Altro che Vatileaks. Perché il vero problema del Vaticano sono le suore ribelli
Kunigunde Furst non è l’ultima arrivata. 68 anni, un dottorato in Teologia, è da diciotto anni superiora generale delle religiose francescane di Vöcklabruck, nell’alta Austria, un istituto religioso femminile di diritto pontificio. E’ lei, a pochi giorni dalla remissione del proprio mandato nelle mani di suor Angelika Garstenauer, a uscire allo scoperto contro Roma, contro coloro che ancora oggi considerano le suore come “le domestiche del clero”.
Kunigunde Furst non è l’ultima arrivata. 68 anni, un dottorato in Teologia, è da diciotto anni superiora generale delle religiose francescane di Vöcklabruck, nell’alta Austria, un istituto religioso femminile di diritto pontificio. E’ lei, a pochi giorni dalla remissione del proprio mandato nelle mani di suor Angelika Garstenauer, a uscire allo scoperto contro Roma, contro coloro che ancora oggi considerano le suore come “le domestiche del clero”. E’ lei a dire di aderire idealmente all’“Appello alla disobbedienza” lanciato ormai due anni fa dalla Pfarrer-Initiative, il gruppo di cattolici austriaci che nel paese del primate Christoph Schönborn, cardinale dal sangue nobile nonché allievo del teologo Joseph Ratzinger, scompagina le carte dando non poco fastidio alle gerarchie.
Anche se la parola “disobbedienza” non la aggrada, suor Furst ritiene che vi sia nella chiesa cattolica “una grande insoddisfazione” e che a questa insoddisfazione occorra rispondere. Dice: “Prendiamo la questione del diaconato per le donne: perché non deve essere possibile che delle donne vengano incaricate e ordinate per questo incarico nella chiesa? Perché le si esclude? E’ la paura delle gerarchie, che le donne si avvicinino troppo al presbiterato, o addirittura alla funzione di vescovo”. Le donne devono essere ammesse al presbiterato? “Posso immaginare che sia possibile, anche se non per ogni donna. Le cose cambiano. Le religiose sono sempre state viste come domestiche del clero. Ma noi non ci consideriamo più domestiche del clero, e lo diciamo anche”.
Le suore austriache come le suore statunitensi, dunque, oggi principali portavoce del dissenso verso le gerarchie, ultimamente verso Roma. Un dissenso che preoccupa Roma tanto, e forse di più, dei problemi inerenti Vatileaks, il trafugamento di documenti riservati del Papa. Negli Stati Uniti la battaglia delle religiose aderenti alla Leadership conference of women religious contro i vescovi e Roma è aperta, conclamata. Accusate di aver appoggiato indebitamente la riforma sanitaria di Obama, sono ora sotto il commissariamento dell’arcivescovo J. Peter Sartain che deve fornire “la revisione, l’orientamento e l’approvazione, ove necessario, del loro lavoro”. Tra i suoi compiti anche quelli di aiutare le leader di Lcwr a revisionare gli statuti del gruppo, pianificare i programmi, rivedere i testi liturgici e riconsiderare l’affiliazione ad altre organizzazioni.
Qualche giorno fa alcune di queste suore sono state ricevute alla Dottrina della fede dal cardinale William Joseph Levada ma la loro posizione di dissenso pare sia immutata. I vescovi, e soprattutto i vescovi che lavorano in Vaticano, le tengono d’occhio. Prelati e porporati si rifanno alle parole del Papa il quale, sulle richieste di riforma, ha sempre rimandato ai princìpi di sempre. Ma le suore reagiscono dicendo che le critiche dei vescovi sono “di poco conto”. Sostiene suor Furst: “Già da san Francesco d’Assisi sappiamo che le cose devono essere affrontate e discusse. Già allora lui aveva dato vita a un movimento di popolo e richiamato l’attenzione delle persone a un rapporto a ‘tu per tu’, anche rivolto ai preti. Il rinnovamento della chiesa comincia dal basso, dall’alto non verrà mai”. A fine mese voci insistenti danno in uscita dalla Dottrina della fede il “grande inquisitore” delle stesse suore, appunto Levada. Ma con ogni probabilità la posizione della Santa Sede nei loro confronti non muterà.
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