Che vuol dire una “nuova cultura dei diritti” per il Pd? Avanti con giudizio

Nicoletta Tiliacos

Rendere “trattabili” questioni che diventano terreno di conflitto ogni volta che si vogliano trasformare in materia di regole e leggi: Luigi Manconi, sull’Unità, scrive che il documento “Per una nuova cultura politica dei diritti”, appena consegnato al segretario del Pd dal Comitato diritti presieduto da Rosy Bindi è una buona base di partenza – e di arrivo, perché nasce da un anno e mezzo di discussioni – per vincere quella sfida. L’idea è che sia possibile una sintesi, “principi comuni che dovrebbero animare la cultura politica dei democratici in tema di diritti”.

    Rendere “trattabili” questioni che diventano terreno di conflitto ogni volta che si vogliano trasformare in materia di regole e leggi: Luigi Manconi, sull’Unità, scrive che il documento “Per una nuova cultura politica dei diritti”, appena consegnato al segretario del Pd dal Comitato diritti presieduto da Rosy Bindi è una buona base di partenza – e di arrivo, perché nasce da un anno e mezzo di discussioni – per vincere quella sfida. L’idea è che sia possibile una sintesi, “principi comuni che dovrebbero animare la cultura politica dei democratici in tema di diritti”. La filosofa Claudia Mancina, che ha lavorato al documento, lo giudica “un vero passo avanti. Sul tema delle coppie di fatto, per esempio, facciamo riferimento alla sentenza della Consulta che parla del riconoscimento di un ‘diritto della coppia’, mentre la linea su cui anche i cattolici più aperti del Pd si erano attestati in passato era quella dei diritti degli individui ‘nella’ coppia. Sono personalmente a favore del matrimonio omosessuale, ma so anche che la mediazione accettabile dalla maggioranza del Pd coincide con quella accettabile nel paesei”. La senatrice del Pd Franca Chiaromonte dice che “il passo avanti c’è, ma forse il documento è un po’ convenzionale su aspetti come la violenza e sulle donne (la riflessione che su questi temi sta facendo Luisa Muraro, per esempio, mi sembra più utile e avanzata). Rimane poi da vedere se da quella piattaforma possano davvero nascere proposte concrete”.

    Eugenia Roccella, ex sottosegretario del Welfare nel governo Berlusconi, trova che il documento della Comitato diritti del Pd sia “buono. Propone principi fondamentali condivisibili, anche perché smentisce le dichiarazioni di Bersani sui matrimoni gay. Ma bisognerà aspettare i fatti. Per esempio: con l’impostazione anti eutanasica del documento, la cosiddetta ‘legge Englaro’ ora al Senato, per la libertà di cura ma contro quel tipo di deriva, è perfettamente compatibile e il Pd potrebbe prenderne atto. Trovo ottima la parte del documento che si dichiara contro la brevettabilità del corpo umano, perché si smentisce così l’impostazione che fece approvare dal governo Prodi l’introduzione delle biobanche private (poi abolite dal centrodestra)”. Per Ida Dominijanni, studiosa dei temi della biopolitica, il documento “rivela un buon lavoro di confronto tra tradizioni diverse, ma è certamente molto in ritardo, se si pensa che la promessa di una cultura dei diritti, da parte di quello che è diventato il Pd, risale almeno all’89. Il documento mette molti paletti: alcuni apprezzabili, altri ambivalenti, come quello sull’obiezione di coscienza. La parte sulla violenza sessuale è solo difensiva, mentre non è solo questione di tutelare le donne ma di responsabilizzare gli uomini. In tutto il documento trovo un’impostazione dei diritti come tutela e non come ‘agency’. Sulle coppie omosessuali, si vedono i margini per arrivare a una soluzione legislativa, mentre la definizione di famiglia mi sembra sia ricavata da una lettura ristretta di quello che dice la Costituzione. Neppure una parola, poi, sulla critica dei diritti da sinistra, cioè sul fatto che la cultura dei diritti non equivale a una cultura della libertà. Insomma: è un buon documento in cui, come al solito, la questione della libertà rimane inevasa”.

    Il costituzionalista Alberto Gambino è stato a suo tempo uno degli ispiratori della fallita proposta dei Dico. Del documento del Comitato diritti del Pd pensa “sia complessivamente un notevole progresso rispetto al dibattito che normalmente si sviluppa in casa Pd sui temi eticamente sensibili, con la prevalenza, in genere, del fronte laicista. Questo documento cerca una sintesi, anche se a volte lo fa riportando integralmente i dispositivi della Corte costituzionale, mentre la politica dovrebbe essere qualcosa in più. Trovo molto positivo il richiamo all’integrità della persona e il fatto che non si confonda con la libertà della persona o con l’autodeterminazione. Un passaggio che mi lascia perplesso è quello sulla libertà religiosa assimilata alla libertà di coscienza: la libertà religiosa ha piena dignità nel nostro ordinamento a prescindere dalla libertà di coscienza. A  proposito di famiglia, ci si dimentica che il costituente ha messo in primo piano quella eterosessuale fondata sul matrimonio perché ha finalità procreativa, aspetto che condivide con le coppie di fatto eterosessuali ma non con quelle omosessuali”.
    Il sociologo Guido Vitiello è il più scettico sulla funzione del documento del Comitato diritti del Pd: “La mia formazione radicale non mi fa vedere in che modo i temi lì enunciati possano diventare vere battaglie poltiche. Quanti proclami abbiamo sentito più o meno ufficiali, punti di accordo più o meno instabili, rimasti lettera morta?”. E’ una piattaforma di discussione… “appunto; non credo che possa diventare di più”.