Un nuovo assist al Quirinale

Il “sì” segreto di Berlusconi alle elezioni anticipate

Claudio Cerasa

D’estate, si sa, il mondo della politica funziona come il mondo della finanza, e a volte una piccola manovra o una piccola indiscrezione possono essere sufficienti a creare disordine e agitare tanto gli umori dei palazzi quanto quelli dei mercati. Ieri, per esempio, a movimentare i listini della politica sono stati i retroscena pubblicati su alcuni giornali relativi alla possibilità che l’imminente accordo sulla legge elettorale possa indirizzare i partiti a selezionare la casella delle elezioni anticipate.

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    Roma. D’estate, si sa, il mondo della politica funziona come il mondo della finanza, e a volte una piccola manovra o una piccola indiscrezione possono essere sufficienti a creare disordine e agitare tanto gli umori dei palazzi quanto quelli dei mercati. Ieri, per esempio, a movimentare i listini della politica sono stati i retroscena pubblicati su alcuni giornali relativi alla possibilità che l’imminente accordo sulla legge elettorale possa indirizzare i partiti a selezionare la casella delle elezioni anticipate. Repubblica, mossa forse dal desiderio di andare al voto al più presto senza cambiare l’attuale sistema elettorale, si è sbilanciata e ha scritto che gli italiani potrebbero essere chiamati alle urne già domenica 25 e lunedì 26 novembre.

    Cosa c’è di vero? Cosa si muove nel Palazzo? Ci sono almeno due notizie di cui tenere conto. La prima riguarda la legge elettorale: mercoledì il comitato ristretto composto dai senatori Enzo Bianco (Pd), Lucio Malan (Pdl) Roberto Calderoli (Lega) e Gianpiero D’Alia (Udc) si riunirà in commissione Affari costituzionali e, per la prima volta, presenterà una bozza semi-definitiva di riforma elettorale (confermato il premio di maggioranza al primo partito, circa 15 per cento). La seconda notizia, invece, riguarda le due opzioni di voto anticipato che da mesi si trovano sul tavolo del presidente della Repubblica (“anticipo breve” e “anticipo lungo”). Come raccontato dal Foglio venerdì scorso, è ormai da qualche settimana, cioè dal giorno dell’incontro al Quirinale tra Monti e Napolitano (18 luglio), che il presidente della Repubblica ha cominciato a esercitare sui partiti la sua moral suasion finalizzata ad accelerare i tempi delle urne. Fino a oggi Napolitano aveva incontrato il parere favorevole sia di Pier Luigi Bersani sia di Pier Ferdinando Casini ma aveva dovuto fare i conti con il “no” di Silvio Berlusconi, comunicato da Gianni Letta poco prima delle vacanze a Stromboli del presidente, e si era ritrovato così costretto a cestinare l’opzione anticipo lungo (ovvero, elezioni a novembre) e a puntare tutto sull’anticipo breve (marzo o aprile 2013: data utile per non creare ingorghi istituzionali e per mettere Napolitano nelle condizioni di essere lui a dare l’incarico al nuovo presidente del Consiglio).

    Nelle ultime ore però – ecco la novità – è successo che il capo dello stato è stato messo al corrente della vera opinione del Cav., e come racconta al Foglio una fonte importante “oggi Berlusconi non ha più nulla in contrario ad andare a votare prima, anche entro la fine dell’anno”. Già, ma come? E, nel caso, con quale legge elettorale? In linea teorica, i tecnici del Pdl e del Pd hanno fatto alcuni calcoli e hanno convenuto sul fatto che per approvare una nuova legge, da adottare in caso di “anticipo a novembre”, esiste una data limite, e quella data è il 22 settembre: termine oltre il quale “sarebbe impossibile – dice Renato Brunetta – votare con una legge diversa dal Porcellum”. “I tempi sono stretti – ammette anche Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl – e se si dovesse andare a votare a novembre escludo sia possibile farlo con una nuova legge. Detto questo è importante che una cosa sia chiara: il Pdl, oggi, non è contrario ad andare a votare anche prima, anche a novembre: non abbiamo paura”.

    Tra divergenze e scosse
    Oltre ai problemi legati alla tempistica, però, esistono anche questioni solo apparentemente di carattere burocratico legate alla stesura della riforma: questioni importanti, considerando che la condizione del Quirinale in merito alle elezioni anticipate è che “prima sia cambiata la legge elettorale”. Ebbene, la bozza della legge in fase di stesura, a quanto si apprende, prevede una delega sulla definizione dei collegi che secondo alcuni esponenti del Pd – lo dice al Foglio il senatore Stefano Ceccanti – “difficilmente può essere realizzabile prima di due mesi successivi all’approvazione”. Nel Pdl, in realtà, si considera il problema risolvibile e si fa notare che un accordo per la riscrittura dei collegi era stato trovato a inizio anno ai tempi della bozza Violante (l’accordo prevedeva l’utilizzo anche per la Camera della vecchia suddivisione dei 232 collegi adottati per il Senato ai tempi del Mattarellum).

    Divergenze tecniche a parte, resta questo l’ostacolo che separa i partiti dal traguardo del voto anticipato: riuscire a cambiare in tempo la legge. Fino a qualche giorno fa l’ostacolo sembrava insormontabile. Ma chissà che il “sì” del Cav. al voto anticipato non dia una scossa per accelerare le manovre e aiutare il capo dello stato a realizzare il progetto di votare il prima possibile.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.