Genio e regolatezza
Andrea Pirlo scucchiaia la vita. Niente di meglio e niente di più. Tutto. Un tiro, un modo d’essere. Tranquillo, sereno, sicuro: date a me e ci penso io. E’ il chirurgo che fa l’intervento più difficile sorridendo. Il tipo di rigore che scegli racconta chi sei e come vivi: Pirlo ha chiuso il cerchio del suo percorso con il cucchiaio all’Inghilterra. Da quel ragazzaccio di Totti te l’aspetti, da Pirlo no.
Leggi Lo scugnizzo e il pezzo di manzo di Lanfranco Pace - Leggi Elogio del calcio senza procure di Jack O'Malley
Andrea Pirlo scucchiaia la vita. Niente di meglio e niente di più. Tutto. Un tiro, un modo d’essere. Tranquillo, sereno, sicuro: date a me e ci penso io. E’ il chirurgo che fa l’intervento più difficile sorridendo. Il tipo di rigore che scegli racconta chi sei e come vivi: Pirlo ha chiuso il cerchio del suo percorso con il cucchiaio all’Inghilterra. Da quel ragazzaccio di Totti te l’aspetti, da Pirlo no. Sai che non c’è un piede migliore del suo in circolazione, ma ti immagini che la metta all’angolino in basso, dove il portiere non arriva neanche con l’aiuto di Dio. Scegliere il cucchiaio, per uno come lui, significa aver sublimato ogni cosa. Pirlo è al meglio ed è il meglio. E’ l’invidia degli altri che arriva dopo quel tiro: Fabregas dice “che classe”, Piqué lo chiama genio. Testa giù davanti al calcio. Come se persino i giocatori più forti del pianeta riconoscano la sua superiorità. Come lui nessuno, per noi e per loro. Non è per il cucchiaio in sé, quanto per l’idea di farlo nel momento più delicato della partita, quando rischiano solo i campioni veri. Perché senza quel cucchiaio l’Italia forse non avrebbe vinto: quel tiro è la tromba del generale Custer. Il segnale della vita che resuscita dopo il collasso. Arrivano i nostri. Pirlo è questo: il comandante muto, parla coi piedi. Il migliore giocatore italiano degli ultimi trent’anni. Può nascere un altro Baggio, non avremo più un Pirlo. Polemizzate pure, non importa. E’ raro perché quelli così non fanno un mestiere che i bambini sognano: quando cominci vuoi essere quello che segna, e se capisci che non sei buono allora scegli di diventare quello che mena. “A me fa impazzire fare un assist”, dice lui. Capisci la differenza? Tipo Germania-Italia 0-2, a Dortmund, il 4 luglio 2006. Minuto 118: petto, destro, sinistro, sinistro, tiro, deviato in corner. E subito dopo angolo, respinta, a lui: controllo di sinistro, poi destro, mezzo tacco-mezzo interno dentro per Grosso. Quel gol che ha spinto l’Italia in finale è suo quanto del terzino miracolato: Fabio ha calciato quello che Andrea ha inventato. Perché non si spreca nulla quando si passa dalle parti sue. Se lo ricorderanno i compagni, ma difficilmente lo farà la gente che a quelli come Pirlo presta davvero attenzione solo quando mettono la palla a terra prima di una punizione. Perché vogliono capire se la mette a giro, oppure fa quell’altra cosa lì. S’è inventato l’ascensore, quel tiro mutuato dalla tecnica di Juninho Pernambucano: la palla colpita con sole tre dita, in quel punto preciso che la fa schizzare prima in alto e poi di botto in basso, facendo uno zig-zag strano e imprendibile.
Perché Pirlo è il calcio. Gli altri boh. Basta l’azione dell’assist a Totò Di Natale nella prima dell’Europeo: con un tocco ne ha superati due poi passaggio in profondità perfetto al centimetro. Senza tenere gli occhi bassi, perché è questa la magia. Quella di quando prende la palla e non la guarda nemmeno, ma l’accompagna a destra o a sinistra, la ferma, la fa ripartire, la tocca tenendo gli occhi dall’altra parte. E’ quando lancia lungo che sa già dove arriverà il compagno che sta tagliando. Pirlo è la perfezione dello stile unita all’efficacia, la classe al servizio degli altri e mai di se stesso. Il calcio, appunto. La differenza con gli altri: geniali, ma approssimativi; efficaci, ma rozzi; fantasiosi, ma individualisti. Pirlo è il talento confezionato: libero, ma impostato come un calcolatore. E’ la sintesi, la modernità, uno che studia il pallone come oggetto per capire dove bisogna colpirlo per avere quell’effetto là. Pirlo è un mostro che spesso finisce per non essere glorificato. Perché all’appariscenza ha preferito l’eleganza. Ce l’abbiamo noi. Teniamocelo, godiamocelo. Così non ce ne saranno altri.
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