Nora Ephron
Giornalista, sceneggiatrice, regista, tre volte moglie, madre, amica, figlia che ha confessato di avere provato sollievo alla notizia della morte della madre alcolizzata, cuoca spettacolare impegnata da decenni nell’organizzazione della cena di Natale, newyorchese esperta di appartamenti (“meglio comprare, che prendere in affitto”), scrittrice in grado di chiudere un libro sulla vecchiaia (“Il collo mi fa impazzire”) consigliando l’olio da bagno migliore.
E’ molto pericoloso amare Nora Ephron (i libri, i film, le ricette, le sceneggiature, le storie della sua vita raccontate con la grazia sempre priva di rabbia, anche quando lancia una torta al limone in faccia al marito, a una cena, e riflette sul fatto che se gli avesse lanciato una torta ai mirtilli avrebbe ottenuto un risultato ancora migliore, perché i mirtilli avrebbero irreparabilmente rovinato la giacca che il marito aveva acquistato insieme alla sua amante): è pericoloso perché lei fa sembrare tutto facile e sorridente, come il soufflé che invece è difficilissimo, come il memoir in cui parla della morte, come la scena dell’orgasmo al ristorante, come una vita piena di cose belle e di un modo fantastico e gentile di godersele, e di migliorare quelle brutte facendone commedie, trasformando il dolore in storie divertenti (“Affari di cuore”, del 1986, è la storia del suo matrimonio con Carl Bernstein, quello del Watergate, da cui ebbe due figli; Nora Ephron era traumatizzata, arrabbiata, ferita: “Sono sopravvissuta. Ci ho scritto un romanzo. Con i soldi guadagnati ho comprato una casa”). Leggendo e osservando lei, che ha portato il tocco femminile a Hollywood (“Heartburn-Affari di cuore”, “Harry ti presento Sally”, “Insonnia d’amore”, “C’è post@ per te”, “Julie & Julia”) e regalato la meravigliosa possibilità, finalmente, di immedesimarsi senza sentirsi sceme, sembra che davvero si possa avere tutto. Il Daily Beast l’ha definita: la nostra Dorothy Parker, ma con meno conflitti. Sense of humour, ma senza ferocia. Una bella vita, che non l’ha consumata. Giornalista, sceneggiatrice, regista, tre volte moglie, madre, amica, figlia che ha confessato di avere provato sollievo alla notizia della morte della madre alcolizzata, cuoca spettacolare impegnata da decenni nell’organizzazione della cena di Natale, newyorchese esperta di appartamenti (“meglio comprare, che prendere in affitto”), scrittrice in grado di chiudere un libro sulla vecchiaia (“Il collo mi fa impazzire”) consigliando l’olio da bagno migliore. Dr. Hauschka al limone: Nora Ephron consiglia anche di esagerare, usarne tanto, perché un tappo non basta (“Se mai gli eventi degli ultimi anni mi hanno insegnato qualcosa, è che mi sentirò un’idiota se domani morirò e avrò lesinato sull’olio da bagno”).
Nei suoi ultimi due libri, “Il collo mi fa impazzire” e “Non mi ricordo niente”, ci sono le blue nights, le notti azzurre in cui si pensa che la fine del giorno non arriverà mai e invece è quello il tramonto, l’inizio della fine, solo che si è troppo divertiti, affascinati dalla leggerezza dell’autobiografia, per coglierlo fino in fondo. Nora Ephron scrive che non le mancheranno i reggiseni, i funerali, le cene come quella a cui siamo andati ieri sera, struccarsi ogni sera, le bollette, le e-mail, i convegni sulle Donne nel Cinema, e noi pensiamo soltanto a quanto è brava a prendere in giro la nostra vita, raccontando la sua (l’ha fatto sempre, riuscendo a trasformare anche la pentola a pressione, un maglione nero a collo alto e un flop cinematografico in materiale da romanzo). Lei scrive che le mancherà percorrere il ponte in direzione di Manhattan, il burro, l’anno prossimo a Istanbul, fare il bagno, le torte, il parco, leggere a letto, il letto, e sembra il delizioso e saggio elenco della bellezza, non l’inizio degli addii. Stava preparando uno spettacolo a Broadway con Tom Hanks (debutterà a novembre), stava sfornando un soufflé, stava cercando di ricordarsi il nome di una persona incontrata a una cena che le va incontro sorridendo, e faceva il segnale concordato con il marito, un pizzicotto sul braccio che significa: “Aiuto, non so con chi sto parlando”. Solo che il marito se ne dimenticava regolarmente. Stava per raccontare di noi, parlando di sé.
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