Spread e politica, D'Alema attacca

Salvatore Merlo

Le forze della reazione si sono scatenate, la riforma della legge elettorale è a un passo e chi la teme – e teme le urne anticipate – ora viene fuori allo scoperto forte dello spread sopra quota 530 punti che diventa una leva per scardinare il fragile meccanismo messo in moto al Quirinale. Mario Monti oggi riceve i leader di Pdl e Pd (a l’Udc tocca domani). Il professore, che li sente al telefono quasi ogni giorno, tenterà forse un affondo diretto, usando – se gli riuscirà – Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini per stanare quel Pier Luigi Bersani di cui nell’Udc, per esempio, non si fidano fino in fondo.

    Le forze della reazione si sono scatenate, la riforma della legge elettorale è a un passo e chi la teme – e teme le urne anticipate – ora viene fuori allo scoperto forte dello spread sopra quota 530 punti che diventa una leva per scardinare il fragile meccanismo messo in moto al Quirinale. Mario Monti oggi riceve i leader di Pdl e Pd (a l’Udc tocca domani). Il professore, che li sente al telefono quasi ogni giorno, tenterà forse un affondo diretto, usando – se gli riuscirà – Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini per stanare quel Pier Luigi Bersani di cui nell’Udc, per esempio, non si fidano fino in fondo: è il segretario – dicono – che manda avanti Massimo D’Alema per spargere mine sul cammino di un governo di unità nazionale. E’ nel Pd che si annidano, ben occultate dagli errori del centrodestra (la riforma presidenzialista), le più forti resistenze anche alla riforma della legge elettorale.

    D’Alema, intervistato dall’Unità, ci va pesante: la strana maggioranza che regge il governo Monti per lui appartiene all’emisfero semantico dell’eccezione (non della regola), dunque nessun governo di unità (sovra)nazionale, niente grande coalizione, al contrario “la situazione si fa sempre più insostenibile – dice – Questo deve essere chiaro a tutti. Compresi il presidente del Consiglio e il presidente della Repubblica”. Dunque Napolitano e Monti sono avvertiti. La riforma elettorale? “Gli interlocutori non sono affidabili”, insiste D’Alema, malgrado sappia benissimo quanto i legati di Pdl e Pd, Denis Verdini e Maurizio Migliavacca, in questi ultimi giorni si siano invece profondamente capiti; e malgrado non sfugga a nessuno che l’interesse di Berlusconi – indebolito – sia quello di evitare assolutamente il voto con il porcellum. L’accordo ha fatto ancora passi in avanti, pare si stia per chiudere almeno dal punto di vista tecnico: niente preferenze, ci saranno i collegi uninominali proporzionali. Ma chi non vuole la riforma e il voto, ora dà segni di inquietudine e l’aggravarsi della crisi offre solidi argomenti emergenziali. “Ci vorrebbe il Napalm per vincere queste resistenze”, dice un senatore del Pd, uno di quelli che più di tutti tifa perché si chiuda quell’accordo sulla riforma elettorale pre requisito per lo scioglimento anticipato del Parlamento a ottobre con il rilancio dell’agenda Monti.

    “La riforma della legge elettorale va fatta subitissimo”, ha detto Bersani con un tono conciliante, così diverso da quello di D’Alema, e che corrisponde alle regole d’ingaggio consegnate al suo ambasciatore presso la corte del Cavaliere, il fidato Migliavacca. “Noi ci presentiamo alla trattativa in modo assolutamente flessibile”, ha spiegato il segretario del Pd cogliendo il clima emergenziale che ieri lo ha spinto a evocare, anche lui, la necessità di un intervento diretto della Bce sui titoli di stato italiani. Ma tutto si tiene, tutto è maledettamente intrecciato: l’economia, i destini del governo, le riforme e dunque la campagna elettorale che sembra già iniziata sulla cresta dello spread. “C’è un attacco all’euro e noi siamo in una situazione in cui non dovremmo essere. Ci siamo stati messi da dieci anni di favole”, ha detto Bersani. E ognuno si prepara, a modo suo, al peggio; la campagna elettorale è in ogni caso vicina.

    Monti oggi dovrà ottenere un accordo tra gentiluomini da Alfano, Bersani e Casini. “Dovranno collaborare”, la speculazione è ben oltre il livello di guardia. Con Napolitano, il professore tenterà l’ultimo appello diretto ai partiti, intanto, almeno, su quella riforma della legge elettorale senza la quale nessun governo di salvezza nazionale sarebbe possibile. Ma l’incastro tra la riforma e l’orizzonte delle elezioni anticipate non è semplice: si dovrebbe chiudere entro la prima metà di settembre la riforma elettorale per poi votare a ruota la Finanziaria e sciogliere il Parlamento in tempo utile per avere almeno un mese di campagna elettorale. Tuttavia l’evidente cambio di passo della crisi impone una reazione straordinaria, da tempo di guerra. “Ci chiudiamo in una stanza e non facciamo vacanze”, dice Casini. L’incognita più forte resta il partito trasversale di quanti cercano di gettare sabbia tra gli ingranaggi. Bersani, non da ieri, è uno dei sospettati.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.