Gli spiriti animali del Cav.

Stefano Di Michele

Gli spiriti animali del Cav. (al momento apparentemente chetato, per stare al tema e al tema stesso sfuggire, lo svolazzare chiassoso di colorate cocorite tra Arcore e il Plebiscito) hanno reazioni singolari e altalenanti: o si appisolano per intere stagioni, una letargia da ghiro, da talpa in inverno; o ruggiscono come tigri del Bengala montoni azzardatamente provocati.

    “Siamo tutti politici (e animali): / premesso questo, posso dirti che / odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo / esemplificativo e ragionato)…” (Edoardo Sanguineti)

    Gli spiriti animali del Cav. (al momento apparentemente chetato, per stare al tema e al tema stesso sfuggire, lo svolazzare chiassoso di colorate cocorite tra Arcore e il Plebiscito) hanno reazioni singolari e altalenanti: o si appisolano per intere stagioni, una letargia da ghiro, da talpa in inverno; o ruggiscono come tigri del Bengala, montoni azzardatamente provocati. Avendo finora politicamente attruppato di tutto e bordeggiato di più – dall'amaro calice iniziale al palo della lap dance finale – col risultato di ritrovarsi un partito persino meno utile degli zuavi pontifici, il Cav. potrebbe veramente fare il colpo da matto, dare il via libera alla lista animalista – tipo: “Il Re Silvio”, come “Il Re Leone”. E non tanto con la ragionata rassegnazione che alcuni gli attribuiscono (insomma: bestie per bestie), quanto per radicata convinzione, ennesimo scintillìo, teatrale messa in scena: a predellino esausto, a rivoluzione liberale fottuta, a zio Mubarak morente. Non sono questi giorni da comprare un altro Ibra per “le iene degli stadi e quelle dei giornali” – gettarsi, conviene, a condividere la sorte col criceto, per tentare almeno politicamente di non avere, come sorte, la fine del sorcio.

    E' stato un lampo, un'illuminazione, un'Unzione extra prima di quella dell'abbronzante: una lista animalista, la meglio pensata tra le multietniche che affollano la berlusconiana riflessione – i giovani, i più fasci, i bertolasoniani, così che pure Maurizio Gasparri si è già mosso in avanti facendo notare la sua personale moltiplicità: “Io sono di destra, ho un cane e ho più di 45 anni”, e non c'è dubbio che l'ingarbugliata matassa si potrebbe sciogliere candidando direttamente la simpatica bestia di casa, e amen. Da affidare, tale lista, va da sé, all'onorevole Michela Vittoria Brambilla, di rosso tricologico e di fuoco animalista, meravigliosamente pazza (di saggia e bella pazzia, s'intende: una volta, anni fa, cercò di sistemare anche presso il cronista una capretta sperduta che aveva recuperato e salvato) e ripetutamente tignosa sul tema, così che infinito godimento provocano, a rileggerli, gli attacchi che le rivolgono i cacciatori del pi-di-elle (lo schioppo moderato: pallettini e non pallettoni), pellicciai col supporto di Giovanardi (a ragionare con gli scuoiatori, il visone rischia di fare la figura di sant'Anselmo d'Aosta), vivisezionisti malamente accompagnati – e lei niente, manco una piega. “Berlusconi le dica di stare zitta!”, tuonavano certi dall'Europarlamento. Il Cav. non diceva niente, e la Michela Vittoria (ri)diceva da capo.

