Tra Sherwood e Bari le mosse del fantomatico “polo” sindaci-Sel-Idv
Ieri sera Nichi Vendola era in Veneto, terra in teoria non proprio amica: un incontro di routine con i lavoratori di una fabbrica in crisi nei pressi di Vicenza, ma subito dopo un incontro non di routine a Padova, allo Sherwood Festival, in compagnia del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, con cui aveva appena condiviso idealmente un’altra assemblea a Bari. Il titolo dell’incontro padovano sembrava fatto apposta per chi vede nei rassemblement anche sporadici tra sindaci, Sel e Idv i prodromi di un “quarto polo”.
Ieri sera Nichi Vendola era in Veneto, terra in teoria non proprio amica: un incontro di routine con i lavoratori di una fabbrica in crisi nei pressi di Vicenza, ma subito dopo un incontro non di routine a Padova, allo Sherwood Festival, in compagnia del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, con cui aveva appena condiviso idealmente un’altra assemblea a Bari (i suoi “saluti” aleggiavano sabato 30 giugno, alla kermesse per il rilancio del Mezzogiorno, presenti Michele Emiliano, sindaco di Bari, Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, e Antonio Di Pietro, leader Idv). Il titolo dell’incontro padovano sembrava fatto apposta per chi vede nei rassemblement anche sporadici tra sindaci, Sel e Idv i prodromi di un “quarto polo”: “Verso le elezioni politiche del 2013, tra crisi europea e necessità dell’alternativa”. Non è il sempre vagheggiato e sempre negato “partito dei sindaci”, non è neanche il bis della conferenza stampa Di Pietro-Vendola della settimana scorsa a Roma, in cui i due hanno chiesto al Pd di Pier Luigi Bersani di non procedere sul binario dell’alleanza stretta con Pier Ferdinando Casini (“no” a primarie “uguale congresso Pd”, ha detto Vendola; “sì” al referendum d’ottobre per il ripristino dello status quo in tema di articolo 18, ha detto Di Pietro). Eppure i sindaci sono attivi, al momento, quanto e più dell’autunno scorso: allora, in giorni non ancora montiani, si parlava di fantomatiche “liste De Magistris”, e poi ancora in gennaio, a Napoli, al forum “per i beni comuni”, la prospettiva nazionale si affacciava al termine di un dibattito “locale” tra Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, Michele Emiliano e Nichi Vendola.
Oggi i partiti principali sono sotto attacco, a sinistra come a destra (vedi Gianfranco Fini contro il Pdl), ma anche a Bari, due giorni fa, tutti hanno detto: non siamo un partito alternativo. Però poi hanno parlato di “programma” da scrivere a partire dal “territorio”, qualcosa che faccia parlare “la gente” senza “consulenze” e senza “lacrime di coccodrillo di un ministro con bracciali e collane” (De Magistris dixit). E ieri, a Padova, il dibattito prometteva una discussione sulle prossime elezioni “come orizzonte temporale”: “Sono queste lo spazio per introdurre quegli elementi di cambiamento che la società italiana ed europea stanno chiedendo con forza?”, si leggeva sulla presentazione, “e questo potrà avvenire riproponendo formule e metodi già visti nell’eterna coazione a ripetere del centrosinistra italiano? Le consultazioni primarie e poi le elezioni non potrebbero essere invece l’occasione per mettere in campo un percorso nuovo, capace di coalizzare quanti si collocano ‘a sinistra e oltre’ il Pd…?”. E se Di Pietro ieri postava sul suo blog una critica al governo Monti “miglior nemico dei giovani”, con tanto di foto con una ragazza truccata da Pierrot dei precari, Vendola parlava con il Corriere della Sera in risposta all’intervista di Massimo D’Alema in cui l’ex premier gli chiedeva: “Quali valori di sinistra vedi in Di Pietro?”. “Il Pd e Casini? Non capisco e non mi adeguo”, diceva il leader di Sel, amplificando il sostrato degli incontri con i sindaci almeno quanto Di Pietro che ieri diceva: “Si apra un tavolo, un cantiere in cui deve essere il programma a fare le coalizioni”. Il tutto mentre Bersani, accerchiato, con una punta di wishful thinking prometteva da Livorno un “patto” tra forze progressiste e moderati.
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