Italia-Germania due a uno
Vince chi ne vuole di più
Ormai sono 120’ fissi: non bastano più i novanta regolamentari per decretare un vincitore. I trenta supplementari non sono però materia alla portata di qualsiasi giocatore, di qualsiasi squadra. Per farne uso sapiente occorre una forza mentale almeno pari a quella dell’Italia al Mondiale del 2006. La volle talmente (tanto) quella vittoria in semifinale contro la Germania che sembrava che ne avesse nelle gambe più dei tedeschi.
Ormai sono 120’ fissi: non bastano più i novanta regolamentari per decretare un vincitore. I trenta supplementari non sono però materia alla portata di qualsiasi giocatore, di qualsiasi squadra. Per farne uso sapiente occorre una forza mentale almeno pari a quella dell’Italia al Mondiale del 2006. La volle talmente quella vittoria in semifinale contro la Germania che sembrava che ne avesse nelle gambe più dei tedeschi, al 118° e qualche secondo la loro area di rigore era praticamente circondata, Andrea Pirlo benché affogato nell’acido lattico era ancora così tignoso da inventarsi un passaggio pazzesco per Fabio Grosso, il quale non solo non doveva nemmeno stare lì, sulla destra, lui che era terzino sinistro, ma a sua volta si vide in emulo di Ronaldinho e pennellò quell’impossibile palla a giro. C’era tanta voglia di giugulare che l’Italia riuscì a segnare ancora: due gol in tre minuti , tra il 118° e il 120°, è cosa che non si inventa, devi avercela dentro.
Le squadre normali, che non hanno il sangue agli occhi e si lasciano andare a un certo fatalismo, giocano i supplementari più con la paura di perdere che con l’ansia di vincere: anche Spagna e Portogallo hanno mostrato di preferire la cosiddetta lotteria dei rigori alla delusione da ultimo minuto sul campo. E la lotteria ha detto Spagna. Anche la grande d’Europa, e del mondo,
conosce una flessione fisica e psichica, i suoi giocatori chiave cominciano a confidare nella palla vagante, nell’episodio, magari nel tiro da cinquanta metri, vedi mai che il portiere si è avventurato troppo in là e lo si può uccellare? E’quello che ha provato a fare a un certo punto Xabi Alonso. E se l’autorevole centrocampista della squadra che più di altre ha la filosofia e la cultura del gioco costruito e manovrato, si mette a tirare alla “n’do’cojo cojo”, vuol dire che si comincia ad avvertire una certa sazietà. Meno fame di trionfi e applausi di quanta ne avesse ieri, tuttavia sempre più del Portogallo che ha fatto una signora partita ma quasi mai tirato in porta: lo spagnolo Casillas mai ha sputazzato sui guanti.
A questo stadio della competizione, vince chi ne vuole di più. A occhio, e per ragioni che sono diverse, noi e la Germania: stasera si vedrà chi ha più fame. Se passiamo lo scoglio bianco, contro questa Spagna un po’ sulle gambe e un po’ vaga di testa, come si dice a Roma, “se po’ proprio fa’”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano