Un minuto di silenzio per la misteriosa grandezza del calcio
Un minuto di silenzio, per favore: si contempli la misteriosa grandezza del calcio, la sua intima natura religiosa . Perché accadono eventi che sfuggono alla ragione, alla previsione razionale, sovvertono ogni pronostico, ci lasciano lì a dire ma come è stato possibile. Sono per l’appunto miracoli. E sono possibili solo nel calcio. Georgios Karagounis ha 35 anni, polmoni e gambe da greco, piedi ruvidi. E’ in forza al Panathinaikos, un tempo passò anche dalle parti dell’Inter e chi non c’è passato.
Gruppo A
Grecia - Russia 1-0. Reti: Karagounis (G) 47’ pt
Arbitro: Eriksson (Svezia)
Repubblica Ceca - Polonia 1-0. Reti: Jiracek (RC) 27' st
Arbitro: Thomson (Scozia)
Un minuto di silenzio, per favore: si contempli la misteriosa grandezza del calcio, la sua intima natura religiosa . Perché accadono eventi che sfuggono alla ragione, alla previsione razionale, sovvertono ogni pronostico, ci lasciano lì a dire ma come è stato possibile. Sono per l’appunto miracoli. E sono possibili solo nel ca lcio.
Georgios Karagounis ha 35 anni, polmoni e gambe da greco, piedi ruvidi. E’ in forza al Panathinaikos, un tempo passò anche dalle parti dell’Inter e chi non c’è passato. Ha carattere, è uno di quelli che nascono capitano e con le buone o con le cattive lo diventano. Per quarantacinque minuti non si vede né si sente: poi in pieno recupero, un difensore russo fa un disimpegno alla viva il parroco, lui becca la palla e di destro buca il portiere. Un tiro, un gol: l’armata di Mosca e San Pietroburgo di tiri ne ha fatti dieci, quindici, sfiorato pali e traverse, mangiato e bevuto allegramente. La Grecia doveva vincere a tutti i costi per passare il turno. Alla Russia sarebbe bastato un pareggio, addirittura avrebbe anche potuto perdere a condizione che l’altro incontro del gruppo, Polonia e Repubblica Ceca, finisse in parità.
E in parità lo è stata per oltre un’ora. Poi Tomas Hubschman, una delle dighe del centrocampo ceco, vince un contrasto e parte. Serve la palla a “moto perpetuo” Jiracek che sta arrivando da dietro, il barbuto che ha fiato ma pure buoni piedi, fa una veronica e si apre il pertugio per infilare il portiere polacco. Sull’altro campo, è allarme rosso. La Russia si butta disperatamente in avanti, ma gambe e testa rispondono sempre meno. La Grecia resiste, quando deve contenere e difendere è diga di cemento armato. Sono come in trance. Le rare volte che passano la metà campo son pure pericolosi.
La Polonia non perdeva da otto partite, in casa mai era stata sconfitta dai cechi. La statistica era dunque dalla sua parte. E di fronte al suo pubblico stava giocando “la” partita, quella in cui in palio c’è una fetta di storia e di gloria. Invece, subìto il gol e consapevole di doverne segnare almeno due per andare avanti, molla, va alla deriva, le gambe si fanno più fiacche, la mente si piega.
Non bastano le fiammate degli ultimi minuti: sia la Polonia che la Russia sono fuori dall’Europeo. La Repubblica Ceca aveva perso la gara iniziale con la Russia per 4 a 1 e si presentava d’acchito come il materasso del gruppo: ora è prima in classifica con sei punti. Incontrerà ai quarti la seconda del gruppo B. La Grecia, manesca, scorbutica, è seconda. Incontrerà la prima classificata del gruppo B, diciamo la Germania. Che gli ultimi possano essere primi. E serenamente vendicare l’anima ferita dei popoli del Mediterraneo.
Il Foglio sportivo - in corpore sano