    Si capisce: di battaglia meritoria si tratta, di lotta con cuore e con logica, di benemerito tafferuglio, di luminosa e socialmente spendibile intenzione – molto meglio rissare in piazza per tirare i beagle fuori dalle gabbie che battersi in Aula per tenere certi malcreati fuori dalle celle. Non che fino a questo momento il Cav. avesse dato grandi segnali di vocazione animalista – a parte, in qualche rarefatta biografia, l'apparire sullo sfondo di un'insospettabile gatta persiana, che allo scopo e alla bisogna potrebbe nel  frangente rivestire la stessa pratica funzione che nei giorni felici dell'ascesa ebbero le zie suore: quelle per lui pregavano, questa per lui probabilmente fa le fusa. E dunque, vedrete e ascolterete: “La mia gatta, indipendente come ogni vero liberale...” – che manco quella di Gino Paoli, e dunque si pongano subito, i berlusconiani più avvertiti, in fila per sei col resto di due (i soliti Stracquadanio e Cicchitto). Nel tentativo di fare il padre nobile di quel che resta del pi-di-elle – e di quel che dalle rovine pi-di-elline verrà fuori, il Cav. si prepara a quest'ennesima mossa a sorpresa, a scatto volpino: ché appunto trasversale è la passione animalista, cani e gatti e bestie varie occupano i meglio salotti reazionari e i meglio divani progressisti, smuovono sentimenti che la passione politica non è più in grado di far sussultare, fanno attruppamento nei parchi pubblici e sui marciapiedi, là dove il dibattito causa lacerazione: il bassotto, per dire, unifica certo più del semipresidenzialismo. E' la matta idea del Cav., capace quando serve di andare a far proseliti pure tra i punkabbestia, come Francesco tra gli uccelli, di condurre branchi di suoi disutili spiaggiati in Parlamento a visitare canili e colonie feline – e la Gelmini e la Carfagna, mutate al calar della sera in operose gattare, avrebbero giusto riconoscimento e generalizzati applausi. Va da sé che il Cav., a scomputo dell'iniziale e ormai ventennale Unzione, vorrebbe nell'occasione rapportarsi ad animali di più elevato livello, che se non possono spartire con lui la storia, almeno vantare un fumetto o un telefilm: un cavallo (ma di Troia), Rin Tin Tin, Lassie, Gatto Silvestro, Yoghi, almeno il delfino Flipper. Si adattino, nel nuovo clima, le antiche canterine di “meno male che Silvio c'è!” ad intonare al suo passaggio il baglionesco “passerotto non andare viaaa...” – sentimentale e solenne e animalista.

    Però, una lista animalista è faccenda seria, non da prendere alla leggera, mica robetta da microdemocristianitudine o di scilipotiana afflizione. Il Cav. – che si è sempre identificato con Peggy e Pongo, ingiustamente perseguitati da un pm con le fattezze di Crudelia De Mon – ha teso l'orecchio (quasi a simpatica proporzione giardiana) ai rumori dei giorni, e nel cercare il filo che potesse servire da guida per uscire dal suo labirinto ha captato questa tendenza di fondo, unitaria, in qualche modo felicemente napolitaniana – coda, e coda non è parola detta a caso, ideale del tormentoso centocinquantenario appena, con unanime sollievo, concluso. Non è solo per fatto estetico – della bellezza abbiamo un'idea, diceva Canetti, perché abbiamo visto gli animali: più che per gli accasermamenti all'Olgettina – e nulla ha da spartire con la battuta (certo inveritiera, di rapido smentimento) attribuita al Cav. secondo la quale Alfano “è brutto” (gran figo non è, piacente nel genere, casomai, e il magnifico cavallo dell'ultimo film di Spielberg non fatica certo nel rivaleggiare), piuttosto con  approfondimenti svolti nelle ultime settimane. A cominciare dalla visione dei Dvd di Beppe Grillo (come grillo, cri-cri-cri...), che ha definito i conduttori televisivi “animali addomesticati (pappagalli?)” – a metafora, ad ammonimento, a punto di riferimento: altri animali, ancora animali ovunque il capino il Cav. giri, come quel Passera, seppure con quel nome ornitologicamente ambiguo... E la stessa transumanza dell'intero contado di Repubblica in quel di Bologna, non avviene forse (a ben scrutare l'apposita sezione gadget nell'apposito sito) nel segno di Altan, geniale inventore della cagnetta Pimpa – quella a pallini colorati, eroina infantile di tanti ora in età di voto?  Corrono giorni bui, che poco di buono promettono al ceto politico tutto. E la più profonda lezione di strategia politica il Cav. mica la può apprendere da Panebianco o da Sallusti, capirai, piuttosto da Trilussa, che in una poesia, “Er somaro e er leone”, fece perfetta analisi politologica, tra il primo che raccontava al secondo di quando suo nonno, per farsi rispettare, si doveva travestire proprio con una pelle di un leone, e l'altro – quando cala il rispetto pure per il re della foresta questo accade: e qui oggi siamo – che saggiamente replicava: “So' cambiati li tempi, amico caro: / – fece er leone –  ormai la pelle mia / nun serve più nemmeno da riparo. / Oggi, purtroppo, ho perso l'infruenza, / e ogni tanto so' io che pe' prudenza / me copro co' la pelle de somaro!” – meglio di Machiavelli, per non dire di Quagliariello. E sotto la pelle del somaro (politicamente e con rispetto parlando: tanto del quadrupede quanto del bipide moderato) che il Cav. con astuzia ora s'intrufola.

