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Perché bisteccone Baldwin adesso vuole fare il sindaco

Mariarosa Mancuso

Bisteccone Baldwin. Lo prendevano in giro – mettendo nel mucchio i tre fratelli attori Stephen, William e Daniel - anche Trey Parker e Matt Stone nel South Park movie “Più grosso, più lungo e tutto intero” (doppi sensi voluti, era fresco il ricordo di Lorena Bobbit). “Beefcake”, come il film di Thom Fitzgerald che celebrava le riviste degli anni 50 e 60 dove i maschi esibivano i loro muscoli in costume da bagno, o altri panneggi classici, a scopo più erotico che ginnico.

    Bisteccone Baldwin. Lo prendevano in giro – mettendo nel mucchio i tre fratelli attori Stephen, William e Daniel - anche Trey Parker e Matt Stone nel South Park movie “Più grosso, più lungo e tutto intero” (doppi sensi voluti, era fresco il ricordo di Lorena Bobbit). “Beefcake”, come il film di Thom Fitzgerald che celebrava le riviste degli anni 50 e 60 dove i maschi esibivano i loro muscoli in costume da bagno, o altri panneggi classici, a scopo più erotico che ginnico. Joe Dallesandro, lo splendido esemplare che poi lavorerà con Andy Warhol, era uno dei modelli più richiesti (i lettori più scafati procedevano al “gratta e vinci” cancellando il pezzetto di stoffa e godendosi la superdotazione). Bisteccone Baldwin fa oggi bella mostra di sé nella serie di Tina Fey “30 Rock”, più sexy che mai nella parte di Jack Donaghy. Telefona a una certa “Condy”, e del giovane usciere entusiasta cresciuto nella “Bible Belt” dice: “Tra qualche anno sarà il nostro capo, o saremo tutti morti per mano sua”. Il vecchio soprannome non lo ricorda più nessuno. Una serie azzeccata di piccoli ruoli – come ex marito che si mette in posa nudo davanti al computer, come insegnante di corteggiamento, perfino come professore di women’s studies” – lo hanno fatto apprezzare anche da chi si ostina a non guardare le serie tv (non siamo noi fissati, è che la nuova idiozia ha preso il posto della vecchia idiozia “non ho neanche la tv”). A sferrargli un colpo basso (e a ricordarci quanto i maschi con il passare del tempo migliorano) è un’anticipazione del numero di Vanity Fair in uscita ad agosto. 18 fotografie di Alec Baldwin da giovane: con i fratelli (sono sei in tutto, due però hanno scelto altre carriere), senza i fratelli, con addosso una maglietta fucsia, con i calzoncini da tennis stretti e corti, con certe spaventose pettinature anni 80, con la barba di tre giorni assieme a Jamie Lee Curtis, con i tatuaggi e un pistolone sul set di “Miami Blues”.

    Con il giubbotto di pelle e jeans appare a fianco di Whitney Houston: erano insieme in una puntata del “Saturday Night Live” del 1981. Con pettinatura e cravatta che lo fanno somigliare a Dan Draper – o almeno a Jon Hamm – solleva da terra Glenn Close, come un novello sposo in attesa di varcare la soglia di casa. Non male per uno che aveva cominciato con le soap. Più passa il tempo, più diventa presentabile. Siamo sicuri che faccia la sua parte anche un senso di autoironia tardivamente sviluppato (o forse nascosto benissimo quando giocava al bisteccone). Fa naso a naso con Meg Ryan. Inforca un paio di occhiali per accompagnare Kim Basinger alla prima di un film di Robert Altman. Si atteggia a Marlon Brando – con camicia sopra la canotta – in un adattamento televisivo di “Un tram che si chiama desiderio”. Gli sta accanto Jessica Lange, in abitino sudista da Blanche DuBois. Questo è il ghiotto antipasto. Altri pettegolezzi, sui matrimoni andati a male e l’idea di candidarsi a sindaco di New York, saranno nell’articolo di copertina. Titolo: “Smart Alec”.