Con il presidenzialismo il Pdl si è messo nel sacco (di D'Alema)

Salvatore Merlo

Una riforma impossibile e anche inutile sotto il cinico profilo della tattica politica. Il Pdl e la Lega, in Senato, hanno appena approvato a maggioranza, in prima lettura, l’abolizione del bicameralismo perfetto, primo passaggio verso l’approvazione del presidenzialismo. Si tratta di una riforma costituzionale che richiede ben quattro passaggi parlamentari tra Camera e Senato; una riforma che in cuor loro gli stessi promotori, gli uomini del centrodestra, sanno benissimo non vedrà mai la luce per mancanza di tempo.

    Una riforma impossibile e anche inutile sotto il cinico profilo della tattica politica. Il Pdl e la Lega, in Senato, hanno appena approvato a maggioranza, in prima lettura, l’abolizione del bicameralismo perfetto, primo passaggio verso l’approvazione del presidenzialismo. Si tratta di una riforma costituzionale che richiede ben quattro passaggi parlamentari tra Camera e Senato; una riforma che in cuor loro gli stessi promotori, gli uomini del centrodestra, sanno benissimo non vedrà mai la luce per mancanza di tempo. In un Parlamento ammanettato, dove tutto si impaluda e niente si muove, gli ambienti della ex maggioranza berlusconiana ritengono che questa del presidenzialismo sia una grande trovata, una manovra utile, spendibile nel futuro prossimo sul mercato della campagna elettorale: il Pdl potrà dire di aver tentato le necessarie riforme istituzionali, e potrà accusare il Pd di aver praticato un ottuso ostruzionismo di maniera; mentre la Lega potrà ancora sventolare la bandiera ormai un po’ logora del Senato federale, che è corollario di questa riforma complessa, mastodontica e persino un po’ (nella troppa fretta) pasticciata. In realtà difficilmente le cose andranno in questo modo, difficilmente la realtà si piegherà alle speranze del centrodestra. D’altra parte il gioco furbesco e pre-elettorale di Pdl e Lega è troppo scoperto per non rivelare persino degli accenti farseschi. Ma c’è anche un profilo drammatico, per il Pdl.

    L’effetto di tutta questa operazione di marketing rischia di centrare un obiettivo esattamente contrario rispetto a quello che la ex maggioranza ritiene di poter ottenere. La riforma impossibile offre argomenti capziosi ma convincenti a una parte centrosinistra per sostenere l’impossibilità di una futuro rapporto di collaborazione, di grande coalizione, con il Pdl nella prossima legislatura. E per capirlo, oggi basta leggere l’intervista che Massimo D’Alema ha rilasciato all’Unità. Per D’Alema la “strana” maggioranza che sostiene il governo Monti è già finita, appartiene all’universo semantico dell’eccezione (non della regola), è insomma un capitolo chiuso e da non riaprire più perché “abbiamo a che fare con forze politiche totalmente inaffidabili – dice D’Alema – e questa scarsa affidabilità alimenta tutte le incertezze per il futuro. Ora non vorrei che la ritrovata convergenza tra Pdl e Lega venga utilizzata per impedire la riforma elettorale e paralizzare la situazione”. Insomma D’Alema, sempre convinto di essere più furbo di quelli che pensano di essere furbi, è utile a capire in quale magnifica trappola si sta per infilare il Pdl con questa impossibile riforma presidenzialista. D’altra parte non è Silvio Berlusconi a non volere la riforma elettorale, ma è Bersani a non volerla troppo (è lui che guadagna dal porcellum, è lui che vince con la legge elettorale porcata). E dunque questa storia grottesca della riforma presidenzialista serve a stendere sul tavolo della politica una tovaglia di ipocrisia tattica necessaria al Pd per poter sostenere agilmente, qualora dovesse rimanere il porcellum (come vogliono loro), che la colpa è ovviamente del Cavaliere inaffidabile. Certo, le manovre di D’Alema sono famose tanto per la loro raffinatezza quanto per la loro irrimediabile tendenza al fallimento. E questa è l’unica fortuna del Pdl.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.