“Spie dell'Armageddon”, così il Mossad ha ucciso gli scienziati iraniani
“Per una missione così pericolosa, come un assassinio nella capitale iraniana, il Mossad non fa affidamento su mercenari”. La rivelazione, contenuta nel libro di Dan Raviv e Yossi Melman “Spies against Armageddon”, sta facendo il giro del mondo. Nel libro i due noti giornalisti investigativi israeliani raccontano in dettaglio come agenti israeliani abbiano eliminato almeno quattro scienziati iraniani impegnati nel progetto nucleare. Quello che finora era stato un chiacchiericcio giornalistico, nel libro di Raviv e Melman diventa cronistoria.
“Per una missione così pericolosa, come un assassinio nella capitale iraniana, il Mossad non fa affidamento su mercenari”. La rivelazione, contenuta nel libro di Dan Raviv e Yossi Melman “Spies against Armageddon”, sta facendo il giro del mondo. Nel libro i due noti giornalisti investigativi israeliani raccontano in dettaglio come agenti israeliani abbiano eliminato almeno quattro scienziati iraniani impegnati nel progetto nucleare.
Quello che finora era stato un chiacchiericcio giornalistico, nel libro di Raviv e Melman diventa cronistoria. Alcuni mesi fa Meir Dagan, ex capo del Mossad, ha risposto con un sorrisetto malizioso quando gli è stato chiesto se era stato “Dio” a mettere a segno gli attentati in Iran (a ogni spettacolare eliminazione mirata, come quelle di Imad Mughniyeh e di Mahmoud al Mabhouh, il Mossad si è spesso lasciato andare a qualche smorfia di compiacimento). Come tutto quello che riguarda Israele e le sue operazioni di intelligence, bisogna aspettare qualche anno per conoscere la verità. I due giornalisti, intanto, hanno realizzato la più corposa e dettagliata storia delle operazioni clandestine dello stato ebraico, in cui il capitolo iraniano è il più importante e attuale.
Dal 13 gennaio 2010, cinque scienziati nucleari iraniani, esperti missilistici e tecnici sono stati uccisi da una mano invisibile. Altri sono morti nei mesi precedenti. Luglio 2011: Daryoush Rezaei, docente universitario esperto dell’Organizzazione atomica iraniana, è ucciso davanti la sua casa a Teheran da un killer in moto. Novembre 2010: lo scienziato nucleare Majid Shahriari muore a Teheran per una bomba “adesiva” attaccata alla sua auto. Gennaio 2010: Massud Ali Mohammadi, uno dei responsabili del programma nucleare, è ucciso a Teheran da una moto bomba. L’ultima vittima certa si chiamava Mostafa Ahmadi Roshan ed era il direttore del nuovo centro a Qom per l’arricchimento dell’uranio.
“I metodi, le comunicazioni, il mezzo di trasporto e anche le bombe usate nelle uccisioni a Teheran sono troppo sensibili perché il Mossad le abbia condivise con i mercenari”, scrivono Melman e Raviv. Le eliminazioni degli scienziati iraniani avrebbero quindi lo stampo “blu e bianco”: i colori della bandiera israeliana. Il libro spiega che agenti israeliani entrano ed escono dalla Repubblica islamica dell’Iran e che ci sarebbero persino “case sicure” per le spie ebraiche, risalenti al periodo in cui Gerusalemme aveva relazioni speciali con l’Iran della monarchia Pahlavi. Si dice che l’intelligence israeliana abbia collaborato con le minoranze in Iran che vogliono rovesciare il regime khomeinista, come curdi, baluci, azeri, sunniti e Mujaheddin e Khalq.
Ma l’esecuzione finale degli scienziati è stata opera di agenti israeliani. In particolare, della cosiddetta “Unità baionetta”, in ebraico Kidon. E’ il corpo scelto degli agenti del Mossad incaricati di portare a termine operazioni clandestine di assassinio e sabotaggio mirato di terroristi e organizzazioni nemiche. Provengono dalle teste di cuoio dell’esercito. E’ l’unità più segreta del Mossad, una sorta di servizio segreto dentro al servizio segreto.
Agenti del Mossad sarebbero penetrati in Iran attraverso numerose “rotte”, a cominciare dalla zona curda in Iraq. Negli ultimi anni, Israele avrebbe stretto una forte collaborazione con i curdi in nome della comune guerra contro gli arabi. Il libro spiega quanto rischiose siano state queste missioni per gli israeliani infiltrati in Iran: “Se fossero stati presi, sarebbero stati impiccati nella pubblica piazza”. Il Mossad farebbe uso anche della grande comunità ebraica iraniana espatriata all’estero. “Individui abbastanza coraggiosi da tornare in Iran per servire Israele”, si legge.
Il principale obiettivo della campagna di omicidi non è interrompere il programma atomico iraniano (gli scienziati uccisi vengono sostituiti), bensì di “spedire un messaggio chiaro agli iraniani e agli scienziati degli altri paesi che intendono lavorare per il programma nucleare. Il Mossad dice loro: ‘Restate nelle vostre aule e godetevi la vita universitaria, ma non aiutate l’Iran a diventare una potenza atomica, o le vostre vite potrebbero finire prima del previsto con un proiettile o una bomba’”. Se in passato scienziati russi, cinesi e pachistani hanno lavorato nelle centrifughe iraniane, oggi soltanto i nordcoreani sembrano intenzionati a farlo. La deterrenza funziona. Il libro racconta come il Mossad vanti numerosi precedenti storici nell’eliminazione di scienziati prestati ai nemici di Israele, come ad esempio l’operazione “Spada di Damocle”, con cui agenti israeliani uccisero scienziati tedeschi che avevano lavorato nella base nazista di Peenemünde e che si erano poi messi al servizio dell’Egitto. Poi ci sono gli scienziati prestati a Saddam Hussein, come il fisico egiziano Yehia Meshad, trovato morto nel 1980 in una stanza d’albergo di Parigi. O il caso dello scienziato canadese Gerald Bull, che regala a Saddam il sogno del “supercannone” con il quale sparare satelliti o proiettili nucleari.
Bull muore a Bruxelles, secondo Melman e Raviv, per mano di agenti del Mossad su ordine dell’ex premier Yitzhak Shamir, da poco scomparso. I due autori rivelano che in quegli stessi anni l’ex capo di stato maggiore e attuale ministro della Difesa, Ehud Barak, mise appunto con il Mossad il piano “Roveto” per eliminare un capo di stato straniero: Saddam Hussein. Commando israeliani erano già pronti a entrare in territorio iracheno per portare a termine la missione, che però fu congelata dai vertici dello stato per le ripercussioni che avrebbe avuto su Israele.
Il titolo del libro è dunque presto spiegato: nella teologia cristiana l’Armageddon, che sorge nei pressi della moderna città israeliana di Megiddo, è il sito dove avverrà la fine del mondo. Ma nella tradizione ebraica non ci sarà alcun evento calamitoso. Compito della mano invisibile d’Israele è prevenire il peggio.
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