“Il crocevia delle antimafie”

Rosario Crocetta, poeta sì ma con lombardiano senso del potere siculo

Salvatore Merlo

Quando fu nominato assessore alla Cultura del comune di Gela, provincia di Caltanissetta, immenso dormitorio fabbricato all’ombra dell’Enichem, per prima cosa si fece stampare un foglio di carta A3 e lo appiccicò con lo scotch alla porta del suo ufficio: “Qui non si accettano raccomandazioni”. Rosario Crocetta, da ragazzino, era il protagonista assoluto delle recite scolastiche e dicono che il gusto per la teatralità lo abbia affinato lì, al collegio dei salesiani.

    Quando fu nominato assessore alla Cultura del comune di Gela, provincia di Caltanissetta, immenso dormitorio fabbricato all’ombra dell’Enichem, per prima cosa si fece stampare un foglio di carta A3 e lo appiccicò con lo scotch alla porta del suo ufficio: “Qui non si accettano raccomandazioni”. Rosario Crocetta, da ragazzino, era il protagonista assoluto delle recite scolastiche e dicono che il gusto per la teatralità lo abbia affinato lì, al collegio dei salesiani. Dunque non deve stupire troppo che l’altro giorno abbia liquidato così i compagni del Pd che ancora si oppongono alla sua corsa verso la poltrona presidenziale che in Sicilia fu di Raffaele Lombardo: “La verità e che c’è un esercito di checche non dichiarate e nascoste che mi odia perché un gay dichiarato come me si candida alla presidenza della regione”. Ieri ha concesso un bis, e ha conquistato di nuovo l’attenzione della stampa: “Vogliono qualcuno più a sinistra di me? Allora scelgano Renato Curcio”.

    Teatrale, estroso, intelligente, bizzarro e contraddittorio come il salotto di casa sua: spicca una lampada liberty a stelo con appeso un calendario dell’arma dei carabinieri; e la noti subito questa lampada perché è fuori contesto, circondata da una specie di mercatino della mobilia etnica dal gusto garrulo, un divano di foggia centroafricana, tappezzeria indiana, un tavolino da caffè sul quale domina un samovar berbero con delle tazze decorate ad arabeschi. Souvenir delle sue villeggiature estive in Tunisia. Quando si candidò sindaco nel 2002, per le strade sconnesse e poco attraenti di Gela improvvisamente si videro girare semi vip della televisione, attori abbronzati, e quel genere di esperti di marketing che piacciono pure, e molto, a Silvio Berlusconi. Fu arruolato anche Klaus Davi, massmediologo televisivo, che poi si sarebbe occupato dell’immagine di Piero Fassino oltre che della Fiat e dalla Martini  & Rossi. Appena eletto sindaco, Crocetta si fece fotografare mentre prendeva l’autobus della circolare cittadina (e Gela non è precisamente New York). Fu un piccolo evento comunicativo in una città di abusi, non solo edilizi. Gli viene riconosciuto di aver ripulito i Palazzi del comune dalla torbida presenza di alcuni mafiosi conclamati; ma è pure accusato del gravissimo dissesto finanziario del comune.

    Per due volte sindaco, eletto con percentuali bulgare, deputato europeo con il Pd, comunista berlingueriano, cattolico e omosessuale, bertinottiano, cossuttiano, poi veltroniano, questo sessantunenne perito tecnico cresciuto da una famiglia povera, ma tra buone letture, oggi è sostenuto da un fronte politico amplissimo. “Più che un Crocetta, è un crocevia delle antimafie”, dicono i suoi avversari più maliziosi. Perché attorno a Rosario Crocetta si è condensata l’antimafia “consociativa” dei Beppe Lumia e degli Antonello Cracolici, la Confindustria impegnata di Antonello Montante e di Ivan Lo Bello, tutti insieme all’Udc che in Sicilia fu di Cuffaro e anche – pare – assieme al mondo dei potentissimi tecnici promossi da Raffaele Lombardo (tra cui l’assessore regionale alla Sanità, ed ex magistrato antimafia, Massimo Russo). “Crocetta è sponsorizzato da Lombardo”, ripete da giorni Claudio Fava, che dall’interno della sinistra gli è ostile perché riconosce intorno all’outsider Crocetta quello stesso mondo, quello stesso potere politico che fino a ieri era la forza del dimissionario governatore oggi inquisito per mafia a Catania.
    E in comune con Lombardo, Crocetta ha di sicuro una roboante inclinazione per il disgraziatissimo irredentismo siculo, quell’adesione un po’ plebea all’idea dell’autonomia siciliana che pure è tornata di gran moda anche a destra, anche dalle parti di Gianfranco Miccichè, lo sfidante di Crocetta capo di una formazione politica che si chiama Grande sud. Poeta dilettante, colto come solo alcuni non laureati possono esserlo, Crocetta cita Pasolini e san Francesco, è cattolico ma ama l’islam, conosce l’arabo, veste arruffato e sa arruffare il popolo, si è definito “popolano tra i popolani”, assomiglia a Nichi Vendola e a Luigi De Magistris, ma non è né manettaro come il sindaco di Napoli né ama le carezzevoli narrazioni del governatore pugliese.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.