L'amore ai tempi della canicola. Eros è sudore, anguria e piatti crudi
L’estate è la stagione dell’amore e agosto è il culmine dell’estate e io chiamo disertore chi, per sottrarsi, evoca l’anticiclone africano. Perché come dice il poeta l’amore è una milizia, e in battaglia sudare è normale. Maria Laura (che ovviamente di cognome non fa Rodotà e anzi coltiva vigne di lambrusco nel Reggiano) mi dice che non le dà fastidio l’uomo che puzza. E’ la frase più bella che abbia sentito pronunciare negli ultimi mesi. La donna schifiltosa è quanto di più inutile la decadenza occidentale abbia prodotto.
L’estate è la stagione dell’amore e agosto è il culmine dell’estate e io chiamo disertore chi, per sottrarsi, evoca l’anticiclone africano. Perché come dice il poeta l’amore è una milizia, e in battaglia sudare è normale. Maria Laura (che ovviamente di cognome non fa Rodotà e anzi coltiva vigne di lambrusco nel Reggiano) mi dice che non le dà fastidio l’uomo che puzza. E’ la frase più bella che abbia sentito pronunciare negli ultimi mesi. La donna schifiltosa è quanto di più inutile la decadenza occidentale abbia prodotto. E comunque, grazie a Dio o grazie alla decadenza occidentale (non mi è chiaro), esiste da tempo in tutte le nostre case e in tutte le nostre camere d’albergo un oggetto praticissimo di nome doccia, da usarsi o prima o dopo o sia prima che dopo. Basta un getto d’acqua ben direzionato per far scappare qualsiasi Drago Africano. In un elenco di opportunità offerte a Eros dalla lunga estate calda comincerei dal mangiare. Se è incerta l’esistenza dei cibi afrodisiaci in compenso è certissima l’esistenza dei cibi antiafrodisiaci. Guarda caso sono tutti invernali. Buonissima, etnica e perfino etica la polenta col cinghiale ma poi si dorme, che altro si può fare. Il cotechino col puré di patate è talmente di soddisfazione da rallentare la ricerca di soddisfazioni ulteriori. Eccetera. Invece Amore ama il crudo o al limite il poco cotto, i crostacei e i carpacci, le tartare e i frutti di mare, escludendo magari le ostriche che in questo periodo sono grasse come oche. La mia carne acquatica preferita si mangia tutto l’anno ma solo ora lo si può fare sotto le stelle e sto parlando delle cicale o canocchie (i gamberi dei poveri) e delle magnose o cicale greche (le aragoste dei dritti). Le prime vanno crude (però sgusciate, altrimenti feriscono la bocca): nessuno sa completarle e presentarle come Guido a Miramare di Rimini. Le seconde vanno bollite, e allora basta un qualsiasi cuoco del porto di Trani che le tuffi in pentola per qualche minuto. Siccome sono grosse si prestano a essere consumate in due, una metà per ciascuno, e anche questo fa condivisione, concetto che ci tengo a sottolineare perché se l’amore non accomuna tende a scivolare in masturbazione assistita, per dirla con Fabrice Hadjadi. Se al ristorante vedo un uomo e una donna con piatti diversi e bicchieri diversi per tutto il corso della cena, senza che mai nessuno assaggi qualcosa dall’altro, so già molto del loro rapporto.
Ci sarebbe poi l’anguria, gloria dell’agosto. Il grande fotografo americano Richard Kern, come tanti grandi fotografi un parafiliaco per parafiliaci, ha prodotto un’immagine intitolata “Rachel’s melons”: una ragazza che si tuffa nel cocomero dopo essersi dimenticata la maglietta. Sono giochi che per venire bene necessitano di trentacinque gradi almeno, al primo abbassamento di temperatura, alla prima folata di aria condizionata si smontano. Passerei al bere. Mi accorgo che l’estate si intensifica quando chiedo al barista di mettere molta soda nell’Americano e quando osservo con maggiore indulgenza le donne beventi le varie cianfrusaglie para caraibiche, mojito, daiquiri... Restano le pozioni dolciastre e ammazzafegato di sempre ma d’estate suonano meno kitsch perché una spiaggia è una spiaggia, al tramonto c’è meno differenza tra Cuba e Cupra Marittima che tra Cupra Marittima e Milano. E poi una donna senza gusti sbagliati rischia di essere un uomo: se ordinasse perentoria un Negroni col Punt e Mes (la migliore versione del cocktail migliore) le guarderei subito le mani (un trans può essersi operato tutto ma non le mani, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, il chirurgo plastico fa grandi tette ma non piccole estremità). La musica. Si potrebbe scrivere una pagina sulle canzoni dell’estate (l’ho già fatto), si potrebbe deplorare l’estinzione del tormentone (l’hanno già fatto), in alternativa si potrebbero ascoltare i classici per scoprire delusi che “Estate” di Bruno Martino è davvero troppo consunta, in qualunque versione venga ammannita.
“Summertime” è stata or ora riverniciata da Chris Botti, un caro ragazzo quasi più italo che americano (in Italia ci ha pure vissuto), una tromba morbidissima forse appena soporifera. Più ritmata (ci vuole poco) l’elettronica “One night” di Fort Romeau, un pezzo di dark house e mi piace quando titolo e genere sono già programma e buon auspicio. E’ quel genere di suono che fuoriesce dalle casse del Caffè del Porto di Riccione mentre ammiri le ragazze e gli spruzzini, acqua nebulizzata che fuoriesce dagli ugelli posti intorno al perimetro del locale per abbassare la temperatura, uno spettacolo. L’estate consente inoltre di noleggiare una macchina scoperta (ci vorrebbe però una situazione tipo Ischia, non so se a Jesolo funziona), di portare una ragazza sulla canna della bicicletta (d’inverno con cappotti e piumini che intralciano e appesantiscono è sconsigliato), di abbracciarsi fra lenzuola di lino (“dammi il sonno di un bambino”). Secondo me il caldo suggerisce anche determinate posizioni piuttosto che altre ma qui eseguo una dissolvenza, non sono mica D’Orrico che su Sette la mena da mesi col “campionato mondiale di sesso scritto”. Mi rammarico di aver dovuto digitare quella parola volgare di cinque lettere ma trattasi appunto di virgolettato, non l’ho detta io una tristezza del genere, l’ha detta quel critico da caserma.
Una tristezza per giunta insensata: chi legge romanzi sa già benissimo come si fa, e se putacaso non lo sapesse farebbe meglio e farebbe prima a rivolgersi a YouPorn. L’amore al tempo del sudore ha ben altro asso nella manica: il bagno di notte. Qui ammutolisco non per stile ma perché di fronte alla vita che sorge dalle acque, epifania amniotica, puoi contemplare, puoi tuffarti, non puoi metterti a parlare. Si deve quindi sperare che il tempo tenga, che il solleone morda fino al 31, che la stagione si compia per intero, perché poi lo rimpiangeremo questo caldo. “L’estate senza fine poi finì e si gelò il mio cuore”: le belle canzoni hanno sempre ragione ma stavolta vorrei che ce l’avessero il più tardi possibile.
Il Foglio sportivo - in corpore sano