Vertice dopo vertice
Così l'Europa tenta di tornare alla testa dei mercati imbizzarriti
L’integrazione politica, economica e finanziaria necessaria a salvare la zona euro rischia di essere più lenta del processo di disintegrazione della moneta unica. I ministri delle Finanze dell’Eurogruppo ieri hanno faticosamente cercato di fare passi avanti sui dettagli dell’accordo raggiunto al vertice europeo del 28 e 29 giugno sulla ricapitalizzazione delle banche spagnole e il meccanismo anti spread chiesto dall’Italia. Ma i mercati sembrano aver fiutato un possibile fallimento, mentre l’Eurogruppo è già pronto a riconvocarsi il 20 luglio e si parla di nuovi vertici dei capi di stato e di governo.
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Bruxelles. L’integrazione politica, economica e finanziaria necessaria a salvare la zona euro rischia di essere più lenta del processo di disintegrazione della moneta unica. I ministri delle Finanze dell’Eurogruppo ieri hanno faticosamente cercato di fare passi avanti sui dettagli dell’accordo raggiunto al vertice europeo del 28 e 29 giugno sulla ricapitalizzazione delle banche spagnole e il meccanismo anti spread chiesto dall’Italia. Ma i mercati sembrano aver fiutato un possibile fallimento, mentre l’Eurogruppo è già pronto a riconvocarsi il 20 luglio e si parla di nuovi vertici dei capi di stato e di governo. I rendimenti dei Bonos spagnoli sono tornati così a superare la soglia del 7 per cento. Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi ha chiuso in salita a quota 478 punti base.
Per il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, servono “azioni coraggiose”, ma anche tempo per il risanamento e le riforme e una visione per il futuro dell’euro. “Perché abbiamo ancora tensioni in un certo numero di segmenti di mercati?”, ha chiesto Draghi in un’audizione all’Europarlamento. “Sono stati fatti molti progressi a livello di paesi e di area euro in termini di riforme economiche e governance. Ma abbiamo ancora bisogno di una piena implementazione”. Secondo Draghi, “il messaggio centrale” deve essere che “l’euro è qui per restare e l’area euro farà tutti i passi necessari per assicurarlo”. Il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti, ieri nelle vesti di ministro dell’Economia, è stato attivo sui “dettagli operativi” del meccanismo anti spread. Prima del vertice ha incontrato il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, e il commissario Ue Olli Rehn, da cui ha ricevuto un plauso per il decreto sulla spending review. Il francese Pierre Moscovici ha difeso soluzioni “rapide” sul “meccanismo chiesto da Monti”. Ma il fronte nordico ha ribadito i suoi “no”.
“Noi finlandesi auspichiamo condizioni forti per sostenere i paesi europei che lo richiedono”, ha ribadito la ministra delle Finanze, Jutta Urpilainen. Per l’olandese Jan Kees de Jager, i problemi dell’area euro “non si possono risolvere con i prestiti”.
Al vertice, l’Italia si è assicurata che non ci saranno condizioni aggiuntive, in caso di richiesta di acquisti di bond sui mercati primari e secondari. Per l’Eurogruppo, la barra è stata posta molto in alto: nessun coinvolgimento del Fondo monetario internazionale e una soglia di spread prefissata per attivare lo scudo. Per aumentare la potenza di fuoco del meccanismo anti spread, Monti vorrebbe che sia la Bce a comprare le obbligazioni, usando come garanzia le risorse del Fondo salva stati. La battaglia si gioca sulle linee guida del Fondo salva stati permanente (Esm), che dovranno essere approvate dai ministri delle Finanze e su cui l’Eurogruppo ieri ha iniziato a lavorare. “Le linee guida dell’Esm devono ancora essere scritte”, spiega al Foglio una fonte europea. Riaprendo un cantiere delicato che era stato chiuso in novembre, il rischio è che ci vogliano mesi prima che l’Esm sia operativo. Ma se si copieranno le linee guida del Fondo Efsf, l’Italia uscirebbe sostanzialmente sconfitta: nessun automatismo, monitoraggio di Commissione e Bce, e risorse molto limitate.
Draghi ieri ha bacchettato i paesi come Finlandia e Olanda che “minano la credibilità” della zona euro, contraddicendo le misure approvate al vertice. Intanto i ministri delle Finanze hanno tentato di smentire l’immagine di un Eurogruppo incapace di essere all’altezza dell’urgenza. E’ stato trovato un accordo di principio sul memorandum di intesa con la Spagna, primo passo per sbloccare i miliardi per le banche. A Madrid dovrebbe anche essere concesso un altro anno per riportare il deficit al 3 per cento. Ma sulla ricapitalizzazione diretta delle banche – che aveva fatto esultare i mercati la scorsa settimana – tutto è rinviato al 2013, quando il Fondo Esm sarà operativo e la vigilanza bancaria sarà effettivamente passata alla Bce. Inoltre si è aperto uno scontro sulle garanzie che il governo spagnolo dovrebbe fornire: la Germania chiede che Madrid rimanga responsabile degli aiuti, mentre la Commissione dice che “non è necessario” perché l’obiettivo è “rompere il circolo vizioso tra banche e debito sovrano”. Nel frattempo, la Spagna riceverà gli aiuti dal Fondo salva stati temporaneo Efsf con un peggioramento “temporaneo” del debito, ha ammesso Draghi, che vede comunque “un barlume di speranza”.
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