Appetiti turistico-archeologici
Così Atene vende tutto a buon mercato per placare Berlino
Se sul fronte dei sacrifici il governo di Antonis Samaras annaspa alla cieca, su quello delle privatizzazioni è apparso più preparato: già prima delle elezioni il leader conservatore si era schierato in favore di questa misura, anche se riteneva “riduttivi” i calcoli della Troika secondo cui la messa sul mercato di aziende e asset pubblici avrebbe portato alle casse dello stato non più di 50 miliardi di euro.
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Atene. Se sul fronte dei sacrifici il governo di Antonis Samaras annaspa alla cieca, su quello delle privatizzazioni è apparso più preparato: già prima delle elezioni il leader conservatore si era schierato in favore di questa misura, anche se riteneva “riduttivi” i calcoli della Troika secondo cui la messa sul mercato di aziende e asset pubblici avrebbe portato alle casse dello stato non più di 50 miliardi di euro.
In concreto, sono due le privatizzazioni che, se tutto va bene, dovrebbero completarsi entro l’estate del 2013. La più importante è quella che riguarda la società elettrica Dei, che detiene in regime di monopolio cinque centri di produzione elettrica a lignite. Secondo le dichiarazioni programmatiche del governo, sarà privatizzata seguendo il modello Bersani, applicato a suo tempo all’Enel: lo stato azionista di riferimento e azionariato diffuso. Resta da vedere infatti se la Troika si accontenterà dei centri di produzione, che già di per sé costituiscono una parte consistente della società, costantemente in attivo, con investimenti importanti in tutti i Balcani, che da sola contribuisce notevolmente al pil ellenico. Almeno due colossi tedeschi specializzati nella produzione di energia solare fin dall’anno scorso avevano firmato con il governo Papandreou un protocollo di intesa denominato piano Helios. In pratica, lo stato greco si impegnava a concedere tutto il settore solare della Dei e anche terreni demaniali a titolo gratuito per collocare i pannelli fotovoltaici. In cambio, la promessa di 1.800 assunzioni, in condizioni lavorative “speciali”.
Samaras non ha ripreso questo progetto, che è però indicativo dell’interesse internazionale per il settore energetico. I nemici della privatizzazione (Syriza e il potente sindacato interno) sollevano il problema della vendita delle azioni di Dei a un terzo del loro valore pre crisi. E’ già successo agli inizi dell’anno scorso con la società di telecomunicazioni Ote, quando la Deutsche Telekom ha comprato a prezzi stracciati un ulteriore 10 per cento della società privatizzata, provocando la ribellione e la conseguente cacciata dal governo dell’allora ministra dell’Economia Louka Katseli (ora passata a Syriza). La ripetizione dello stesso scenario con Dei, una dismissione frettolosa in condizioni di grande pressione internazionale, rischia di risolversi in un’ulteriore offesa ai conti pubblici greci.
Un’altra privatizzazione importante riguarda la Banca dell’Agricoltura Ate. L’istituto è da tempo in grave sofferenza (-26 miliardi nel 2012) ma controlla alcune delle migliori industrie agroalimentari del paese, con a capo Dodoni, 96,6 milioni di fatturato nel 2011, primo esportatore di yogurt in nord Europa. Un boccone prelibato che ha già ricevuto offerte dalla francese Lactalis e da altri produttori greci. Più a rilento vanno le vendite delle altre società controllate, l’industria zuccheriera ellenica, le coltivazioni ittiche, i tabacchi e.a.
Se è facile però piazzare società pubbliche in attivo e ben collocate nei mercati europei, ci sono poche speranze per le estremamente problematiche ferrovie pubbliche TrainOSE che da sole si sono mangiate più di 100 miliardi di euro nell’ultimo decennio. Le Ferrovie elleniche sono l’apoteosi della scandalosa gestione della cosa pubblica dei governi succedutisi negli ultimi 40 anni. Basta solo dire che le perdite sono abissali e che spesso gli stipendi dei circa 6 mila ferrovieri superano di quattro volte quelli del settore privato, anche se la maggior parte della rete ferroviaria greca è a scartamento ridotto e grandi tratti non sono elettrificati. Anzi, l’unica linea degna di questo nome è quella che collega l’aeroporto di Atene con Corinto, poco più di 100 chilometri, inaugurata in occasione delle Olimpiadi del 2004. Il governo cerca di sollecitare l’interesse dei compratori offrendo l’uso delle linee e l’acquisto delle società di rifornimento e di sostegno. Ma rimane un investimento colossale da fare in periodo di vacche magrissime.
Cadono a pioggia invece le proposte di “valorizzazione turistica” del litorale sud di Atene, dall’antico Falero fino a Capo Sounion, con il bellissimo tempio di Poseidone. E’ la parte più bella delle coste dell’Attica, tra qualche mese collegata con la capitale attraverso la metropolitana, a mezz’ora di macchina dall’aeroporto. C’è addirittura un progetto a firma Renzo Piano per la zona del vecchio ippodromo. Il boccone più prelibato è il vecchio aeroporto di Hellinicon, un’area di 7,5 chilometri quadrati che il sindaco avrebbe voluto trasformare in polmone verde per una città di cinque milioni di abitanti costantemente soffocata dallo smog. Molto probabilmente la spunterà un investitore del Qatar che punta a creare un grande parco giochi con mall annesso.
Samaras è convinto che le due privatizzazioni e le concessioni d’uso sulla litoranea sono la carta vincente per l’economia greca. Parlando al suo gruppo parlamentare ha dato per scontato che quest’anno la recessione toccherà il -7 per cento, l’anno prossimo si limiterà al -0,9 e lo sviluppo dovrebbe arrivare nel 2015 con un +2 per cento. Un’iniezione di ottimismo per un paese esausto.
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