Grillonomics: “L'Iran sta bene”
Chiedete alle mamme di Teheran, il caro-latte è più temuto dello strike
Il leader del movimento Cinque stelle, Beppe Grillo, dice in un’intervista al giornale israeliano Yedioth Ahronoth che in Iran “non hanno le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all’estero. L’economia lì va bene, le persone lavorano. E’ come il Sudamerica: prima si stava molto peggio. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati”. Purtroppo per gli iraniani, il governo sta tagliando i sussidi di stato sui beni di largo consumo.
Il leader del movimento Cinque stelle, Beppe Grillo, dice in un’intervista al giornale israeliano Yedioth Ahronoth che in Iran “non hanno le stesse preoccupazioni che abbiamo noi all’estero. L’economia lì va bene, le persone lavorano. E’ come il Sudamerica: prima si stava molto peggio. Ho un cugino che costruisce autostrade in Iran. E mi dice che non sono per nulla preoccupati”. Purtroppo per gli iraniani, il governo sta tagliando i sussidi di stato sui beni di largo consumo come la benzina, il latte e il pane e tra quattro giorni è il 1° luglio, data di inizio delle sanzioni americane ed europee contro chi acquista petrolio iraniano. Il risultato di questi due fattori è che l’economia dell’Iran è un disastro.
Prendiamo i dati sull’inflazione della Banca centrale dell’Iran pubblicati sul sito Khabaronline.com. Una settimana fa un chilo di carne di pollo costava 3,50 euro; questa settimana costa 4,50 euro (secondo l’Osservatorio tecnico del nostro governo, in Italia il prezzo medio per un chilo di pollo è di 4,35 euro). In Iran una settimana fa una confezione da trenta uova costava 2,66 euro; questa settimana costa 2,94 euro. Scrive Farnaz Fassihi sul Wall Street Journal di ieri: “Il prezzo degli alimenti base cresce quasi quotidianamente. Economisti indipendenti stimano che l’inflazione stia fluttuando tra il 50 e il 60 per cento annuo. Nelle ultime due settimane il prezzo del pane è aumentato del 33 per cento, quello del pollo del 28,5 per cento e quello del latte sale ogni giorno, secondo i giornali iraniani e i siti ufficiali”. Il sito in lingua farsi Digarban.com segnala che anche i religiosi non scampano all’inflazione: “In tre mesi, il costo di una tunica e di un turbante è salito del 15 per cento, da 24 a 28 euro”.
Fassihi dice al Foglio che la Banca centrale ora fornisce più dati che in passato, anche se ancora non riflettono i prezzi reali in strada. “L’economia sta diventando un problema talmente grande che non è più possibile negare, domina ogni conversazione tra iraniani” – fatta eccezione per il cugino di Grillo.
Sabato, domenica e lunedì un movimento spontaneo partito da un gruppo di madri, “Nini”, bimbo in persiano, e poi dilagato grazie al passaparola ha boicottato in segno di esasperazione l’acquisto di pane e di latte. Nella capitale è difficile raccogliere dati, ma si segnalano punte del 90 per cento nel boicottaggio.
La protesta scatenata da “Nini” a Teheran e passata anche e massicciamente per Internet ha spiazzato l’opposizione, che non se l’aspettava. Ed è stata criticata da alcuni. “Quanto poteva durare? E poi, rinunciamo all’acqua?”, è il tenore dei commenti.
L’indignazione delle mamme non sbaglia a rivolgersi direttamente all’azione del governo. L’Iran è a sua volta un grande stato- madre. Fissa i prezzi per un ampio paniere di beni utili come il carburante, il pane, il latte, l’olio da cucina. Si occupa di comprare questi beni dai produttori e di rivenderli al grande pubblico a un prezzo politico di convenienza. Proibisce ai cartelli che trattano la compravendita e la distribuzione sul mercato anche soltanto di nominare l’aumento di prezzi e il carovita, come ha ingiunto con una circolare la settimana scorsa, nella speranza – comune ai regimi autoritari – che il problema non esista più se è vietato parlarne. E per reggere in piedi tutto questo spende il 25 per cento del budget di stato, con un criterio folle e universale per cui la benzina a prezzo sussidiato finisce nei serbatoi di tutti, ricchi e poveri, e lo zucchero a prezzo ridotto idem, sulla tavola di tutti.
Non poteva durare ancora a lungo. Ladane Nasseri scrive su Bloomberg Businessweek del 20 giugno che ai produttori iraniani un litro di latte ormai costa 0,52 euro e il governo invece insisteva per continuare a venderlo al pubblico al prezzo ufficiale di 0,41 euro. Il problema è che il piano doloroso per eliminare i sussidi incrocia con tempismo terribile il rafforzamento delle sanzioni occidentali.
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