Il Libor ci riporta al 2008, alla stessa faccia “odiosa” di Geithner

Paola Peduzzi

Lo scandalo Libor ha il sapore acido e inconfondibile del 2008, riporta tutto indietro a quando lo choc finanziario è cominciato, prima che la crisi delle banche diventasse crisi delle aziende, crisi delle leadership e crisi di paesi e continenti. Secondo Reuters, il dipartimento della Giustizia americano sta arrivando alla conclusione dell’inchiesta partita tre anni fa, ci saranno arresti, incriminazioni civili e penali, con un danno stimato da Dealbook in “decine di miliardi di dollari” per il settore finanziario americano.

    Lo scandalo Libor ha il sapore acido e inconfondibile del 2008, riporta tutto indietro a quando lo choc finanziario è cominciato, prima che la crisi delle banche diventasse crisi delle aziende, crisi delle leadership e crisi di paesi e continenti. Secondo Reuters, il dipartimento della Giustizia americano sta arrivando alla conclusione dell’inchiesta partita tre anni fa, ci saranno arresti, incriminazioni civili e penali, con un danno stimato da Dealbook in “decine di miliardi di dollari” per il settore finanziario americano. Nel Regno Unito dove tutto è cominciato – il Libor è il London Interbank Offered Rate, il tasso al quale le banche prendono in prestito fondi dalle altre banche nel mercato interbancario di Londra: viene fissato su base quotidiana – l’accusa di aver manipolato il tasso a fini personal-politico-finanziari ha già fatto il giro del quadro istituzionale, facendo perdere il posto a un banchiere, facendo perdere la ragione al cancelliere dello Scacchiere, facendo perdere la credibilità al governatore della Banca centrale e facendo perdere la possibilità di diventare governatore all’attuale vice governatore.

    Come già nel 2008, il contagio transoceanico è stato rapido ed è andato a colpire gli stessi personaggi che quattro anni fa furono protagonisti non proprio positivi dello choc di Wall Street. Documenti resi pubblici una decina di giorni fa dimostrano che la Fed di New York sapeva bene dei problemi potenziali causati dalle manipolazioni sul Libor fatte da Barclays, la banca inglese da cui è partito lo scandalo: durante le testimonianze sul caso, a Londra, le autorità britanniche hanno dichiarato di non aver mai ricevuto allarmi da parte della Fed di New York sulla possibilità che Barclays stesse infrangendo la legge. La commissione del Congresso americano che indaga sulla questione ha così chiesto documenti aggiuntivi alla Fed di New York, per capire il ruolo dei tre grandi istituti americani che hanno voce nella definizione del tasso Libor – JPMorgan Chase, Citigroup e Bank of America (trilioni di dollari in mutui e altri prodotti finanziari sono legati al Libor).

    Secondo le ricostruzioni, Barclays aveva informato nel 2008 il capo della Fed di New York di aver manipolato il tasso, ma Timothy Geithner, che oggi è il segretario al Tesoro di Barack Obama, non riferì la questione a nessuna autorità, né americana né europea. Geithner ha dichiarato in un’intervista alla Cnbc di aver invece espresso più volte le sue preoccupazioni sul processo di fissazione del Libor – “difettoso e vulnerabile”, l’ha definito. Ma secondo un editoriale del New York Times di domenica (editoriale parecchio forcaiolo, in cui il quotidiano newyorchese si augura una dipartita del ministro e fa il nome di un probabile successore eticamente più presentabile), Geithner ha trattato il problema come se fosse una questione tecnica, “non un modo improprio e potenzialmente criminale di fissare un tasso d’interesse tanto importante”. Così alle molte responsabilità che Geithner ha avuto nella gestione dello choc finanziario del 2008, prima alla Fed di New York poi al dipartimento del Tesoro, sempre in balìa delle pressioni ingestibili dei banchieri e dei loro alleati, si aggiunge anche quella di non aver compreso – o peggio: di aver volutamente ignorato – le conseguenze disastrose delle manipolazioni sul Libor.

    Come già gli è accaduto, Geithner è in buona compagnia. Anche Ben Bernanke, governatore della Federal Reserve, è stato tirato dentro lo scandalo: in una testimonianza al Congresso ha amesso di non essere mai stato molto “confident” su come veniva fissato quel tasso. Che è un po’ come dire che sapeva ma, con tutto quel che c’era da sistemare, il Libor è passato in secondo piano. Ma la compagnia migliore è quella del duo londinese alla Banca d’Inghilterra, il governatore Mervyn King e il suo vice Paul Tucker (quello che era in pole position per prendere il posto del suo capo, ma ora nessuno scommette più una sterlina sul suo futuro). Entrambi hanno sostenuto di essersi preoccupati di quel che avveniva attorno alla fissazione del Libor, ma non hanno mai pensato ci fosse una manipolazione sistematica del tasso. Venerdì scorso però sono stati resi pubblici alcuni documenti della Banca d’Inghilterra che rivelano che il sospetto di attività illecite risale già al 2007.

    Il libro da comprare oggi
    La Reuters, che ha fonti tra gli avvocati che si occupano dell’inchiesta federale, sostiene che gli arresti sono imminenti: sono state trovate email di un gruppo di trader che ricostruiscono i piani fatti per guadagnare soldi manipolando i tassi (oltre al Libor, c’è anche l’Euribor). E così anche questo scandalo finisce per essere il risultato di una cultura del mondo finanziario basato su grandi rischi e grandi guadagni – con sconfinamenti nell’irresponsabilità. Vi sembra un film già visto? Aspettate di leggere “Bailout: An Inside Account of How Washington Abandoned Main Street While Rescuing Wall Street”, il libro scritto da Neil Barofsky, nelle librerie americane a partire da oggi. Neil Barofsky era il “poliziotto” del Tarp, il programma da 700 miliardi di dollari che doveva rimettere insieme il sistema finanziario dopo la crisi del 2008. Prima di arrivare a New York, Barofsky si era occupato di narcotrafficanti colombiani, “ma ho imparato a caro prezzo la legge di Washington”, scrive. Leggendo le anticipazioni del libro, si scopre che c’erano tre modi per fare da controllore: “A lap dog, a watchdog or a junkyard dog”. Il primo (cagnolino) è “troppo timido”, ma è bene non comportarsi nemmeno come il terzo (un mastino). “Quello che tu vuoi essere è un cane da guardia”, gli fu spiegato, “le autorità devono percepirti come un partner costruttivo ma indipendente, in modo che tu possa aiutare tutti, così tutti stiamo meglio”. Barofsky pensava di poter agire in modo davvero autonomo rispetto al dipartimento del Tesoro, ma poi si è imbattuto in funzionari e regolatori che gli hanno fatto capire che l’importante era continuare a massimizzare i ricavi del sistema finanziario, senza farsi nemici. E poiché l’aria del 2008 è davvero acida e inconfondibile, Barofsky non soltanto tratteggia un “Bailout” triste e meschino, ma colpisce dritto al cuore il solito Geithner. Non soltanto “aiutare le banche piuttosto che le famiglie era la priorità del Tesoro”, ma anche, riferendosi a un incontro del 2009: “I modi bruschi di Geithner mi sono sembrati odiosi. Parlava a persone che avevano lavorato per mesi per cercare di salvare il sistema finanziario e non si è mai preoccupato di riconoscere gli sforzi fatti. Però ha passato tutto il tempo a dirci di rilasciare dichiarazioni vaghe ai media e minimizzare i conflitti interni al Tesoro. It was bizarre”.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi