Deriva modello Algeria
Golpe giudiziario al Cairo, i generali sciolgono il Parlamento
La Tunisia ordina il coprifuoco contro i salafiti, in Libia gang armate si combattono per faide di potere e mettono a nudo l’impotenza di Tripoli, in Egitto è controrivoluzione completa. Ieri al Cairo la Corte costituzionale di un paese che va avanti reggendosi su una bozza ridotta di Costituzione provvisoria, e che non si sa se e quando ne avrà una nuova – perché l’Assemblea per scrivere la nuova Carta fondamentale è già stata sciolta una volta e ora è bloccata – che è retto da un circolo di 40 generali autoritari che avevano promesso di cedere il potere entro settembre 2011, ha sciolto la Camera bassa eletta questo inverno.
La Tunisia ordina il coprifuoco contro i salafiti, in Libia gang armate si combattono per faide di potere e mettono a nudo l’impotenza di Tripoli, in Egitto è controrivoluzione completa. Ieri al Cairo la Corte costituzionale di un paese che va avanti reggendosi su una bozza ridotta di Costituzione provvisoria, e che non si sa se e quando ne avrà una nuova – perché l’Assemblea per scrivere la nuova Carta fondamentale è già stata sciolta una volta e ora è bloccata – che è retto da un circolo di 40 generali autoritari che avevano promesso di cedere il potere entro settembre 2011, ha sciolto la Camera bassa eletta questo inverno. Tutto questo a soltanto tre giorni dall’elezione del nuovo presidente, che quindi salirà al potere senza un Parlamento davanti a cui giurare – lo farà davanti ai generali, dice una fonte militare alla rete al Jazeera – e senza Costituzione. Poteri eccezionali, dice Mohammed ElBaradei, ex candidato triste e perdente alle presidenziali, che “superano quelli dei dittatori”.
In Egitto è in corso un sofisticato e macchinoso colpo di stato per bloccare la transizione verso la democrazia del dopo Mubarak, per conservare il potere nelle mani dei generali e per cacciare indietro l’avanzata dei Fratelli musulmani.
Ieri la Corte (in mano ai filomilitari) che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla possibile eliminazione dalla gara a due per diventare presidente tra il candidato dei generali, Ahmed Shafik – e i Fratelli musulmani attendevano con ansia il pronunciamento, perché con Shafik eliminato dal ballottaggio avrebbe vinto a tavolino il loro candidato, Mohammed Morsi – non soltanto ha stabilito che Shafik può partecipare alle elezioni del 16-17 giugno (smacco numero uno), ma anche che il Parlamento dominato dagli islamisti non esiste più (enorme smacco numero due). Questo dopo che la Commissione elettorale aveva già eliminato il candidato presidente dei Fratelli musulmani, il carismatico e ricchissimo Kaiter el Shater.
Shafik è l’ultimo primo ministro ad avere servito sotto il presidente Hosni Mubarak, prima che fosse cacciato dalle manifestazioni di piazza del gennaio-febbraio 2011 (non senza che 800 manifestanti fossero uccisi nella repressione). Se ora andasse al potere, come molti osservatori prevedono, la rivoluzione sarebbe annullata, senza effetti sulla consegna dei poteri, come se il presidente avesse avuto un problema di salute. Shafik è un ex generale dell’Aeronautica come Mubarak. “Ricordate quando in Egitto c’era il regime di un ex generale dell’Aeronautica?”, commentano con ironia amara al Cairo.
Mercoledì il ministro della Giustizia ha emanato un decreto che autorizza l’intelligence militare e la polizia militare ad arrestare civili, una prerogativa che prima apparteneva soltanto alla polizia. Le fattispecie di reato contro cui i militari d’ora in poi possono agire sembrano modellate sulla necessità di soffocare una rivolta di piazza: “Resistenza agli ordini delle autorità”, “assalto alle autorità”, “distruzione di proprietà pubbliche”, “ostruzione del traffico”, “scioperi in istituzioni che servono il pubblico interesse o attacchi al diritto di lavorare”, “intimidazioni”. Il decreto, scritto questo mese, ricalca la Legge militare 25 del 1966: segno ulteriore, se mai ce ne fosse bisogno, della prepotenza del riflusso. Resterà in vigore fino a quando non ci sarà una nuova Costituzione (ovvero, a data da destinarsi). L’intorcigliamento leguleio di questi mesi ha lo stesso effetto di un putsch con i carri armati.
I sondaggi segreti
Come si è arrivati allo scioglimento? Un sondaggio segreto in mano alla Casa Bianca dava il candidato dei Fratelli musulmani, secondo indiscrezioni, sopra il sessanta per cento. C’era il rischio concreto che un presidente islamista si fondesse con il Parlamento islamista e rimuovesse i generali dal vertice. Negli ultimi tempi i segni di un incontrollato appetito per il potere del blocco musulmano si erano accumulati. Prima la Fratellanza ha tradito la promessa di non schierare un proprio candidato alle presidenziali e si è gettata nella gara con tutta la propria influenza e la propria efficientissima macchina organizzativa. Poi, assieme ai salafiti, ha di fatto occupato l’Assemblea costituente, obbligando le altre componenti, quella liberale e quella copta cristiana, ad abbandonare i lavori in segno di protesta. I Fratelli musulmani hanno reagito dicendo “non ci aspettavamo uno scenario simile”, ma è chiaro che non sanno come incassare il colpo, e si sono riuniti in una confusa assemblea permanente. Il rischio latente è quello dell’Algeria del gennaio 1992, quando i generali annullarono le elezioni e seguì la violenza.
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