Perché i politici si ritrovano a fare i conti con le mani che un po' prudono

Stefano Di Michele

Un po’ le mani prudono. Gli animi sono eccitati, incerte le previsioni, inaffidabili le rassicurazioni – perciò le mani prudono. Si sente nell’aria. Si avverte nei discorsi. S’intuisce negli sguardi della gente. Ah, potessi… E ogni tanto, e sempre più spesso, si può: in Parlamento, sui campi di calcio, nelle piazze, l’altra sera in Campidoglio – dove nell’Aula capitolina trasformata in ring i consiglieri (si discuteva della privatizzazione dell’Acea voluta da Alemanno) hanno messo in scena urla e spintoni e botte.

    Un po’ le mani prudono. Gli animi sono eccitati, incerte le previsioni, inaffidabili le rassicurazioni – perciò le mani prudono. Si sente nell’aria. Si avverte nei discorsi. S’intuisce negli sguardi della gente. Ah, potessi… E ogni tanto, e sempre più spesso, si può: in Parlamento, sui campi di calcio, nelle piazze, l’altra sera in Campidoglio – dove nell’Aula capitolina trasformata in ring i consiglieri (si discuteva della privatizzazione dell’Acea voluta da Alemanno) hanno messo in scena urla e spintoni e botte. Una rissa da saloon da western all’italiana. Alla fine, alcuni contusi, parecchi scarmigliati e un ferito: il capogruppo del Pd. Perciò le mani prudono. E sempre più, è la facile previsione, pruderanno nei mesi a venire. E certe scene – che con finta disapprovazione e divertita curiosità si ammiravano su YouTube – provenienti dai parlamenti ucraini e turchi, boliviani e coreani, potrebbero diventarci un po’ più familiari.

    Le mani prudono – in tutto il mondo, e così ormai quasi lungo tutta la penisola. Tra gli ultras degli stadi, prudono – ma lì da decenni prudono. In piazza, dove gli scontri con le forze dell’ordine all’ordine del giorno sembrano. E non solo nella grande manifestazione nazionale, nella grande città, ma persino ad Albano Laziale, per dire, o a Catanzaro. E mica solo per manifestare indignazione per come vanno le cose nel mondo, o per provare a bloccare la discarica dietro casa. Le mani prudono pure quando arrivano “Le Iene” per una beffarda intervista (che forse questo tipo di trasmissione in qualche repentina pedata trova momento di gloria, altrimenti non si capisce perché un deputato – fosse un coglione, fosse un genio: ma è più probabile la prima ipotesi – qualunque cosa dica, si deve sentir rispondere in coro: “E’ una grandissima cazzataaaaaaa…”), e Luca Barbareschi passa alle vie di fatto (nella versione targata “Le Iene”), o viene aggredito (nella versione sua). Di sicuro è che le mani prudono. E che dunque il tema posto dalla filosofa Luisa Muraro con il pamphlet “Dio è violent” ha incrociato una sensazione che percorre i nostri giorni – e che largamente bypassa lo scivolare della politica nazionale non tanto dalla protesta alla proposta, come ognun giura di fare, quanto piuttosto dalla protesta al “vaffanculo” programmatico, codificato. Prudono le mani: per sollecitazioni mediatiche (la genìa dei “castatori”, che sulle spalle di campagne pure fondate salgono e si esibiscono come contorno allo spettacolo principale), per istinto naturale (teppismo di piazza, teppismo di stadio, teppismo di noia) – e forse, si torna al piccolo saggio della Muraro, per un sorta di disperazione, che da quieta che era comincia ora ad ardere: perché quella disperazione, prima di esplodere, era ignorata.

    Questo a ognuno la (in)civiltà dei media ha insegnato: come si conquista il proprio quarto d’ora di celebrità e attenzione a se stessi e alla propria causa. Stavano certi ferrovieri a protestare in cima a una torre, ma poi, quando va in ferie Santoro, per dire, chi si collega con loro? Stavano, certi operai, rinchiusi all’Asinara a far disperata parodia con l’Isola dei disoccupati, ma a parte ogni tanto il tiggìtre, chi metteva orecchio? Rischiosi i tagli lineari alla disperazione: non si rimuove, si ingigantisce. E le mani che prudevano possono dissennatamente passare all’azione. Con scelte pericolose, illogiche, terribili. Come l’uomo armato negli uffici dell’Agenzia delle entrate. O l’ondata dei suicidi, che per settimane ha occupato le prime pagine dei giornali – a riprova dell’effetto (travolgente e stravolgente) di giornali e televisioni: i suicidi continuano, ma adesso si trovano a fondo pagina, in fondo al giornale, dieci righe al massimo. Una sorta di taglio lineare pure questo. Bisogna tener conto della mani che prudono – chissà pure a quanti esodati, facile capire. Il galateo è inutile, meglio qualche soluzione politica.