Superpoteri in onda
Tarantola presidente Rai, ma non è la fine della storia
La commissione di Vigilanza ha nominato Anna Maria Tarantola presidente Rai (con 31 voti favorevoli, nessun voto contrario e con l’assenza di Lega, Idv e del radicale Marco Beltrandi), ma non è questa la fine della storia. E’ anche arrivata la sentenza del Tar Lazio (“illegittimo oscurare i canali Rai su piattaforma Sky”), ma dopo la nomina si parla soprattutto del fatto che per riformare, e per fare riforme significative (non solo in Rai), si è dovuto e si dovrà passare per una qualche forma di investitura personale
La commissione di Vigilanza ha nominato Anna Maria Tarantola presidente Rai (con 31 voti favorevoli, nessun voto contrario e con l’assenza di Lega, Idv e del radicale Marco Beltrandi), ma non è questa la fine della storia. E’ anche arrivata la sentenza del Tar Lazio (“illegittimo oscurare i canali Rai su piattaforma Sky”), ma dopo la nomina si parla soprattutto del fatto che per riformare, e per fare riforme significative (non solo in Rai), si è dovuto e si dovrà passare per una qualche forma di investitura personale con forte conferimento di potere, come se il commissariamento agitato nell’aria dal premier Mario Monti alla vigilia del voto fosse avvenuto comunque, in forme più larvate. La polemica sulle “deleghe” del presidente Rai resta in piedi al di là del verdetto favorevole ad Anna Maria Tarantola. Dal centrodestra si insiste perché siano soltanto superpoteri economici e non di nomina, quelli del nuovo presidente: il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri ha ricordato ancora una volta il “rispetto delle norme e della giurisprudenza della Corte”, mentre il capogruppo del Pdl in Vigilanza Alessio Butti ha spiegato: “Vigileremo sul rispetto della legge in materia di conferimento delle deleghe”. Dal Pd si grida al “due pesi e due misure” (lo fa il segretario Pier Luigi Bersani quando vede alcuni uomini del Pdl varcare la soglia di Palazzo Chigi: “Se il Pdl ritiene di essere padrone della Rai, allora pagherà anche il canone”, dice mentre risponde a Monti sul più generale tema della concertazione: “Nessuno deve avere il diritto di veto, con il dialogo abbiamo fatto riforme nette”). Chi era in Rai ai tempi dei professori dice “che stavolta è diverso, stavolta non si parla soltanto di un semplice sbilanciamento di poteri”; chi non c’era, nella Lega e nell’Italia dei valori, critica le presunte “logiche salottiere” e il “metodo” con cui si è giunti alla designazione di Tarantola. Il presidente della Vigilanza Sergio Zavoli dice che il compito della commissione non è ancora finito, che si dovrà “indirizzare l’iter del processo rifondativo”, ma intanto gli scontenti e i soddisfatti si contano: si era partiti con un presidente designato fornito di delega per decidere anche sulle nomine non giornalistiche; si arriva, per ora, a un presidente più potente di prima, ma non si sa ancora di quanto.
“Io commissarierei” (dice Aldo Grasso)
Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, preferirebbe a questo punto “commissariarla del tutto, la Rai”, anche se gli sembrerebbe “già un buon segno veder diventare effettivo l’annuncio fatto una settimana fa sugli uffici dei nuovi consiglieri Rai: non avere più una stanza al settimo piano di Viale Mazzini, tradizionale avamposto dei partiti, sarebbe già una grande vittoria, un auspicio di governabilità per l’azienda”.
“Rai da commissariare”, si era detto nel Pd e nell’Udc pochi giorni fa. Non c’è stato commissariamento, ma l’ombra della questione Rai si allunga oltre gli auguri di rito del presidente uscente Paolo Garimberti al successore Anna Maria Tarantola. “Chi governerà davvero in Rai”, dice un dirigente in Viale Mazzini, “dipende da quanto reale sarà il trasferimento di potere che non sarà mai, io credo, un mero allargamento sul tetto di spesa dei contratti”.
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