La battaglia si sposta a Damasco, Assad fa una vita avvelenata

Daniele Raineri

Una fonte decisamente in alto dell’esercito israeliano, a cui però è stata fatta la promessa che non sarà citata direttamente con il nome, dice al Foglio che “Israele considera inevitabile la caduta del presidente siriano Bashar el Assad” e che “in Siria disponiamo di un livello di intelligence molto profondo”. Conferma la paura delle armi chimiche conservate dall’esercito siriano, anch’esse attentamente monitorate per timore che siano usate o che cadano nelle mani sbagliate, “ma fino a questa settimana ci risultano saldamente in controllo del regime”.

    Una fonte decisamente in alto dell’esercito israeliano, a cui però è stata fatta la promessa che non sarà citata direttamente con il nome, dice al Foglio che “Israele considera inevitabile la caduta del presidente siriano Bashar el Assad” e che “in Siria disponiamo di un livello di intelligence molto profondo”. Conferma la paura delle armi chimiche conservate dall’esercito siriano, anch’esse attentamente monitorate per timore che siano usate o che cadano nelle mani sbagliate, “ma fino a questa settimana ci risultano saldamente in controllo del regime”.
    La caduta di Assad passa per la topografia della capitale, Damasco. Ci si chiede se sia possibile un improvviso precipitare degli eventi, sul modello di quanto avvenne nell’estate 2011 in Libia, quando una colonna di ribelli arrivata dalle montagne a ovest penetrò fulmineamente a Tripoli , cuore del potere di Muammar Gheddafi, con l’aiuto di una robusta quinta colonna che ne preparò l’arrivo. La conquista della città e del compound del rais libico avvennero nel giro di pochi giorni.

    A Damasco la sensazione è che le forze lealiste stiano progressivamente perdendo il controllo fisico del territorio, ma che questa curva di decadimento sia soltanto all’inizio. Ieri sono esplose due bombe davanti al palazzo del Tribunale, le ultime di una serie di attentati senza rivendicazioni certe. Nella notte di mercoledì, secondo l’agenzia France presse, un gruppo di uomini è entrato in casa di Kamel Ranaja e lo ha ucciso. Ranaja è un membro di Hamas, o, più precisamente, era il vice di quel leader operativo palestinese ucciso dai servizi segreti in un hotel di Dubai nel 2010, Mahmoud al Mahbouh. Hamas sospetta che siano stati di nuovo i servizi segreti israeliani – il che la dice lunga sull’improvvisa libertà di movimento di cui si godrebbe a Damasco, dove il gruppo armato un tempo era ospitato in assoluta sicurezza. La maggior parte dei membri di Hamas ha già abbandonato la Siria, in aperto dissidio con il governo di Assad. Il ministro della Difesa israeliano rifiuta, com’è prassi, di commentare la morte di Ranaja, ma dice anche che “non era uno degli uomini più giusti della sua generazione”. Secondo le informazioni frammentarie che circolano, il 22 giugno Abdulquddoos Jbarah, un religioso sciita rispettato e schierato con il regime, è stato ucciso da una banda di jihadisti sunniti. Un generale dell’aviazione – l’Arma più potente in Siria, è quella del padre di Assad e quindi è sempre stata favorita – è stato rapito nel quartiere di al Adawi, un’area di lusso riservata ai dignitari dir egime e ai consiglieri russi. Farage Shihada al Maqat è l’ufficiale più alto in grado rapito o ucciso finora dai ribelli (a meno che non si scopra, com’è successo la settimana scorsa con un colonnello, che ha disertato ed è in viaggio verso la salvezza, oltre il confine con la Turchia).

    Martedì il Jaish al Hur, l’esercito della libertà, ha attaccato la caserma della Guardia repubblicana a Qudssaya, a soli otto chilometri dalla piazza Omayyade che è il centro della capitale. La Guardia è un reparto speciale, con 8 mila o 10 mila soldati a seconda delle fonti, assolutamente scelti e fedeli al regime. E’ l’unico autorizzato a stazionare all’interno della capitale, ha come compito preciso la difesa del regime contro le minacce interne ed è comandato dal fratello del presidente, l’ombroso Maher – escluso dal posto di presidente per scelta del padre Hafez, che lo considerava troppo crudele e più adatto al mestiere delle armi.
    La caserma di Qudssaya presidia e blocca la strada che porta al monte Qaisoun, quattro chilometri verso nordest, dove c’è la residenza ufficiale del presidente, con affaccio sulla città, che sovrasta di un centinaio di metri d’altezza.
    Non è il primo attacco dentro Damasco, ma ha avuto un significato speciale, perché ha lambito l’apparato di sicurezza che porta agli Assad. I ribelli lo definiscono “un attacco esplorativo” e la risposta è stata furiosa: l’esercito ha circondato due interi quartieri della città – Qudssaya e Barzeh – e ha cominciato un intenso fuoco di sbarramento che ha ucciso 33 persone. E’ stata questa battaglia che ha spinto il presidente a dire in tv che il paese “è in pieno stato di guerra”. Nei sedici mesi precedenti, anche durante i bombardamenti di Homs e delle altre città ribelli, la rivoluzione era stata sempre caratterizzata come “un’ondata di crimini commessi da terroristi appoggiati dall’estero”.

    Un ufficiale dell’esercito dei ribelli che chiede di restare anonimo fa arrivare queste dichiarazioni ai media: “Lo abbiamo fatto per provare la capacità di reazione della Guardia, per attacchi futuri. I nostri combattenti sono rimasti sorpresi dalle dimensioni gigantesche della reazione e dal numero di truppe che hanno subito circondato la zona”. Il test ha dimostrato che: “Un proiettile a Damasco ha più impatto di un bombardamento con i carri armati a Idlib o a Homs, perché il regime non sente i colpi d’artiglieria a Homs ma di certo sente lo sparo a Damasco. E’ stato un test per quando la battaglia si sposterà nella capitale”.
    Secondo il sito Debka, che mette in circolo informazioni senza fonti identificabili e senza possibilità di conferma, il presidente sarebbe chiuso a palazzo in quello che sembra uno semi stato di arresto. Sui suoi movimenti decide un ufficiali della Guardia repubblicana comandata dal fratello Maher. Assad e la moglie Asma temono un avvelenamento ancor più che i combattimenti che scoppiano a poca distanza, e farebbero provare ogni bevanda e ogni cibo ad assaggiatori presi dai servizi segreti. A maggio otto alti ufficiali, compreso il genero di Assad, sono stati avvelenati da una guardia del corpo passata ai ribelli e sono stati salvati in ospedale.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)