I giovani tedeschi pensano che Hitler sia un protettore dei diritti

Umberto Silva

E’ di questi giorni la notizia che una ricerca condotta dalla Free University di Berlino e coordinata dal prof. Klaus Schröder, intervistando più di 7.000 studenti di vari licei della Germania ha scoperto che la metà di costoro non sa chi era – è - Adolf Hitler, e un terzo pensa sia stato “un protettore dei diritti umani”. Dopodiché possiamo solo ardentemente sperare che il prof. Schröder sia uno statistico da strapazzo, un macabro burlone o lui stesso la vittima di giovani burloni che hanno voluto gabbarlo.

    E’ di questi giorni la notizia che una ricerca condotta dalla Free University di Berlino e coordinata dal prof. Klaus Schröder, intervistando più di 7.000 studenti di vari licei della Germania ha scoperto che la metà di costoro non sa chi era – è - Adolf Hitler, e un terzo pensa sia stato “un protettore dei diritti umani”. Dopodiché possiamo solo ardentemente sperare che il prof. Schröder sia uno statistico da strapazzo, un macabro burlone o lui stesso la vittima di giovani burloni che hanno voluto gabbarlo. Se così non è, siamo di fronte al più spaventoso fenomeno del Dopoguerra, davanti al quale terremoti e tsunami, crisi economiche e scandali pedofili sono quisquilie, naturali come i raffreddori e i morbilli. Di più spaventoso c’è solo la noncuranza con cui i tedeschi e gli europei hanno accolto questa notizia, un negazionismo del negazionismo. In Italia si da addosso a balordi professorini che ostentano un grottesco negazionismo e si tengono d’occhio circoli pseudoculturali di dubbio sentire per poi, tutt’a un tratto, accorgersi (qualcuno) che mezza Germania – quella ex ovest più ancora di quella ex est, dicono i sondaggi – è di fatto negazionista. Non per malizia o per antisemitismo o per truci motivi, ma per un tornaconto psichico questo sì. Mai puntare sul calcolo, guai accomodarsi nella rimozione; non conoscendo e non riconoscendo Hitler, se nuovamente si presentasse con un look à la page, i giovani lo seguirebbero come un pifferaio magico. D’altronde cosa fu il nazismo se non il tentativo di negare l’altro in tutte le sue manifestazioni? Quale celebrazione del nazismo più intonata, quindi, del negarne l’esistenza? Lasciamo da parte ogni indignazione che è l’altra faccia del negazionismo, l’altro modo, nobilmente camuffato, per non pensare, e pensiamo invece, ciascuno a proprio rischio e pericolo, che se il pensiero non è audace non è pensiero. Perché tanti genitori tedeschi non dicono di Hitler e dintorni ai loro figli? Azzardo un’ipotesi: si vergognano, e reputano che i giovani debbano imparare certe cose per conto loro, come un tempo il sesso, di cui arrossivano e tacevano. Ora, invece, i genitori straparlano e sono prodighi di consigli, pillole, preservativi, ma di quella che fu chiamata ‘la peste nera’ tacciono. Si vergognano di nominare la purezza necrofila del nazismo che appestò le famiglie; sono talmente in preda alla fobia che parlandone temono di riviverlo e farlo rivivere.

    Meglio un protettivo mutismo, donde il macabro equivoco di “Hitler protettore dei diritti umani” derisoriamente i figli traducono il silenzio dei padri. E i ragazzi? Davvero in così tanti non sanno nulla di Hitler? Impossibile che le istituzioni non abbiano detto loro qualcosa, saremmo in presenza di uno stato canaglia. I ragazzi sanno, in qualche modo l’hanno appreso dai libri, dagli amici, dalla tivù, dai genitori, ma si può ipotizzare che minimizzino fino alla dimenticanza, non sopportando che i genitori stiano in pena all’idea di costringere i loro figli a tormentarsi per un passato così intollerabile. Tutti uniti a sostenere un menzognero silenzio come nella DDR ai tempi della Stasi; così si alimenta la psicosi: per mantenere l’omertà si è capaci di uccidere o andare a morire nella Legione Straniera, come insegna il film “Beau Geste” di William Wellman.
    C’è poi una terza ipotesi. I ragazzi sanno e ostentano la dimenticanza non per pietas verso i genitori e per quieto vivere, ma in odio verso tutto e tutti. Disprezzo, nichilismo consumistico: consunto è il Sapere, non più indossabile; Hitler non significa più niente, nel bene e nel male. Hitler – e a questo punto anche Bach e Goethe – è scaraventato nel nulla perché vecchio e morto, roba da dimenticare a favore del giovanile vivo e vivacissimo ultimo dj alla moda. Deutschland über alles? In discoteca, naturalmente. Stasi? Verpiss dich, ecstasy!