Spagna-Italia 4-0 è il semplice sigillo della verità
Non è un brusco risveglio. E’ il semplice sigillo della verità, la misura esatta della distanza che ci separa dalla Spagna. Non si vince d’infilata Europeo-Mondiale-Europeo, mai riuscita a nessuno finora, non si è candidati a vincere anche il Mondiale del 2014, con solo la cabala contro perché mai le europee hanno vinto quando la competizione si è svolta in America latina, insomma non si possono raccogliere tanti titoli e tanti applausi se non si è davvero la squadra più forte del mondo da cinque anni a questa parte.
Non è un brusco risveglio. E’ il semplice sigillo della verità, la misura esatta della distanza che ci separa dalla Spagna. Non si vince d’infilata Europeo-Mondiale-Europeo, mai riuscita a nessuno finora, non si è candidati a vincere anche il Mondiale del 2014, con solo la cabala contro perché mai le europee hanno vinto quando la competizione si è svolta in America latina, insomma non si possono raccogliere tanti titoli e tanti applausi se non si è davvero la squadra più forte del mondo da cinque anni a questa parte. La Spagna unisce movimenti ambigui e burrosi come il corpo di Scarlett Johansson alla precisione letale del cobra. Da qui non si esce: o cadi in bambola e poi vieni trafitto o vieni trafitto e poi cadi in bambola. E’ quello che è successo a noi.
Un quarto d’ora di meli melo, poi Fabregas brucia Chiellini, gli dà un metro su nove, crossa all’indietro per Daniel Silva che arriva a tutta velocità e colpisce di testa con potenza sotto la traversa benché d’altezza sia poco più della metà dei Bonucci e dei Barzagli che gli si parano davanti. Mezz’ora dopo Jordi Alba comincia a correre nello spazio quando la palla è ancora tra i piedi di Iniesta che sta avanzando, l’accelerazione dell’esterno sinistro è devastante, lo si vedeva anche da casa, ma i nostri centrali si sono preoccupati di marcare colui che stava per fare il passaggio e non colui che lo avrebbe certamente ricevuto. Uccellati e con demerito perché la piega presa dall’azione era visibile e previsbile. La “grande” finale praticamente finisce qui. Azzurri con le gambe tagliate e incapaci di reagire sul serio, appena qualche tiro da lontano. Gli altri due gol della Spagna sono un pleonasmo: a segnare e a far segnare è stato Torres che è entrato nell’ultimo quarto d’ora e non segnava dal secolo scorso.
Prandelli qualche errore l’ha fatto. Ha lasciato credere, e come lui la quasi totalità di commentatori e opinionisti, che la Spagna fosse alla nostra portata, quando era evidente che la partita del girone finì in pareggio perché Torres fu molto munifico e passammo senza danni venti minuti da incubo e poi era pur sempre la partita d’esordio che è sempre tatticamente gestibile da entrambe le squadre. Si può capire che tirarsi su per i capelli faccia bene alla psiche. Ma mandare in campo un semi-cionco appena rimessosi da un infortunio e doverlo sostituire perché non gliela fa a inseguire Fabregas; sostituire Montolivo con Thiago Motta che si strappa cinque minuti dopo e senza nemmeno inseguire nessuno, obbligando la squadra a giocare in dieci per più di mezz’ora, questi invece sono svarioni. Se non del Ct quanto meno dello staff medico e dei preparatori atletici. Se non ricordo male quattro pappine non le prendevamo da Messico '70 (dal Brasile di Pelé) e guarda caso anche lì dopo aver “eroicamente” sconfitto in semifinale la Germania. Ma fosse che questi in qualche modo riescono sempre a vendicarsi? In virtù dei casini che ha combinato la Rai nel passaggio al digitale terrestre, il segnale in molte località è risultato criptato: dove ero io, la partita abbiamo potuto vederla solo su Zdf, rete pubblica tedesca. Ottima telecronaca, sobria direi, ma sentire dire per due ore Abatt, Baltelli e Casano non è cosa che aiuti.
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