un testo politicamente scorretto”. E ci spiega perché ha voluto correre il rischio di essere fraintesa, quando definisce “un’idea morta” un contratto sociale incapace di conservare una parvenza di efficacia. Oppure quando polemizza contro la predicazione antiviolenza, “fatta per stendere un velo su quelle che sono le effettive cause e le espressioni di violenza nazionale, internazionale e globale, mentre allo stesso tempo ci vieta di immaginare una violenza giusta, che poi significa semplicemente non negarci a priori di poter agire con tutta la forza necessaria. E’ una provocazione, d’accordo. Ma la ritengo utile, quando vedo che il ricorso alla violenza in funzione dell’ordine globale è una minaccia che noi prepariamo per i nostri discendenti: non possiamo pensare che i popoli sui quali si interviene con la violenza ci perdonino”. La filosofa fa l’esempio “davanti ai nostri occhi, della Libia. Il vescovo di Tripoli continuava a ripetere che esiste la diplomazia, ma Francia e Inghilterra al galoppo, e l’Italia appresso, sono andate a fare che cosa? A portare altro disordine in una situazione già in difficoltà. Tutto questo ci pesa addosso con la crisi economica. Ho detto semplicemente: rompo con questa omertà”.
Quella provocazione, dice ancora Luisa Muraro, “ho deciso di potermela permettere perché sono una donna, esponente di un’umanità mal tutelata dal contratto sociale, che ha spesso patito le violenze sia di guerra sia private e maschili e che ha titolo per parlare di violenza. Mi autorizza la mia storia, la politica delle donne, il femminismo italiano che con la sua originalità ha detto che la politica non va confusa con il potere (“Potere e politica non sono la stessa cosa” è anche il titolo dell’inedito che Luisa Muraro leggerà stasera a Roma, ndr). La politica delle donne insegna il valore primario della relazione, insegna a confliggere senza fare guerre, insegna a riconoscere un’autorità che sia indipendente dal potere e dal prestigio. Come quella delle maestre e delle mamme di via Rubattino, a Milano, che dopo l’ennesimo sbaraccamento del campo nomadi si sono messe alla ricerca degli alunni rom per riportarli uno per uno in classe a imparare a leggere e a scrivere, quando la vecchia giunta ordinava gli sgomberi in funzione pubblicitaria. E’ un esempio semplice, ma quando si decide di fare la cosa giusta, la strada più efficace è quella diretta”.
Rimane il problema di distinguere quello che “Dio è violent” chiama “l’uso di tutta la forza necessaria” dall’azione violenta: “Ho scritto chiaramente che l’unica violenza giusta è quella divina, ed è un’idea mutuata da Walter Benjamin. Ma ammetto il rischio di travisamento, perché un paese come il nostro ha una storia di violenze politiche che sembra non finiscano mai. Mi sono accorta che spesso si usa il passato che non è mai passato completamente, con tutti i suoi fantasmi, per coprire lo stato di costrizione violenta in cui si procede nella situazione presente, per farci ignorare una politica violentissima a livello globale”. Non l’azione violenta, dunque, ma “l’azione possibile ed efficace” che corra il rischio, sempre presente, di uno sconfinamento della forza in violenza. Perché “chi non usa la sua forza quando gli sarebbe utile e necessario, sembra stupido, ma chi vi ha rinunciato a priori, lo diventa realmente”.
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