Moratti e Cassano, ovvero l'uomo che scambiò un Pazzo con un Fesso

Maurizio Crippa

Va bene che il campionato si annuncia noioso (e tienimi da conto Zeman, se non per il senso del gioco almeno per quello dell’umorismo, se no ci ritroviamo con il ghost-writer di Jaki Elkann che vince la classifica di battutista dell’anno), va bene che gli unici brividi dell’estate li regalano i mercati, ma se un refolo di pura follia doveva muovere l’afa di Milano, da dove mai poteva soffiare?

    Va bene che il campionato si annuncia noioso (e tienimi da conto Zeman, se non per il senso del gioco almeno per quello dell’umorismo, se no ci ritroviamo con il ghost-writer di Jaki Elkann che vince la classifica di battutista dell’anno), va bene che gli unici brividi dell’estate li regalano i mercati, ma se un refolo di pura follia doveva muovere l’afa di Milano, da dove mai poteva soffiare? Dopo aver regalato Lucio alla Juve, dopo aver speso più soldi per risparmiare su Julio Cesar di quel che sarebbe costato tenerlo, dopo aver lanciato una campagna-giovani e aver comprato solo gente avviata alla trentina, dopo aver schivato la tragedia dello scambio Pazzini-Quagliarella è finalmente arrivata la farsa dell’operazione Pazzini-Cassano. Uno dice: beh, all’Inter sono i soliti mattacchioni, lo fanno per puro dadaismo, la spending review l’hanno affidata a Caparezza ma poi vedrai che sistemano tutto. Invece no, sistemano un tubo. Siamo, as usual, all’eterna psicopatologia di Pazza Inter amala!, una squadra che ha più sensibilità per il disagio sociale, e pure mentale, che per il mercato. E per non essere da meno dell’Uomo che scambiò sua moglie con un cappello, Massimone Moratti adesso vuole passare alla storia come l’Uomo che scambiò un Pazzo con un Fesso.

    Come altrimenti definire uno scambio che, al netto degli ingaggi, farà risparmiare al club nerazzurro una manciata di euri fra un bomber da 10-15 gol a stagione e un fantasista da 10-15 chili sovrappeso a ogni inizio stagione? E’ un’operazione di neuro-poesia, come i libri di Oliver Sacks. Fa gioire il cuore a quella mala genìa di romantici assistenti sociali che ancora credono che il calcio sia tutto talento e fantasia, che l’Italia si salverà perché ha meno rigore della Germania, che Bari vecchia e Taranto Ilva sono due facce di medaglia della stessa Wonderland italiana: chiudi la fabbrica e produci le cozze, cambia la maglia a un giocatore bollito e diventerà nuovo come un prato sintetico. Bellurie che invece fanno sanguinare il cuore di chi sa che Antonio Cassano è il perfetto caso italiano. Scavallati i trent’anni, è stato scaricato prima dal Real Madrid, poi dalla Samp, raccattato in saldo dai furboni del Milan e ora scaricato pure da Berlusconi, che un po’ di aziendalismo gli è rimasto addosso. La carriera di Cassano (di cui tra parentesi elogiamo il Grande Talento, prima che ci deferiscano per vilipendio nazionale) è una splendida parabola a scendere, come certe sue punizioni. Ma senza uno strappo vero, un girone di vera perdizione, di ribellismo alla Paul Gascoigne. E’ stata tutta un rotolare placido e un po’ flaccido su una bambagia di ingaggi, illuminata da qualche perla. E quando invece prendi una sberla, a raccoglierti c’è sempre la Mamma. O mamma Rai, con la favola italiana del riscatto del sud e dei doni di san Nicola. Antonio Cassano è il santo di quelli che credono che Messi sia Messi solo perché Dio l’ha baciato sui piedi, e non perché s’è costruito la carriera fatica su fatica, dolore alle ginocchia su dolore alle ginocchia, allenamento su allenamento.

    Moratti è un sentimentale, ha sempre nel cuore il suo Mariolino Corso, e si ricorda ancora di quel diciassettenne esordiente del Bari che si bevve come una gazzosa la sua difesa milionaria e gli rifilò un memorabile gol. Cassano è l’ultimo giocattolo, nell’epoca dei saldi e della magra, per la creatura morattiana. Un nuovo Recoba, ma col passaporto già in regola. Il cuore dei tifosi però è inquieto. L’ottimismo della volontà disperatamente attende di essere smentito, come un report di Moody’s: Cassano rinascerà dall’ennesima cenere, farà cinque assist e due gol, moltiplicherà i pani e i pesci del suo calcio miracolistico e li distribuirà agli interisti in estasi. Ma la psicopatologia nerazzurra dubita: si è mai visto scambiare un Pazzo per un Fesso?

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"