E' partito l'assalto liberal a Mitt Romney

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Barak Obama è in difficoltà, la sua leadership vacilla, l’economia non va bene e le elezioni si avvicinano. E’ il momento giusto, dunque, per far partire l’assalto liberal contro Mitt Romney, il candidato repubblicano che a novembre contenderà al presidente in carica la Casa Bianca. Inadeguato, troppo incapace per andare a occupare la poltrona nella sala ovale, scrive Michael Tomasky su Newsweek.

    Barak Obama è in difficoltà, la sua leadership vacilla, l’economia non va bene e le elezioni si avvicinano. E’ il momento giusto, dunque, per far partire l’assalto liberal contro Mitt Romney, il candidato repubblicano che a novembre contenderà al presidente in carica la Casa Bianca. Inadeguato, troppo incapace per andare a occupare la poltrona nella sala ovale, scrive Michael Tomasky su Newsweek. E’ bastata la nuova e incredibile serie di gaffe collezionata dall’ex governatore del Massachusetts durante il suo viaggio a Londra (dove  – tra l’altro – ha rimproverato gli inglesi di non aver organizzato bene le Olimpiadi) perché il magazine facesse una copertina sul “wimp factor”, l’inetto Romney.

    Non è la prima volta che Newsweek fa così: già nel 1987 bollò come incapace George H.W. Bush, allora vicepresidente di Reagan, salvo poi dire oggi che quella frase era sbagliata, “un errore”. Non poteva mancare all’appello, ovviamente, Maureen Dowd, che sul New York Times sfoga tutta la sua indignazione per la performance di Romney a Londra, umiliato da tutti, “perfino dal sindaco Boris Johnson”. D’altronde, spiega Dowd, il candidato repubblicano è “programmato come un robot”, vive in un mondo tutto suo (dove la chiesa mormone ha un ruolo non indifferente, aggiunge perfidamente la columnist del New York Times) e si meraviglia, rimane sopreso quando gli altri non apprezzano quello che dice.

    E’ vero che Romney è un gaffeur, che parla come programmato da un computer, che non emoziona e che annoia. Ma lui qualche esperienza di governo ce l’ha, e ora è questo che dovrebbe contare, più che la sua fede e i busti di Churchill da rimettere alla Casa Bianca. Obama, quando quattro anni fa trionfò dopo una cavalcata epica, era un giovane avvocato di Chicago diventato senatore. E nulla di più. Parlava bene, incantava con slogan e promesse, faceva sognare. Ma quanto a conoscenza della macchina, dell’amministrazione e della burocrazia, era messo peggio del Mitt Romney di oggi.