Ma che ci faccio io qui?
In piazza Santo Stefano, a Bologna. Il 14 giugno, il giorno che comincia il festival di Repubblica la Repubblica delle idee, la prima cosa che vede uno che arriva è un chiosco che vende delle magliette con delle vignette di Altan stampate sopra, costano 20 euro, dei cappellini con il logo del festival la Repubblica delle idee, costano 10 euro, dei portachiavi con il logo del festival (5 euro), delle spillette (1 euro), delle matite (2 euro), dei bloc notes (5 euro). Delle tazze (non c’è mica il prezzo).
Bologna, dal nostro inviato. In piazza Santo Stefano, a Bologna. Il 14 giugno, il giorno che comincia il festival di Repubblica la Repubblica delle idee, la prima cosa che vede uno che arriva è un chiosco che vende delle magliette con delle vignette di Altan stampate sopra, costano 20 euro, dei cappellini con il logo del festival la Repubblica delle idee, costano 10 euro, dei portachiavi con il logo del festival (5 euro), delle spillette (1 euro), delle matite (2 euro), dei bloc notes (5 euro). Delle tazze (non c’è mica il prezzo).
La prima cosa che sente è la voce di Riccardo Luna che dice che per questo festival c’è della gente che è lì da oggi pomeriggio, come per i concerti di Madonna, dice, in particolare c’è una signora che è venuta per Ezio Mauro. E le allunga il microfono, lì, sotto il palco, a questa signora, e lei dice che lei, quest’anno, ha compiuto cinquant’anni e ha deciso che è innamorata di Ezio Mauro. Viene da Pavia.
E poi sale sul palco Ezio Mauro, che dà la mano alla signora, non sembra per niente imbarazzato, e dice che questo è un festival che loro volevano fare da tempo, ma prima c’era un governo che era meglio non fare dei festival, e adesso invece finalmente i lettori del quotidiano la Repubblica potranno incontrare i loro giornalisti preferiti, che ciascuno ha il proprio giornalista preferito. Per esempio il mio parrucchiere, dice Ezio Mauro, è un fanatico di Merlo, mi chiede sempre Come sta Merlo? e io a Merlo gli dico sempre Vieni dal mio parrucchiere, e Merlo non viene mai, dice Ezio Mauro, e io penso che eran degli anni, che non sentivo pronunciare la parola parrucchiere, o parrucchiera, e che io sono abituato a dire Barbiere o Pettinatrice, e pettinatrice mi piace moltissimo, non so perché.
Dopo c’è Riccardo Luna che dice a Ezio Mauro Ti faccio una domanda però non licenziarmi, che è una cosa che bisognerebbe forse ridere non ride nessuno. E la domanda poi, l’ho sentita, ma non me la ricordo. Dopo c’è una telefonata con Benigni che dice Perché non mi avete invitato? Telefono da Milano dalla festa del Corriere della Sera. Vi abbraccio, vi abbraccio tutti. Cosa facciamo, andiamo o stiamo? Non si capisce tanto, però la telefonata è proprio un po’ così, e le gente applaude e sono gli applausi più forti di tutta la serata.
Dopo va su Baricco, si siede su una cattedra che c’è sopra il palco e dice che la Repubblica è il suo giornale, e è un giornale che lui l’ha comprato fin da subito, perché lui è di sinistra, e lo comprava anche quando non c’era lo sport, e comprava sia la Republica che Tuttosport, e io penso che la Repubblica, a me, ma sarò io, mi sembra tutto tranne che un giornale di sinistra, e Ezio Mauro, a me, ma sarò io, mi sembra tutto tranne che il direttore di un giornale di sinistra, e Baricco, ma sarò io, mi sembra tutto tranne che uno di sinistra.
Poi Baricco dopo comincia a parlare dei barbari e fa vedere un video di una partita Olanda Uruguay e ogni tanto ride. Gli olandesi sono quelli arancioni, dice. E forse ci sarebbe da ridere ma ride solo Baricco. E dopo forse mi sfuggono delle cose perché lui, Baricco, parla di quel libro lì che ha scritto lui, I barbari, come se l’avessero letto tutti, quelli che son nella piazza, invece io per esempio non l’ho mica letto. E dopo dice che nelle classifiche dei libri ci vanno a finire dei libri, insomma, ci siamo capiti, ma questo succede perché chi legge non sono mica tanto abituati, a leggere, perché vengono da delle famiglie che prima c’erano state 75 generazioni di gente che non leggeva, cioè perché abbiamo esteso questo diritto di leggere a tutti, allora per forza gli piacciono dei libri, insoma, ci siamo capiti, dice Baricco.
E io penso No, a me proprio non mi sembra mica uno di sinistra.
E mi viene in mente un signore che lui sì, era di sinistra, e si chiamava Gaspare e era mio nonno e faceva il muratore ed era un autodidatta e non faceva altro che leggere, e Guerra e pace io l’ho letto su un libro che era di mio nonno, e Delitto e castigo io l’ho letto su un libro che era di mio nonno, e Il grande Gatsby io l’ho letto su un libro che era di mio nonno, e tutti i primi libri che ho letto quando ho cominciato eran tutti libri che eran di mio nonno e non capisco in che senso varrebbero meno di quelli che ha letto Baricco.
E mi viene in mente che all’inizio dell’Ottocento, in Russia, quando leggevano in pochi, quando chi leggeva era un’élite dell’élite, i libri più letti erano i romanzi di Faddej Bulgarin, che eran dei polpettoni che cominciavano tutti con un orfano lasciato sugli scalini di una chiesa e oggi Bulgarin non lo legge nessuno e tutti leggono e sanno a memoria l’Evgenij Onegin, il meraviglioso romanzo in versi di Pushkin che allora, a legger le critiche, sembra non fosse piaciuto a nessuno. Allora non so Baricco cosa sta dicendo. Ogni tanto fa delle battute che ride lui e basta. Lui ride, e la piazza non ride. Ogni tanto inquadrano la prima fila, lo sguardo vitreo di Ezio Mauro.
Non so di preciso cosa stia dicendo. Va avanti anche un bel po’. Dopo alla fine fa sentire della musica. Non si sente tanto bene. La cosa che fa ridere, un po’, è la faccia di Baricco intanto che suona la musica. Una faccia ispirata, che un po’ fa ridere, un po’ ti vien da pensare Ma poverino. E niente, dopo finisce tutto in un modo che io mi dico Ma cosa son venuto a fare?
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