    E allora farebbero bene a darsi subito una regolata, dunque, i pi-di-elle ancora non rettamente indirizzati. Come quelli che propongono emendamenti per far pagare una tassa sui cani e i gatti di casa, e rimediare così generalizzata e giustificata pernacchia politico-mediatica. O quel Maurizio Lupi, maratoneta di suo e maratoneta nelle trasmissioni televisive, di bello e folto pelo tricologico, da micio persiano, si potrebbe pensare, che una sera a “Ballarò” si mise perigliosamente a dir la sua su crisi e animali, “un cane costa fino a 350 euro al mese, anziché portare il cane dal veterinario è meglio portare il proprio figlio all'asilo nido” – senti un po' che razza di ragionamenti: ma lo Spirito Santo li ha proprio persi del tutto di vista, questi di cielle?
    Con gran discrezione, gli strateghi di Arcore si sono già messi al lavoro. Innanzi tutto, come una volta venivano razzolate le foto presidenziali dove un'incomprensibile ruga (causa certo un graffio sull'obiettivo) si appalesava o l'altezza non adeguatamente risaltava, adesso è il momento di far sparire tutte quelle immagini con Putin, mica per Putin, piuttosto per il grottesco colbaccone sulla capoccia del Cav. che deve essere costato uno sterminio di povere bestie. Rintracciare ogni foto della gatta di casa (evitare diminutivo gattina, causa possibili equivoci): si faccia, il diretto interessato, fotografare con la stessa sulle gambe nel parco di Villa Certosa, anziché con qualche rimasuglio di qualche “Grande Fratello”. Lontani dagli occhi e dalle mani schioppi fucili pistole e fionde – dovesse mai, un leader liberale-animalista che vuol (ri)discendere in campo, fare la coglionissima figura del re di Spagna sceso in savana. Che l'evocata Forza Gnocca persista, tanto di sradicarla non c'è speranza – ma ben coperta stia, e mai con pelliccia coperta. Citi, il Cav., alla prima occasione il gatto di Montaigne. Si mostri edotto sul bulldog di Churchill, a nome Barley Mow – simbolo di resistenza al nazismo (il cane, oltre il padrone), e passare così, casomai dovesse rivedere la permalosa Merkel, dal “cucù” al “bau-bau”. Costringa poi in massa lo sghangherato pi-di-elle, invece di stare a frignare tutti i giorni sui pianerottoli di Palazzo Grazioli, a molteplici ripetute visioni del film “La marcia dei pinguini” – a far entrare in zucche solitamente estenuate la mirabile visione di come insieme si marcia, di come insieme si affronta la traversata (del deserto che fu, dei ghiacciai che verrà), altro che “e siamo tantissimi / e abbiamo tutti / un fuoco dentro il cuoreeeee”, un lumino piuttosto – senza trascurare una felice identificazione del Cav. con lo stesso Pinguino Imperatore, avendo lo stesso nome così beneaugurante.

    Citi ai presenti, dopo Churchill, Truman: “In politica se vuoi un amico comprati un cane”, si intrattenga con D'Alema parlando di Lulù, la sua amata labrador – “Lulù è un flusso d'amore indipendentemente da come ci si comporta con lei”, ebbe a dire il Feroce Saladino di Botteghe Oscure, chieda a Veltroni dei gatti di casa. E visto che vorrebbe arruolare Feltri come vicepremier – il quale non del tutto a torto intrattiene più cordiali rapporti con i quadrupedi animali che con i bipedi umani – gli dica di fottersene dei comunisti e di parlare di cavalli e gatti, “i miei tesori”. Si faccia – che comunque un po' di tutto si è fatto: beninteso, nel senso di laico e cattolico dichiarante e democristiano mormorante – pure un po' garibaldino, rievocando la costituzione, da parte del Peppino nazionale, della benemerita “Regia società torinese protettrice degli animali”. E infine, spenda pubbliche lodi per il nuovo telegiornale di Clemente Mimun, “Tg Bau&Miao”, che ha recentemente debuttato sulle reti Mediaset – tutte bestie, per un notiziario  meno bestiale del solito. Nel caso, conceda le interviste più importanti proprio a “Tg Bau&Miao”, tra Pluto e Silvestro: vedrà che successo, piuttosto che andare a prender pennica a “Porta a porta” da Vespa:  zzz... zzz... zzz..., ancora nomi di animali...

