L'austerity cinese passa dalla zuppa di squalo
Dopo gli scandali che hanno colpito i vertici della nomenclatura cinese (su tutti il caso del potentissimo Bo Xilai, espulso dall’ufficio politico del Partito comunista e dal Comitato centrale perché coinvolto in vicende di corruzione e abuso di potere), Pechino cerca di rimediare. La diffidenza del popolo verso i vertici istituzionali cresce, l’insofferenza verso una classe dirigente corrotta e ricchissima pure.
Dopo gli scandali che hanno colpito i vertici della nomenclatura cinese (su tutti il caso del potentissimo Bo Xilai, espulso dall’ufficio politico del Partito comunista e dal Comitato centrale perché coinvolto in vicende di corruzione e abuso di potere), Pechino cerca di rimediare. La diffidenza del popolo verso i vertici istituzionali cresce, l’insofferenza verso una classe dirigente corrotta e ricchissima pure. Ecco allora che il governo proibisce il consumo della celebre zuppa di pinne di squalo nei banchetti ufficiali. Gli ambientalisti sono soddisfatti (secondo le stime più attendibili, fino a 73 milioni di squali vengono annualmente sterminati per fare la zuppa) per il risultato raggiunto: è dal 2006 che una campagna promossa da WildAid (reclutato anche il campione di basket Yao Ming) invita i cinesi a non consumare il piatto prelibato. “E’ una vittoria del popolo, che non sapeva neppure che quelle fossero pinne di squalo”, ha detto il presidente di WildAid, aggiungendo che “è il primo esempio in Cina di una volontà legislativa che nasce dal basso.
In realtà, dietro il divieto c’è la volontà di allentare la distanza che separa i vertici istituzionali del paese (sempre più ricchi) e i vasti strati della popolazione che vivono in povertà nelle province più remote. Anche a Hong Kong, la scorsa settimana, si sono verificate manifestazioni contro le politiche del governo di Pechino, considerato responsabile dell’impoverimento dell’ex protettorato britannico. La zuppa costa, è da sempre segno di prosperità e abbondanza, tanto che non manca mai nei ricevimenti di nozze. A pochi mesi dall’insediamento dei nuovi vertici, il Politburo vuole dare un segnale al popolo: anche per evitare di rendere la transizione ancora più caotica di quanto lo sia già ora.
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