Jeb Bush vuole la Casa Bianca. Nel 2016
In molti, tra i repubblicani più nostalgici, hanno sperato fino alla fine di vederlo scendere in campo per unificare un partito dilaniato da scontri interni e sempre più ostaggio dei movimenti e delle ali estreme. Jeb Bush, però, non ha ceduto. Non correrà neppure per la vicepresidenza, seppure abbia concesso (prima di molti altri big del Grand Old Party) il suo endorsement a Mitt Romney.
In molti, tra i repubblicani più nostalgici, hanno sperato fino alla fine di vederlo scendere in campo per unificare un partito dilaniato da scontri interni e sempre più ostaggio dei movimenti e delle ali estreme. Jeb Bush, però, non ha ceduto. Non correrà neppure per la vicepresidenza, seppure abbia concesso (prima di molti altri big del Grand Old Party) il suo endorsement a Mitt Romney. L’ex governatore della Florida si tiene in disparte e lascia campo aperto ai vari Portman, Rubio e Pawlenty per la conquista di un posto nel ticket repubblicano. Come scrive Jonathan Chait sul New York Magazine, però, Jeb alla Casa Bianca ci pensa eccome. Non ora, ma tra quattro anni, dopo che Barack Obama avrà esaurito il suo secondo mandato. Bush è infatti convinto che (nonostante i dati sulla disoccupazione e la crisi economica) Romney non ce la farà e che nel 2016 ci saranno grandi spazi di manovra per vincere la battaglia per la presidenza. Si immagina come l’uomo (probabilmente l’unico) in grado di raccogliere i cocci di un partito lacerato, unificandolo e preparandolo per il ritorno a Pennsylvania Avenue.
La sua ricetta è semplice: abbassare i toni, emarginare i rumorosi sostenitori del Tea Party (con le dovute eccezioni), riscoprire toni moderati. “Non si può affrontare la questione ispanica parlando subito di controlli ferrei alle frontiere”, ha detto lunedì in un’intervista concessa a Bloomberg criticando le posizioni più estreme della destra americana. Anche sull’immigrazione, Jeb Bush ha le idee chiare: “serve un approccio costruttivo”. Sa, il fratello minore di George W., che se i repubblicani vorranno battere i democratici dovranno corteggiare l’elettorato dei nuovi americani, degli immigrati. Come hanno dimostrato le elezioni del 2008, sempre più decisivi per vincere le elezioni sono gli stati di frontiera e quelli in cui la presenza di comunità latinoamericane e afroamericane è notevole (Colorado, New Mexico, Florida). Sull’economia, Jeb segue John McCain e spinge per trovare un compromesso bipartisan per riformare il sistema finanziario. L’esempio da imitare, ancora una volta, è Ronald Reagan: “Lui e mio padre fecero molte cose assieme agli avversari per il bene del paese. Ora è il momento di tornare a quegli anni”. Un discorso già da campagna elettorale.
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