Dodici morti al cinema

Da Oslo a Denver, le stragi sono sempre più sofisticate

Daniele Raineri

Nel massacro in Colorado, così come in quello dell’isola norvegese di Utoya – domenica sarà un anno esatto dalla strage – gli stragisti sono stati meticolosi, organizzati, si sono preparati con mesi di anticipo. Il norvegese Breivik da solo ha ideato un piano di guerra così ambizioso e complesso da sembrare quello di un gruppo terroristico al completo: prima un’autobomba in centro per creare allarme lontano dal vero obiettivo, quindi la corsa travestito da poliziotto al raduno dei giovani socialisti, dove li chiamava a raccolta per “metterli in salvo”.

    Pure le carneficine non sono più quelle del passato e il loro livello di sofisticazione si è adeguato ai tempi, si è alzato, obbedisce a una tecnica più raffinata. I raptus erano raptus per definizione, impulsi improvvisi di intensità tale che per lo sparatore non c’erano santi: doveva premere il grilletto, preda del demone personale. In America si era pure trovata un’espressione curiosa per questi casi, ed era “going postal”, perché pare che gli impiegati negli uffici postali gli impiegati fossero più esposti a questo rischio d’impazzimento, per colpa degli ambienti monotoni e dei tagli arbitrari al budget fatti dal governo. Almeno venti incidenti in dieci anni, a partire dal 1986, e quaranta morti.
    Se è possibile notare una differenza con il passato, perché sulle motivazioni e sui demoni è ancora troppo presto per pronunciarsi, è che ora c’è più metodo nella follia.

    Nel massacro in Colorado, così come in quello dell’isola norvegese di Utoya – domenica sarà un anno esatto dalla strage – gli stragisti sono stati meticolosi, organizzati, si sono preparati con mesi di anticipo. Il norvegese Breivik da solo ha ideato un piano di guerra così ambizioso e complesso da sembrare quello di un gruppo terroristico al completo: prima un’autobomba in centro per creare allarme lontano dal vero obiettivo, quindi la corsa travestito da poliziotto al raduno dei giovani socialisti, dove li chiamava a raccolta per “metterli in salvo”. Seung-Hui Cho, che uccise 32 studenti alla Virginia Tech e poi si suicidò, lasciò un video trionfante e chiaramente meditato da tempo su YouTube (ma questo è ormai da considerarsi il livello base: tutti hanno una rivendicazione pronta per Internet). Ieri l’americano James Holmes ha prima lanciato un candelotto di gas lacrimogeno all’interno della sala del cinema dov’era in proiezione l’ultimo capitolo di Batman, un po’ come i battitori che avanzano prima dei cacciatori e fanno rumore per far muovere la selvaggina, e poi ha abbattuto senza pietà gli spettatori in fuga con un fucile e due pistole. Sul volto indossava una maschera antigas per non patire gli effetti del candelotto (che lo rendeva simile al cattivo di turno del film di Batman). Il risultato: dodici morti e cinquanta feriti, alcuni in condizioni gravissime.

    Che ci fosse stata una lunga incubazione è evidente dalla frase cupissima della madre di Holmes, che alla polizia ha detto: “Avete preso l’uomo giusto”. Non è più tempo per “era un ragazzo d’oro, chi l’avrebbe mai detto, non riesco a crederci”. Quando gli agenti sono arrivati all’appartamento dello stragista – a soli sei chilometri dal cinema – sono stati costretti a fare evacuare tutti gli edifici nel raggio di cinque isolati perché era stato trasformato in una trappola esplosiva: se ne sono accorti perché hanno agito con prudenza, salendo sulla scala meccanica dei vigili del fuoco, rompendo il vetro di una finestra e inserendo una telecamera fissata alla cima di un’asta di quattro metri all’interno della casa. Procedure mai usate prima con i postini bruciati mentalmente dallo stress. Ora lo studente di neurologia Holmes abbandona gli studi e sceglie un luogo che sa essere strapieno per massimizzare le dimensioni del disastro.

    Se ci sono ancora “mass shooting” improvvisati è perché spesso ci sono di mezzo le gang, come nel caso del centro commerciale di Toronto, dove a giugno un uomo ha aperto il fuoco uccidendo una persona e ferendone altre sei. Si sparano fra loro, e se capiti in mezzo, amen. Fra i sopravvissuti agli spari di Toronto c’era Jessica Ghawi, aspirante cronista sportiva di Aurora, Colorado, che ieri su Twitter scriveva felice di essere andata alla prima visione di Batman e prendeva in giro gli amici sfigati che non l’avevano seguita nel suo entusiasmo. Venti minuti dopo Ghawi è rimasta uccisa.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)