Caro Mauro, con chi stai?
Si aprono le scommesse. Il direttore di Repubblica è stato recentemente in Alaska, al fresco, e la riunione di redazione da qualche tempo sul sito non si vede, bavaglio, autobavaglio, bavagliolo, mentre se fossimo giornalisti veri definiremmo ahinoi “assordante” il suo silenzio sulle polemiche roventi innescate in casa sua dal montismo-napolitanismo del Fondatore. Ezio Mauro farà con Eugenio Scalfari quello che Scalfari fece con Arrigo Benedetti nel 1967? Ucciderà il padre, che è sempre un padre nobile, per ereditarne il titolo senza più ipoteche fondatrici di alcun genere?
Si aprono le scommesse. Il direttore di Repubblica è stato recentemente in Alaska, al fresco, e la riunione di redazione da qualche tempo sul sito non si vede, bavaglio, autobavaglio, bavagliolo, mentre se fossimo giornalisti veri definiremmo ahinoi “assordante” il suo silenzio sulle polemiche roventi innescate in casa sua dal montismo-napolitanismo del Fondatore. Ezio Mauro farà con Eugenio Scalfari quello che Scalfari fece con Arrigo Benedetti nel 1967? Ucciderà il padre, che è sempre un padre nobile, per ereditarne il titolo senza più ipoteche fondatrici di alcun genere? Benedetti aveva fondato L’Europeo e poi L’Espresso, e fu estromesso dopo una polemica molto dura sugli esiti della guerra dei sei giorni tra Israele e i paesi arabi, lui su posizioni filoisraeliane e Scalfari critico dell’occupazione della Cisgiordania. Ma Scalfari aveva 43 anni, era un direttore e un politico socialista in erba, e un-giorno-tutto-questo-sarà-tuo eccetera. Mauro di anni ne ha 64, è established come direttore del giornale da ormai 17 anni, l’età del Foglio, una quasi maturità. Benedetti difendeva Israele, che tutto sommato è lontana, Scalfari difende Napolitano e Monti, who happen to be presidente della Repubblica e presidente del Consiglio.
Mauro è un militante vero del torinesismo azionista fin da ragazzo, uno tosto e non privo di coraggio, la sua venerazione per il giureconsulto Gustavo Zagrebelsky, erede a suo modo di Alessandro Galante Garrone e di Norberto Bobbio, altri idoli di riferimento, è testimoniata dalla collaborazione coautoriale in un libro sulla democrazia. La guerra culturale del Palasharp ha in lui un soldato e un generale editoriale senza macchia. Salvare capra e cavoli, magari di concerto con l’editore, e stare schiscio, è cosa che deve costargli parecchio. Però Mauro è un giornalista, che è anche il suo unico difetto, e le copie e la proprietà e la pubblicità e l’immagine mainstream del suo giornale festaiolo sono in cima ai suoi pensieri, e in questo caso, anche comprensibilmente, potrebbero – tutti questi fattori – impedirgli di pensare con la sua propria testa e di espettorare un suo grido liberatorio, più o meno puritano, contro lo scandalo di un tradimento della missione civilizzatrice dei chierici. E’ giusto seguire la sua lezione professionale e porgli una domanda quotidiana: stai con Scalfari e Napolitano e Violante o con Ingroia e Caselli e Zagrebelsky? (Intanto Repubblica è diventato – finalmente! – un giornale meno univoco e conformista).
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