Lo scugnizzo e il pezzo di manzo
A leggere i commenti ci siamo stretti a coorte e quindi nulla per noi è ormai impossibile, dentro e fuori dal campo. C’è Giorgio il benaugurante che dal Colle sente aria di Berlino, capitan Gigi che lo venera. C’è Roberto Mancini che non so da dove ci vede già in finale con il Portogallo. C’è anche la mano dello Spirito Santo, equamente diviso tra il santuario dei frati camaldolesi di Cracovia dove Prandelli si reca con scaramantica regolarità.
A leggere i commenti ci siamo stretti a coorte e quindi nulla per noi è ormai impossibile, dentro e fuori dal campo. C’è Giorgio il benaugurante che dal Colle sente aria di Berlino, capitan Gigi che lo venera. C’è Roberto Mancini che non so da dove ci vede già in finale con il Portogallo. C’è anche la mano dello Spirito Santo, equamente diviso tra il santuario dei frati camaldolesi di Cracovia dove Prandelli si reca con scaramantica regolarità. E il burbero ma tenero Padre Pio, cui molti azzurri sono devoti. Però i tedeschi hanno lo shamballa, l’ha detto il manager della Nazionale Oliver Bierhoff. Si tratta di un braccialetto di perle nere con incisi i nomi dei calciatori, dei membri dello staff, la bandiera della Federazione e tre stelle a rappresentare gli europei vinti e tutti lo portano, mogli e fidanzate comprese. Shamballa ovvero “la luce dell’amore”, il suggello di un’unione assoluta, quasi carnale.
Noi siamo carnalmente uniti solo dalla cintola in giù. In su o davanti che dir si voglia siamo alquanto disuniti: quei due, dell’amore il dardo non trafisse. Li abbiamo visti in campo: uno scugnizzo e un gran bel pezzo di manzo, e mi voglio allargare diciamo pure due geni, ma non una coppia. Né l’uno né l’altro sono prime punte. La forza di Cassano è lo spunto, il dribbling stretto e l’assist, nel Milan per dire ne ha dati a pacchi a Ibrahimovic che lo adora. Ma Mario Balotelli ha in comune con lo svedese solo il fatto che si incazza. Con chiunque. La sua forza è la solitaria follia. Atleta eccezionale, mai visto un calciatore con spalle e tronco di quella fatta, difficile da marcare, fa paura a chiunque provi a ostacolarlo, solo che questo vantaggio lo sa sfruttare con qualcosa di provocatorio. Segna da fuori area o magari da dentro, il più delle volte da fermo. E’ così anche a Manchester: ha fatto gol pesanti che hanno portato punti importanti ma da fermo. Se deve scattare in area, dettare un passaggio o riceverlo, non gliela fa, sembra un paracarro. Non ha la reattività né la prontezza di un Di Natale, né la micidiale, prolifica puntualità di un Gomez. Ogni volta che è stato armato con lanci lunghi, cosa che non sarà il più bel gioco del mondo ma è pur sempre un modo di offendere con alcune difese anche efficace, Balotelli ha impiegato qualche secondo di troppo a trovare la postura ed è stato placcato. Salvo contro l’Irlanda, nella stessa partita in cui, guarda caso, ha segnato anche Cassano, di testa, dopo un batti e ribatti, azione dunque ad alto tasso di casualità: Balotelli si appoggia sull’avversario, mette il corpo tra lui e la palla e la colpisce con violenza in mezza rovesciata. Ma quanti difensori gli lascerebbero fare una cosa del genere?
In una coppia in cui uno segna poco o niente e l’altro segna solo gol impossibili anche il talento rischia di dissolversi o di essere inutile.
Siamo tutti commossi per la partita contro l’Inghilterra: 120 minuti, due ore, 70 per cento di possesso palla dell’Italia, 20 tiri in porta eppure l’unico zero a zero dell’Europeo. Contro la Germania non basterà il cuore, anche loro ne hanno. Non basterà il gioco, anche loro ne hanno. Non basterà recuperare fiato e garretti, ne hanno in grande misura anche loro. Non basterà l’autostima o il probabile stato di trance agonistica in cui i Buffon e i Pirlo trascineranno la squadra. Non basterà avere un centrocampo che non teme confronti e che forse è secondo solo alla Spagna. Bisognerà segnare un gol più di loro perché loro almeno uno lo segneranno. Per Prandelli non sarebbe facile cambiare e lo si può anche capire. Ma nel saper cambiare nel momento topico, non farsi guidare da quel sentimento pre calcistico che è la gratitudine, passa la differenza fra chi intende provare a vincere e chi si accontenta di aver fatto una bella figura e cancellato il vulnus del 2010. Passa tutta la differenza tra un ottimo allenatore. E un grande.
Il Foglio sportivo - in corpore sano