Il minianticipo

L'imbroglio siciliano, le date volanti e altri giochini

Salvatore Merlo

E’ ancora presto per gli annunci, ma tutto precipita rapidamente, e da Palermo a Roma Pd e Udc non fanno che negoziare. Negli ambienti informati sulle mosse del Quirinale si dice che Giorgio Napolitano coltivi ancora l’idea di riuscire a centrare le elezioni anticipate, e gli annusamenti di queste ore tra Pd e Udc in realtà, nella confusione, giocano a favore di questa opzione. In Sicilia si vota a ottobre, e Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani sono già alleati a Palermo (per l’annuncio ufficiale manca poco).

    E’ ancora presto per gli annunci, ma tutto precipita rapidamente, e da Palermo a Roma Pd e Udc non fanno che negoziare. Negli ambienti informati sulle mosse del Quirinale si dice che Giorgio Napolitano coltivi ancora l’idea di riuscire a centrare le elezioni anticipate, e gli annusamenti di queste ore tra Pd e Udc in realtà, nella confusione, giocano a favore di questa opzione. In Sicilia si vota a ottobre, e Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani sono già alleati a Palermo (per l’annuncio ufficiale manca poco). L’Udc ipermontiana, allargata ai ministri tecnici, è la forza che – secondo Casini e forse persino secondo Napolitano – può ancorare il Pd pencolante a una agenda di governo in continuità con l’esperienza tecnocratica. L’unica cosa che infatti interessa a Napolitano – dicono – è di riportare Mario Monti a Palazzo Chigi o, in subordine, di vincolare i partiti, se non alla persona, almeno “all’agenda Monti”; ma per farlo il Quirinale, preoccupato di una deriva alla greca, ha bisogno di essere ancora il player istituzionale che incarica il presidente del Consiglio. Tutto insomma deve incastrarsi prima di maggio, prima della scadenza del settennato: per questo sono necessarie le elezioni anticipate, anche a marzo. Pare di capire che non esistano, come un tempo, “finestre” per la crisi di governo: approvata la legge elettorale, le Camere potrebbero essere anche sciolte a fine anno e dunque molto a ridosso della naturale scadenza della legislatura. Il minianticipo, che ancora non convince Berlusconi, pare abbia fatto breccia sia alla corte di Angelino Alfano sia dalle parti di Gianni Letta. Tutto appare ancora incerto, ma nei dedali sotterranei che collegano Palazzo Grazioli a Palazzo Chigi e al Quirinale da qualche tempo si muove, pur con le cautele istituzionali, anche il presidente del Senato Renato Schifani (e non a caso, Schifani ha detto che “la riforma elettorale si può fare a dicembre”).

    “Se cambia la legge elettorale non ci saranno più coalizioni. E allora io perché mai dovrei dichiarare adesso le mie alleanze?”, ha detto ieri Casini rivolgendosi ai suoi uomini che gli chiedevano lumi su come comportarsi con quel Nichi Vendola, neo alleato del Pd, che ha fatto capire di essere disponibile a un centrosinistra aperto all’Udc. “Noi siamo il partito di Monti e corriamo da soli”, dice Ferdinando Adornato che dà già per acquisito il sistema elettorale proporzionale. Ma poi aggiunge allusivo: “Quello che succederà dopo le elezioni è un’altra storia…”. Dunque tra puntini di sospensione e mezze frasi si intuisce che alcune linee di tendenza sono già chiare. Certo in cuor suo Bersani spera ancora di evitare la riforma elettorale, propone una riforma simile al sistema di voto delle province sperando che il Pdl gli risponda a pernacchie facendo saltare ogni negoziato; e dunque, in definitiva, il segretario del Pd coltiva il sogno di centrare, con il porcellum, una piena vittoria elettorale. Ma Bersani si trova pure impigliato nella trama del Quirinale, e dunque anche lui tesse trame alternative. Così in Sicilia Pd e Udc correranno insieme, l’accordo è praticamente chiuso e le elezioni anticipate, dopo le dimisioni di Raffaele Lombardo, rappresenta un’anticipazione del quadro che i partiti cercano di comporre anche a Roma.

    A Palermo, dove Casini è costretto dalla legge elettorale a dichiarare le sue alleanze, il plenipotenziario Gianpiero D’Alia ha ormai chiuso un accordo con il Pd bersaniano per candidare governatore Bernardo Mattarella, figlio di Piersanti, il presidente della regione assassinato dalla mafia. Ma anche a Palermo, come a Roma, i partiti sono nel marasma: il Pd ha già quattro candidati, oltre a Mattarella anche Rosario Crocetta (sostenuto dai ribaltonisti di Beppe Lumia), Claudio Fava (che accusa Crocetta: “E’ l’uomo di Lombardo”) e Sonia Alfano (forse correrà per Grillo). I candidati rischiano di essere cinque: dicono Leoluca Orlando sia alla ricerca di un suo uomo per la regione.
    Quanto al Pdl, senza guida e senza candidato, è squinternato al punto dall’essere tornato a cercare l’odiato Gianfranco Micciché. La Sicilia, con il suo buco di bilancio, preoccupa Roma. Lombardo ha ricevuto da Monti 450 milioni per tamponare il debito, ma non ha approvato la spending review che il professore gli aveva intimato. Ora Monti è tornato a ipotizzare il commissariamento della regione, fino alle elezioni. Quando la politica è nel marasma le larghe intese sono dietro l’angolo: quelle romane si faranno dopo il voto, quelle siciliane forse cominciano prima.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.