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Travolti dalla crisi economica che ormai dura da quattro anni, gli Stati Uniti  – e più in generale l’Occidente – sono ormai avviati a quel declino inesorabile di cui parlava già tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta Samuel Huntington? A quanto pare sì, almeno secondo Niall Ferguson, che sull’ultimo numero di Newsweek indaga ragioni e rischi di quella che ormai viene definita vera e propria stagnazione mondiale.

    Travolti dalla crisi economica che ormai dura da quattro anni, gli Stati Uniti  – e più in generale l’Occidente – sono ormai avviati a quel declino inesorabile di cui parlava già tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta Samuel Huntington? A quanto pare sì, almeno secondo Niall Ferguson, che sull’ultimo numero di Newsweek indaga ragioni e rischi di quella che ormai viene definita vera e propria stagnazione mondiale. La Cina, al contrario, cresce più di tutti, a ritmi insostenibili (anche se in lieve calo rispetto agli ultimi tempi): mentre l’economia europea andrà incontro a una sensibile contrazione e gli Stati Uniti cresceranno di appena il 2 per cento, Pechino farà molto meglio. I motivi del declino costante, scrive Ferguson, sono tanti: dai debiti sempre più pesanti che rappresentano un freno alla crescita ai prezzi degli immobili, fino alla crisi delle banche. Due sono le alternative per uscire dalla depressione: seguire Adam Smith e favorire il libero scambio, meno burocrazia, meno clientelismi, più spazio e aiuti alle piccole e medie imprese. Oppure, aggiunge Ferguson, puntare sull’innovazione tecnologica. L’importante “è essere ottimisti”.

    Anche Frank Rich sul New York Magazine si interroga sul destino dell’America, stretta tra l’ideale eccezionalismo e la prospettiva declinista. Rich parla di panico declinista, che si è acuito con la candidatura di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti: nero e giovane, così distante dal mito dello Zio Sam capace di riportare l’America indietro nei decenni, quando era il grande dominatore della scena globale. Obama è il simbolo di una nuova società, di un cambiamento culturale. Ma proprio la sua elezione, aggiunge Rich, rappresenta il trionfo dell’eccezionalismo americano in un paese che ha vissuto, sofferto e vinto la piaga della schiavitù.