L'importante è partecipare, dicono i sauditi

The Tank

Non possono ancora guidare l’auto, ma da oggi le donne saudite potranno sognare di partecipare alle Olimpiadi. Dopo un lungo dibattito, il governo di Riad ha deciso di concedere alle atlete di sesso femminile di prendere parte alla massima rassegna sportiva mondiale, a cominciare da quella di Londra in programma tra poco più di un mese. Il rischio di una squalifica dell’intera compagine per discriminazione di genere era alto.

    Non possono ancora guidare l’auto, ma da oggi le donne saudite potranno sognare di partecipare alle Olimpiadi. Dopo un lungo dibattito, il governo di Riad ha deciso di concedere alle atlete di sesso femminile di prendere parte alla massima rassegna sportiva mondiale, a cominciare da quella di Londra in programma tra poco più di un mese. Il rischio di una squalifica dell’intera compagine per discriminazione di genere era alto, e il presidente del Comitato olimpico internazionale, il belga Jacques Rogge, aveva già minacciato provvedimenti seri. Decisivo, a quanto sembra, il parere del re Abdullah, che spinge per un ruolo attivo delle donne nella società, ma anche l’iper conservatore Nayef, già principe ereditario scomparso dieci giorni fa, avrebbe avallato la svolta.

    A dare l’annuncio del via libera alla partecipazione femminile ai Giochi è stata l’Ambasciata saudita a Londra, che ha assicurato di voler fare il “possibile per favorire le nostre atlete. In realtà, al momento solo una donna farà parte della spedizione: si tratta di Dalma Rushdi Malhas, ventenne fantina nata negli Stati Uniti da genitori palestinesi, che solo successivamente ha ottenuto la cittadinanza saudita.

    Non tutti, a Riad, l’hanno presa bene: il noto commentatore sportivo Fahd al Rougui ha detto in diretta televisiva che preferirebbe “essere sgozzato piuttosto che vedere una donna saudita praticare dello sport in luogo pubblico”.