L'accordo raggiunto a Bruxelles abbassa lo spread e alza le borse
La boria di Hollande s'è infranta sulla cassaforte tedesca
Al suo secondo vertice europeo anche François Hollande si è dovuto arrendere all’evidenza: nella crisi della zona euro è la tedesca Angela Merkel a tenere tutti i cordoni della borsa. Piaccia o meno, la Germania è il paese più forte e ricco, dove gli investitori si rifugiano anche a costo di sborsare qualche decimo di punto di interesse. Piaccia o meno, nulla si può decidere senza il benestare della cancelliera e le centinaia di miliardi che solo Berlino è in grado di iniettare per il salvataggio dell’euro.
Leggi Vertice Ue: raggiunto l'accordo - Leggi Bollettino della crisi - Leggi Angela e demoni di Maurizio Milani
Al suo secondo vertice europeo anche François Hollande si è dovuto arrendere all’evidenza: nella crisi della zona euro è la tedesca Angela Merkel a tenere tutti i cordoni della borsa. Piaccia o meno, la Germania è il paese più forte e ricco, dove gli investitori si rifugiano anche a costo di sborsare qualche decimo di punto di interesse. Piaccia o meno, nulla si può decidere senza il benestare della cancelliera e le centinaia di miliardi che solo Berlino è in grado di iniettare per il salvataggio dell’euro. Piaccia o meno, da questa crisi non si esce, se non come dice Frau Merkel: con un lungo e doloroso processo di risanamento dei bilanci e di riforme strutturali per tornare a essere competitivi nel 21° secolo della globalizzazione. Altrimenti, l’euro è “kaputt” e buona fortuna a tutti con le lire, le peseta e le dracme. E con i suoi franchi francesi, “Herr Hollande”.
Servono “misure immediate per sostenere i paesi che hanno fatto degli sforzi e non possono sopportare dei tassi di interesse troppo elevati”, ha detto ieri Hollande entrando al Consiglio europeo, per sostenere le richieste di Italia e Spagna. Negli ultimi giorni Parigi si è mostrata molto attiva per tentare di isolare la Germania e spingerla ad accettare l’idea italiana di un meccanismo automatico anti spread: martedì ha convocato un minivertice dei ministri delle Finanze di Francia, Italia, Spagna e Germania; mercoledì Hollande ha invitato Merkel a cena all’Eliseo. Sforzo inutile: di fronte all’opposizione della Germania, “l’automatismo anti spread non è più sul tavolo”, spiega una fonte europea. In un’intervista al Wall Street Journal, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha detto di essere contrario. Per Schäuble, se Italia e Spagna vogliono che il Fondo salva stati compri i loro bond, devono presentare una richiesta formale di aiuto e accettare le condizioni di un salvataggio. In vista del pranzo di oggi, ieri notte i leader stavano tentando di trovare un compromesso sulla base della posizione tedesca.
Totalmente digiuno di cose europee, Hollande era arrivato all’Eliseo convinto di poter tenere testa alla cancelliera. Rinegoziazione del Fiscal compact, stimoli keynesiani, Eurobond, Bce come prestatore di ultima istanza: Hollande aveva posto la barra molto alta, in stile sarkozista, ma in rottura con il Merkozy. Anche Nicolas Sarkozy aveva iniziato il suo mandato nel 2007 minacciando guerra alla cancelliera, salvo dover capitolare per permettere alla Francia di avere un minimo di influenza nella crisi dell’euro. Se per Sarkozy ci sono voluti tre anni, per Hollande rischiano di bastare due mesi. Eurobond e Bce sono scomparsi dalle richieste francesi. Quanto alla crescita, il vertice europeo dovrebbe approvare un “Growth compact” da 120 miliardi. In realtà, al di là dei 10 miliardi di aumento di capitale per la Banca europea per gli investimenti, non ci sono nuove risorse. In compenso, Hollande sarà costretto a ratificare il Fiscal compact partorito dal Merkozy.
Per la Francia, e ancor più per il Partito socialista, l’Europa è una questione irrisolta. Hollande era segretario del Ps, quando i socialisti si spaccarono sul trattato costituzionale europeo, portando alla sua bocciatura nel referendum del 2005. Il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, e quello degli Affari europei, Bernard Cazeneuve, avevano fatto campagna per il “no”. Il “grand bargain” tra sovranità e solidarietà contenuto nel rapporto Van Rompuy mette in imbarazzo più la Francia della Germania. Merkel si è lamentata dell’eccessiva attenzione per la mutualizzazione dei debiti, ma Schäuble ha aperto nel lungo periodo. Dall’Eliseo, invece, sono arrivate pesanti critiche sul controllo europeo dei bilanci nazionali e il rafforzamento della legittimità democratica. Dentro il palazzo dell’Eliseo si è aperto uno scontro tra i due consiglieri di Hollande per le questioni europee: il segretario generale aggiunto Emmanuel Macron – ex banchiere di Rothschild – e il consigliere per l’Europa Philippe Leglise-Costa – ex viceambasciatore a Bruxelles durante gli anni del Merkozy. Secondo Libération, Berlino preferiva “l’organizzazione di Sarkozy”, con il segretario generale dell’Eliseo Xavier Musca come unico interlocutore. Dopo la cena tra Hollande e Merkel un consigliere dell’Eliseo ha spiegato: sul meccanismo anti spread chiesto dall’Italia “se ci sarà un accordo tra i due, ci sarà un accordo” anche al Consiglio europeo. Ai vertici, un accordo si trova sempre. Ma ancora una volta sarà un accordo prevalentemente tedesco.
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