Badminton

Non sono le polemiche a rubare la scena agli atleti, ma le mamme

Michele Boroni

Bamboccioni di tutto il mondo, rallegratevi. Londra 2012 rischia di passare alla storia come l’Olimpiade dei  babbi e delle mamme. Mai come in questa edizione si è vista una presenza così massiccia e invadente di genitori, tifosi dei propri pargoli oltre ogni limite sopportabile. Dimenticate le scene dei campetti calcistici nostrani o dell’interpretazione sopra le righe del premio oscar Melissa Leo, cotonatissima madre-manager di Mark Wahlberg nel film “The Fighter”. Qui siamo di fronte a professionisti della faticosa arte del supporting. E, badate bene, gli esempi questa volta non arrivano dalla tipica e stereotipata famiglia italiana.

    Bamboccioni di tutto il mondo, rallegratevi. Londra 2012 rischia di passare alla storia come l’Olimpiade dei  babbi e delle mamme. Mai come in questa edizione si è vista una presenza così massiccia e invadente di genitori, tifosi dei propri pargoli oltre ogni limite sopportabile.
    Dimenticate le scene dei campetti calcistici nostrani o dell’interpretazione sopra le righe del premio oscar Melissa Leo, cotonatissima madre-manager di Mark Wahlberg nel film “The Fighter”. Qui siamo di fronte a professionisti della faticosa arte del supporting. E, badate bene, gli esempi questa volta non arrivano dalla tipica e stereotipata famiglia italiana.

    Il Time Magazine cita il caso emblematico del padre di Chad Le Clos, il nuotatore sudafricano esordiente che ha battuto in finale nei 200 farfalla Michael Phelps, che ha invaso la piscina come un invasato gridando e piangendo e rubando la scena al figlio medaglia d’oro. Inoltre le dichiarazioni che in questi giorni hanno invaso le pagine dei giornali di mezzo mondo non sono tanto di Ryan Locthe, altro nuotatore campione olimpico dei 400 misti e della staffetta 4 per 200 stile libero, bensì quelle della mamma Ike a cui preme sottolineare che il figlio è troppo impegnato per avere una fidanzata, anzi che “è proprio uno da una botta e via”.
    Anche la famiglia reale non fa eccezione. La medaglia d’argento nel gara di equitazione a squadra, Zara Phillips, figlia della principessa Anna e quindi nipote di Elisabetta II, è stata l’unica a essere baciata alla consegna della medaglia proprio dalla madre, rompendo così l’algida etichetta britannica. Le premesse per il “Ciao mamma, guarda come vinco”, in fondo, c’erano tutte. P & G, partner ufficiale dei Giochi olimpici londinesi, ben cento giorni prima della manifestazione ha iniziato una massiccia campagna pubblicitaria a supporto delle mamme – che, non a caso, sono le principali responsabili d’acquisto del colosso americano del grocery – e in particolar modo delle mamme degli atleti. L’agenzia Wieden + Kennedy ha commissionato al regista messicano Alejandro González Iñárritu uno spot che mette in scena quattro madri che, nei quattro angoli del pianeta (Londra, Rio de Janeiro, Los Angeles, Pechino), accompagnano i loro bimbi, giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, al successo olimpico. Una roba che per fotografia, ritmo, sintesi narrativa e crescendo musical-emotivo, fa commuovere perfino chi vi scrive. Soprattutto perché di padri nello spot non c’era nemmeno traccia.