Lo stragista di Tolosa è il grande scandalo della République
Praveen Swami è un superspecialista indiano nel campo del terrorismo pachistano. Questo è quello che Swami ha detto al Foglio: “Fonti del governo indiano piazzate molto in alto mi dicono e insistono: negli ultimi mesi del 2011 ricevettero un avvertimento dai servizi segreti francesi su un attacco imminente all’ambasciata indiana di Parigi. L’avvertimento, dicono le fonti, arrivò grazie alla sorveglianza da parte dei servizi francesi del jihadista Mohammed Merah, addestrato in Pakistan”.
Praveen Swami è un superspecialista indiano nel campo del terrorismo pachistano. Giornalista da due decenni, chiamato in Gran Bretagna e in America per la sua expertise, si è fatto un nome (lo trovate anche su Twitter, ha 16 mila follower) con le sue corrispondenze dalla zona che è l’epicentro di tutto il problema in quel quadrante dell’Asia: la regione contesa del Kashmir. In India il terrorismo pachistano è un problema sentito particolarmente vicino e la questione è affrontata con serietà. Questo è quello che Swami ha detto al Foglio: “Fonti del governo indiano piazzate molto in alto mi dicono e insistono: negli ultimi mesi del 2011 ricevettero un avvertimento dai servizi segreti francesi su un attacco imminente all’ambasciata indiana di Parigi. L’avvertimento, dicono le fonti, arrivò grazie alla sorveglianza da parte dei servizi francesi del jihadista Mohammed Merah, addestrato in Pakistan”. Swami con questo materiale ha scritto un pezzo apparso sul quotidiano indiano The Hindu il 18 maggio.
La rivelazione sbugiarda la versione sostenuta dal governo di Parigi e dai servizi francesi sul caso Merah, il giovane di origine algerina che uccise sette persone in tre attacchi separati, con una piccola telecamera applicata al petto per filmare ogni attentato. Dopo la sua morte, un video jihadista intitolato “Al Qaida attacca la Francia” arrivò alla redazione parigina della rete panaraba al Jazeera, che sostenne che “è stato montato da un professionista” e che su invito dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy lo tenne segreto (il video secretato è stato descritto come particolarmente cruento: Merah tiene ferma per i capelli una bambina ebrea mentre ricarica la pistola e poi le spara). Governo e servizi interni – la Dcri guidata dal direttore Bernard Squarcini – sostengono che Merah fosse uno sbandato “diventato fanatico da solo, guardando video su Internet” e soprattutto sostengono che i servizi non avessero nessun rapporto con lui.
Dice Swami al Foglio: “I servizi francesi avvertirono l’ambasciata che un diplomatico indiano era l’obiettivo di Merah. Per questo le misure di sicurezza furono aumentate, e Merah abbandonò il suo piano”. Quando è successo tutto questo? Secondo altre fonti sentite dal Foglio, a ottobre 2011. Il mese coincide con un periodo importante. Mohammed Merah tornò dal suo ultimo viaggio in Pakistan proprio a metà ottobre 2011. Il Monde ha scritto che questa era la missione assegnatagli al campo di addestramento che frequentò in Waziristan, un’area tribale pachistana fuori dal controllo del governo centrale e usata come base dagli estremisti di al Qaida e dai talebani. Merah doveva tornare in Francia e attaccare “un diplomatico indiano”. L’India, vale la pena notare, è uno dei bersagli preferiti dagli estremisti pachistani. Basta ricordare l’assalto al Parlamento indiano nel 2001, la strage di Mumbai nel 2009, l’attentato suicida all’ambasciata indiana a Kabul lo stesso anno.
La domanda al governo francese e al direttore Squarcini è: se i servizi francesi a ottobre 2011 hanno fermato un attentato all’ambasciata indiana di Parigi da parte di Merah, come mai a marzo 2012, sei mesi dopo, lui era ancora in libertà e non sono riusciti a fermarlo? Come fanno i servizi a sostenere che non sapevano nulla, se non superficialmente, del giovane di origine algerina? Come fa il governo a dire che si trattava di un “lupo solitario”, se era perfettamente al corrente del fatto che era stato addestrato in Pakistan ed era tornato con una missione omicida?
Queste domande si aggiungono al resto delle informazioni che già sono pubbliche. Merah fu fermato in Afghanistan dagli americani nel 2010, messo sulla lista delle persone sospette che non possono salire a bordo di aerei diretti verso gli Stati Uniti (lista stilata dall’Fbi) e rimandato in Francia, senza conseguenze. Fu denunciato perché girava in strada con una spada gridando “sono di al Qaida” e perché costrinse un minorenne a guardare su Internet video di esecuzioni jihadiste. Il fratello di Merah nel 2007 fu coinvolto in una rete che mandava volontari francesi di origine araba a combattere con al Qaida in Iraq. Esiste una video confessione, in mano a due avvocati, in cui Merah dice di aver scoperto che il suo migliore amico e complice nel jihad è in realtà un ufficiale dei servizi segreti francesi e di essere stato “manipolato”. Lo stesso Merah è andato senza problemi in Iraq e in Siria, prima di volare in Pakistan nel 2011, e nel video dice di essere stato inviato dall’infiltrato dei servizi che lui credeva un amico. Esiste infine l’ammissione dello stesso Squarcini sull’esistenza di un “handler” dei servizi, ovvero di un agente che si occupava di gestire Merah.
Se il governo indiano non mente – e perché dovrebbe? – come è possibile che Merah , sorvegliato come attentatore in azione a ottobre, a marzo girasse nel sud della Francia compiendo attentati e avesse in casa un arsenale di fucili d’assalto e fucili a pompa? Fino a che livello superiore del terrorismo i francesi speravano che li conducesse – se non si fosse trasformato in uno stragista fuori controllo? Per ora, a parte un paio di smentite generiche, a Parigi non si muove nulla. E gli stessi giornali francesi, che pure pubblicano articoli pieni di informazioni esplosive, sono riluttanti a trarre le conclusioni.
Il Foglio sportivo - in corpore sano