Cielo d'Islanda
Quando tutto va male, il capo vi maltratta con intento discriminatorio, vostro marito lascia la spazzatura nell’ingresso, il vostro amante si chiude in camera a telefonare alla moglie, al semaforo un tizio vi urla: chi ti ha dato la patente, la vispa Teresa?, e le vicine di ombrellone vi disapprovano in quanto madri assenti, le baby sitter vi disapprovano in quanto madri incoerenti, i colleghi vi dileggiano in quanto madri ossessive e l’idraulico prima di accettare la chiamata d’emergenza chiede se c’è un uomo in casa perché le donne non capiscono niente e lui non ci vuole parlare (rinnegando alcuni decenni di leggende erotiche), significa che è arrivato il momento di trasferirsi in Islanda.
Quando tutto va male, il capo vi maltratta con intento discriminatorio, vostro marito lascia la spazzatura nell’ingresso, il vostro amante si chiude in camera a telefonare alla moglie, al semaforo un tizio vi urla: chi ti ha dato la patente, la vispa Teresa?, e le vicine di ombrellone vi disapprovano in quanto madri assenti, le baby sitter vi disapprovano in quanto madri incoerenti, i colleghi vi dileggiano in quanto madri ossessive e l’idraulico prima di accettare la chiamata d’emergenza chiede se c’è un uomo in casa perché le donne non capiscono niente e lui non ci vuole parlare (rinnegando alcuni decenni di leggende erotiche), significa che è arrivato il momento di trasferirsi in Islanda. O almeno di minacciarlo. Nonostante piova quasi ogni giorno, nevichi anche d’estate e il sole di mezzanotte sia bello da vedere al massimo due volte, poi annoia: la supremazia femminile vale bene un po’ di depressione. L’Islanda è l’isola delle donne, lì il femminismo ha vinto: abituate nei secoli a stare da sole, mentre i mariti andavano a pescare, le islandesi hanno fatto squadra, si conoscono tutte, essendo l’Islanda il paese meno popolato d’Europa (trecentoventimila abitanti), lottano l’una per l’altra invece di sentirsi in continua competizione fra sorelle, e hanno dettato le loro regole. Un reportage del Monde che chiede: “L’Islanda è un vero paradiso delle donne?”, risponde anche sì, ci siamo quasi, basta spazzare via gli ultimi, pallidi residui di maschilismo (resistono ancora le disparità di stipendio), e “le donne devono vigilare per evitare che gli uomini prendano tutti i poteri”, si è detto dopo che alle elezioni dello scorso trenta giugno ha vinto un uomo. Ma il primo ministro è donna, è stata appena nominata una donna vescovo, le ragazze vanno al lavoro mentre gli uomini restano a casa a cambiare pannolini e a ritagliare cappelli di pannolenci per le recite scolastiche, quasi la metà dei parlamentari sono donne, e c’è una legge che vieta ogni commercio che implichi nudità: tutti i club di striptease e di lap dance hanno chiuso.
Le aziende islandesi con più di cinquanta dipendenti dovranno avere, dal 2013, almeno il quaranta per cento di manager donne. “Una donna può e deve fare quello che vuole”, è il motto delle ragazze d’Islanda, in cima a ogni classifica di benessere. Che significa, allora, essere uomini in Islanda? A parte essersi presi la colpa della crisi economica del 2008, devono stare molto attenti a non dire nulla di vagamente maschilista. “Una madre deve stare a casa con i suoi bambini”, ad esempio, non è una frase accettabile in Islanda (è stata pronunciata contro una perfetta e bionda candidata alle presidenziali, ed è crollato il sole di mezzanotte), un posto dove il congedo di maternità è così perfetto da non sembrare reale: tre mesi per il padre, tre mesi per la madre e tre mesi da condividere fra i genitori. Una famiglia benestante in cui la madre esce la mattina per andare al lavoro e il padre resta a casa a preparare i pancake e fare la lista della spesa non è satira, è quasi normalità. Si auspica, quindi, non per cattiveria ma per innocente resa dei conti, che almeno in Islanda ci siano uomini stressati, frustrati, con i capelli in disordine, a cui bionde signore con gli occhi di ghiaccio urlano ai semafori: chi ti ha dato la patente, Topo Gigio?, con mogli che non conoscono la differenza fra sciroppo per la tosse e tachipirina, e colleghe che ridacchiano per la macchia di latte sulla camicia. Anzi, poiché è estate e non abbiamo nessuna intenzione di prenderci la polmonite con la neve ad agosto e i geyser, la soluzione migliore è che in Islanda ci vadano gli uomini. A ripopolare l’isola, a prendere lezioni di buone maniere, a portare un po’ di disordine. A baloccarsi con i tramonti, visto che la nudità è vietata dalla legge, quindi non ha nemmeno senso guardare la televisione.
Il Foglio sportivo - in corpore sano