    Ma una cosa c'è da dire – e la Brambilla al Cav. potrà benissimo spiegarla, e soprattutto da fare: non si può essere forgiatori di una lista animalista e poi continuare a menarla con la faccenda scassapalle dei moderati, che fa venire il sonno pure a un vigile leprotto inseguito da qualche stronzo con lo schioppo. Ci vuole un po' di sano radicalismo, un po' di bella rabbia (cribbio! cribbio!), un po' di scanzonata azione. Per dire, dovrebbe andare oggi, caro Cav., in piazza a manifestare contro Green Hill (l'allevamento dei piccoli beagle poi usati per la sperimentazione scientifica), e contro la vivisezione: una gran bella battaglia per cominciare. Anzi, vada direttamente davanti alla Green Hill, da parlamentare, da leader, portandosi dietro Apicella che potrebbe accompagnare la manifestazione con la colonna sonora di “Lilli e il vagabondo”. Se nel parapiglia prende una manganellata da un celerino, allora potrà cominciare a mangiare in testa ai sondaggi di Grillo. Se poi qualche beagle riuscisse a fuggire, lo afferri al volo e lo porti in salvo, fin dentro la cinta di Arcore: vedrà, ci sono reati che possono essere davvero onorevoli. Ci sarebbero molte cose da fare, caro Cav. Per esempio, faccia mostrare in giro quell'agghiacciante, terrificante documento girato da “Striscia la notizia”: le immagini di quelle mucche buttate a terra, che non si reggono più in piedi dopo uno sfruttamento intensivo per la produzione di latte. Vengono trascinate con corde, sanguinanti, spinte sui camion con i trattori per essere condotte al macello. Le gambe rotte, la pelle lacerata, lo spavento nello sguardo. Abbiamo bevuto il loro latte, siamo sopravvissuti forse grazie al loro latte – le oltraggiamo nel momento della morte: con remunerato sadismo. Dica: cribbio, questo mai più!, cazzo, non lo permetteremo!, fate i conti con me!, provi, da leader politico, vergogna (non personale, ma politica), davanti a una simile infamia, a uno spettacolo di raccapricciante tortura – sconcezza vera, altro che le pupette che vanno col tacchetto basso a far balletto in maschera per il capo. Vada davanti al macello, chiami la polizia come  quelli di “Striscia la notizia” (non serve neanche mettere di mezzo Mubarak), blocchi i camion: qui non passate! Mostri una rabbia che per una volta non somigli troppo all'interesse padronale. Evochi Elias Canetti, anziché il solito rattrappito Einaudi: “Mi addolora che non si arriverà mai a un'insurrezione degli animali contro di noi, degli animali pazienti, delle vacche, delle pecore, di tutto il bestiame che è nelle nostre mani e non ci può sfuggire”.

    Lo può fare. Se non per convinzione – ma se vedrà quelle immagini per convinzione lo farà – lo faccia per convenienza. Si faccia un po' “eversivo” per buone cause, avendolo a volte fatto, dicono, per cause forse non del tutto eccelse. Dica che il pallone va bene, ma che la strage dei randagi in Ucraina è una schifezza. Mostri un po' di capacità di stupire ancora – e per altro. Magari sorprendere gli animalisti di Peta, che nella campagna a favore della sterilizzazione hanno usato la sua faccia con lo slogan “Too Much Sex Can Be a Bad Thing” –  anche ai cani e ai gatti. Potrebbe chiamare la sua lista “Passolungo” (sente che nome bellissimo? Era quello di un cavallo, di cui Tolstoj racconta la straziante morte per mano dell'uomo: lo legga, non lo dimenticherà più). Prenda come impegno quello di una dichiarazione dei diritti degli animali, come invoca Marguerite Yourcenar. Forse è inutile, le dicevano, potrebbe servire? “Io credo di sì – la risposta – Credo che convenga sempre promulgare o riaffermare le vere leggi, che non per questo saranno meno infrante, ma lasciando qua e là ai trasgressori il sentimento di aver agito male (…) Nell'umile misura del possibile, cambiamo (ovvero miglioriamo se è possibile) la vita”. E' così bella, non la consegni a un avvocato. La tenga per sé.