Cambio di passo della crisi: i fatti

Salvatore Merlo

La spinta è verso le elezioni anticipate e, al di là di quello che (non) accade in superficie, nei dedali sotterranei che collegano tra loro le segreterie di partito è tutto in movimento. La legge elettorale, apice di un accordo politico, è praticamente pronta, l’intenzione del vecchio (e mai veramente morto) ABC è quella di arrivare al voto sulla riforma entro i primi di agosto. Il testo c’è già: per i partiti è una via d’uscita che lascia aperta ogni ipotesi sugli orizzonti futuri, ma che pure in tutta evidenza spiana la strada a un accordo di sistema per le elezioni anticipate e il prosieguo dell’agenda Monti (con o senza Mario Monti).

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    La spinta è verso le elezioni anticipate e, al di là di quello che (non) accade in superficie, nei dedali sotterranei che collegano tra loro le segreterie di partito è tutto in movimento. La legge elettorale, apice di un accordo politico, è praticamente pronta, l’intenzione del vecchio (e mai veramente morto) ABC è quella di arrivare al voto sulla riforma entro i primi di agosto. Il testo c’è già: per i partiti è una via d’uscita che lascia aperta ogni ipotesi sugli orizzonti futuri, ma che pure in tutta evidenza spiana la strada a un accordo di sistema per le elezioni anticipate e il prosieguo dell’agenda Monti (con o senza Mario Monti). Dunque la proposta avanzata in termini riservati da Giorgio Napolitano e dallo stesso professor Monti a Pier Luigi Bersani, Silvio Berlusconi (dunque Angelino Alfano) e Pier Ferdinando Casini è precipitata da qualche giorno come un seme sul terreno fertile di una comune logica di vantaggio per Pd, Pdl e Udc che osservano l’avvitarsi inesorabile della crisi. Come nella Prima Repubblica, anche in questo ultimo scampolo di Seconda Repubblica le elezioni precipitano forse all’improvviso; cioè quando la roulette sembra impazzita ma poi la pallina si ferma, brutalmente, sul numero giusto.

    Tutti negano. Sia dentro il Pdl sia dentro il Pd quasi nessuno si esprime pubblicamente a favore delle elezioni anticipate, e persino Monti dice di aver avuto l’incarico “per arrivare alla fine della legislatura”; ed è il segno di un’inclinazione forse ancora incerta, di un progetto che prende forma lentamente nelle stanze più riservate di Via del Nazareno, sede del Pd, e di Palazzo Grazioli, dove il Cavaliere ha personalmente dato il via libera (lo scorso fine settimana) alla bozza di riforma della legge elettorale. Napolitano e Monti, nei loro frequenti colloqui con i leader di partito, hanno vincolato l’ipotesi delle elezioni anticipate a una sorta di patto che Pdl, Pd e Udc dovrebbero sottoscrivere. Due sono i punti impegnativi: il primo prescrive la necessità di riformare con estrema urgenza la legge elettorale, senza perdere ulteriore tempo (Monti ha insistito anche ieri, con un’intervista concessa a un quotidiano russo); il secondo, persino più delicato, riguarda invece la natura delle coalizioni che dovrebbero costituirsi a ridosso delle urne. Napolitano ha fatto capire con estrema chiarezza che non ci sono margini per avventure politiche al di fuori del perimetro della cosiddetta “agenda Monti”, e dunque gli schieramenti di centrosinistra e di centrodestra, pur nella loro inevitabile alternatività sul mercato del consenso elettorale, non potranno che muoversi all’interno di un recinto di continuità che non può escludere – ma questo aspetto rimane evidentemente sottotraccia – nemmeno una riconferma del professor Monti a Palazzo Chigi.

    L’anello più debole dell’operazione rimane il Pd (il Pdl appare un po’ più dimesso, e al rimorchio delle scelte altrui). Nel Partito democratico, gli avversari interni di Bersani ancora temono che il segretario possa essere tentato dal rifiutare il primo, e sostanziale, vincolo posto dal Quirinale: la riforma del sistema di voto. Su Bersani premono in tanti, non solo gli alleati arrembanti Vendola e (da fuori) Di Pietro, ma anche dall’interno della segreteria. Con il porcellum, infatti, il centrosinistra vince ma forse non governa. Tuttavia le maglie della trama politica intessuta da Napolitano sembrano essersi strette troppo intorno al segretario con la complicità operosa dei montiani del Pd. E d’altra parte il partito di Bersani ha troppo insistito nella denuncia del porcellum per poter adesso tentare di conservarlo surrettiziamente. Così, dicono che “non vorrebbe ma Bersani è ormai costretto ad accettare la riforma elettorale”, la cui conseguenza sono le elezioni anticipate e un governo tipo Monti; perché, come ha spiegato Enrico Letta al Foglio pochi giorni fa, in realtà nessuno dei partiti e nessuna delle diverse alleanze omogenee avrebbe i numeri per governare al di fuori di una logica di grande coalizione. “Oggi nessuno può verosimilmente escludere né la grande coalizione né le elezioni anticipate”, dice al Foglio, e in controtendenza con il suo Pdl, anche Gaetano Quagliariello.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.