Accordo a Palazzo. Comunque vada, Monti deve durare

Salvatore Merlo

“Cerchiamo soluzioni, non altri guai”, dice Maurizio Gasparri. E il capogruppo del Pdl in Senato intende dire molte cose, ma forse anche che i partiti, alla fine, si faranno bastare qualsiasi tipo di risultato Mario Monti dovesse conquistare in Europa: pochissimo, anche nulla, sarebbe in realtà sufficiente. Niente sgambetti parlamentari. Il fantasma della crisi di governo, le minacce e i mugugni continuano ad agitarsi nell’aria, ma allo stato gassoso, mentre nel Palazzo sono invece riprese nuove trame sulla riforma della legge elettorale.

    “Cerchiamo soluzioni, non altri guai”, dice Maurizio Gasparri. E il capogruppo del Pdl in Senato intende dire molte cose, ma forse anche che i partiti, alla fine, si faranno bastare qualsiasi tipo di risultato Mario Monti dovesse conquistare in Europa: pochissimo, anche nulla, sarebbe in realtà sufficiente. Niente sgambetti parlamentari. Il fantasma della crisi di governo, le minacce e i mugugni continuano ad agitarsi nell’aria, ma allo stato gassoso, mentre nel Palazzo sono invece riprese nuove trame sulla riforma della legge elettorale che stavolta coinvolgono direttamente Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani (si sentono e si vedono quasi ogni giorno). I due segretari si fanno forza delle loro simmetriche debolezze: il primo subisce l’irruenza di un Berlusconi che vorrebbe rivoluzionare il Pdl e per questo ha un particolare interesse a intestarsi la manovra politica; il secondo è invece accerchiato da Nichi Vendola e da Matteo Renzi, teme di sentirsi dire “sei quello che vince le elezioni, ma non sei quello che governerà l’Italia”, e dunque insegue una riforma della legge elettorale che rafforzi le sue ambizioni e la capacità autonoma del Pd.

    “Sulla riforma elettorale ci sono speranze”, ha rivelato ieri Silvio Berlusconi, e Gasparri spiega al Foglio che “la sta scrivendo Alfano”. Non è esattamente così, ma quasi. Quello che importa di più al professor Monti è tuttavia che i partiti, il Pdl e il Pd, impegnati in una trattativa per ridisegnare sostanzialmente a loro vantaggio il sistema di voto, abbiano un chiaro interesse a completare la legislatura; abbastanza da non creargli troppi problemi.

    Bersani e Alfano hanno già chiuso l’accordo politico: la riforma si fa. Gli aspetti tecnici sono invece affidati a Denis Verdini, per il Pdl, e a Maurizio Migliavacca, per il Pd. Due uomini così vicini ai leader dei rispettivi partiti da essere una garanzia di impegno, anche da parte di Berlusconi. Verdini, si sa, è l’uomo dei numeri e dei negoziati più delicati all’interno dell’universo berlusconiano; Migliavacca è invece un’emanazione diretta di Bersani, piacentino come il segretario, suo amico d’infanzia: di lavoro fa il coordinatore della segreteria (è il successore di Filippo Penati), o meglio l’architetto di retrovia. I due ricordano tanto, troppo, una vecchia coppia di avversari/compari ai tempi in cui il Cavaliere scambiava effusioni con Walter Veltroni: Gianni Letta e Maurizio Bettini.

    L’impianto della legge in discussione viene descritto come “violentemente bipolare” ed è stato oggetto di una approfondita conversazione, mercoledì sera a cena, a casa di Maurizio Lupi, il vicepresidente della Camera, presenti Alfano, Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto e Denis Verdini, appunto (assente per ragioni misteriose Gaetano Quagliariello). “Non c’è stata nessuna cena e nessun complotto contro Berlusconi”, dice Gasparri al Foglio. E’ smentita così la propalazione associata a un piano del gruppo dirigente berlusconiano finalizzato al “pensionamento del Cavaliere” e alla difesa del segretario Alfano da un Berlusconi arrembante e movimentista (pochi giorni fa il Cav. ha detto un po’ scherzando, un po’ no, “potrei fare il ministro dell’Economia di un governo Alfano”). Il complotto contro Berlusconi, mercoledì sera, forse non c’è stato; ma la cena sì.
    Portata principale: la legge elettorale, come si diceva, ma anche le preoccupazioni di Pier Ferdinando Casini, il leader dell’Udc che ha teso la mano al Pd (“cerchiamo un’alleanza tra riformisti e moderati”) ma che invece pare abbia riaperto canali di trattativa anche con il Pdl di Alfano.

    Secondo i ragionamenti del gruppo dirigente del partito berlusconiano, “Casini cerca di chiudere con noi, altro che Bersani”. Ed è vero che il leader dell’Udc già adesso ha ripreso a giocare su tutti i tavoli, quello del centrosinistra e quello del centrodestra. “Tra due giorni non si parlerà più di un patto tra riformisti e moderati. Accetto scommesse”, dice Fabrizio Cicchitto.
    Twitter @SalvatoreMerlo

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.