Per una Lira

Sulla nuova bandiera degli urlatori del Pdl c'è scritto “No Euro”

Salvatore Merlo

“Il ritorno alla lira è una seria opzione politica sulla quale il centrodestra deve investire subito. Per salvare l’Italia”. Antonio Martino e Daniela Santanchè, il professore liberale e la pasionaria della destra “con la bava alla bocca”, non potrebbero essere più lontani, diversi l’uno dall’altra, forse persino incompatibili per stile e carattere; dunque certo non vorrebbero, ma dicono entrambi la stessa cosa: torniamo alla lira, senza indugi. “La Santanchè è perniciosa. Se la prenda Grillo”.

    “Il ritorno alla lira è una seria opzione politica sulla quale il centrodestra deve investire subito. Per salvare l’Italia”. Antonio Martino e Daniela Santanchè, il professore liberale e la pasionaria della destra “con la bava alla bocca”, non potrebbero essere più lontani, diversi l’uno dall’altra, forse persino incompatibili per stile e carattere; dunque certo non vorrebbero, ma dicono entrambi la stessa cosa: torniamo alla lira, senza indugi. “La Santanchè è perniciosa. Se la prenda Grillo”, dice lui quando gli si fa notare l’innegabile assonanza di pensiero. E lei, di rimando, risponde tagliente: “Il bello della democrazia è che c’è spazio per tutti, anche per Martino”. Non si amano, non si capiscono, non si parlano, ma sono d’accordo su tutto, persino sulla natura del Pdl di Angelino Alfano, che per Santanchè “non serve più a nulla”, mentre per Martino “non è un partito, ma è un participio passato. ‘Partito’ per destinazione ignota”. Entrambi intercettano e incarnano un umore diffuso, un pensiero movimentista condiviso, ispirato, da Silvio Berlusconi e finora frenato (a stento) solo dai felpati consiglieri di Palazzo Grazioli (Gianni Letta, soprattutto) e dal blocco centrista, Fabrizio Cicchitto, Mariastella Gelmini, ma anche gli ex di An Ignazio La Russa e Gianni Alemanno, che nel Pdl si è legato all’idea del partito-partito, del popolarismo europeo, e che crede insomma, più o meno, nelle mosse di Angelino Alfano.

    “Dovremmo tornare a stamparci noi la moneta”, aveva detto il Cavaliere non troppo tempo fa, prima di essere investito da critiche e da pernacchie a sinistra, lui che adesso su questa ipotesi è invece tornato a indugiare col pensiero, e più volte, soprattutto negli ultimi giorni, nei suoi recentissimi colloqui privati. Venerdì scorso, alla vigilia delle elezioni in Grecia, il nuovo Cavaliere euroscettico pare avesse convinto anche il solitamente moderato Paolo Bonaiuti, che lo ascoltava con preoccupazione in una giornata nera per lo spead e la Borsa: “Se dovesse vincere la sinistra estrema, la Grecia uscirà rapidamente dall’euro e noi dovremmo attrezzarci. Ma anche qualora non accadesse, tornare alla lira non è un’opzione fantasiosa”. Così, pur nella polifonia un po’ disordinata tipica del Pdl in questa fase di declino e di incertezza, le cose si mettono in moto, gli ingranaggi cominciano a girare: a luglio, a Milano, Santanchè organizzerà un seminario accademico e politico dal titolo “Euro No”, parteciperanno economisti di fama internazionale. Uno slogan che Berlusconi è tentato di trasformare in una bandiera ideologica, da campagna elettorale, come gli suggerisce anche Vittorio Feltri (“hanno solo una possibilità di salvarsi, battersi contro l’euro e l’unione europea”). Uno slogan, “Euro no”, che è preso molto sul serio, nel bene e nel male, con simmetrico terrore di alcuni e sincero giubilo di altri, dalla classe dirigente del centrodestra divisa tra l’europeismo inscalfibile di Franco Frattini, l’euroscetticismo accademico di Martino e l’antieuropeismo brusco di Santanchè. “Se l’Europa è la dittatura della Merkel, noi ce ne dobbiamo andare. E subito”, dice lei.

    Per Martino si tratta di “conseguenze logiche”. Il professore vanta un’antica inclinazione euroscettica. “Il primo articolo contro questo sistema di unificare l’Europa l’ho scritto nel 1971 per la rivista Politica Economica”, racconta. “Il direttore nascose il pezzo. Quelli di Confindustria, che la finanziavano e la finanziano ancora, mi dissero compunti: ‘Noi crediamo molto nell’Europa’. Un disastro che sta portando tutto il continente nella più spaventosa fase recessiva della storia”. Martino vuole parlarne con il Cavaliere, accertarsi di cosa in concreto si possa fare. “In una mia corrispondenza con Milton Friedman, lui mi ha detto che la Banca d’Italia non dovrebbe buttare le matrici per stampare la lira”, insomma parlare di un’uscita dall’euro non è una bestemmia. “Io ancora non ho capito bene cosa pensa per davvero Berlusconi, l’ho cercato e non riesco a parlarci. Voglio dirgli che ora ci vuole coraggio. Lo ha scritto sul Wall Street Journal anche un grande economista come Martin Feldstein. Germania e Italia possono tornare alle rispettive valute mantenendo per un certo periodo, in parallelo, l’euro. Fino a esaurimento della moneta europea. Dobbiamo recuperare la politica monetaria. Visto che non lo fa l’Europa, lo facciamo noi con la lira. Ci sono cose possibili e altre improbabili. E’ più facile vedere un cane che agita la coda, che vedere una coda che agita un cane”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.