Dentro i servizi segreti a Riad
Il principe Bin Sultan è redivivo e lotta contro Teheran e Damasco
La notizia della morte in un attentato del principe Bandar bin Sultan, direttore dei servizi segreti dell’Arabia Saudita, è rimbalzata rapidissima su Internet nei primi giorni di agosto, grazie a un’operazione di controinformazione gestita dall’Iran, anche se non è stata raccolta dai media mainstream. Le smentite di fatto sono state decisamente discrete, seminate qua e là, come per caso.
Roma. La notizia della morte in un attentato del principe Bandar bin Sultan, direttore dei servizi segreti dell’Arabia Saudita, è rimbalzata rapidissima su Internet nei primi giorni di agosto, grazie a un’operazione di controinformazione gestita dall’Iran, anche se non è stata raccolta dai media mainstream. Le smentite di fatto sono state decisamente discrete, seminate qua e là, come per caso. Una sua apparizione davanti all’ambasciatore americano a Riad; una nota del 14 agosto dal ministero degli Affari esteri che lo inserisce tra i presenti a un summit di stato alla Mecca; un’agenzia del Qatar del 15 agosto che lo segnalava accanto all’emiro del Qatar durante una visita a Jeddah.
Ora arrivano maggiori notizie sulla sua nomina, fatta in stretta coordinazione con Washington, dove Bin Sultan ha passato 22 anni come ambasciatore saudita, tessendo fittissimi rapporti prima con l’Amministrazione di Bush padre e poi con Bush junior e con il suo vicepresidente, Dick Cheney. Dieci giorni prima dell’annuncio, fatto il 19 luglio, re Abdullah ha incontrato il direttore della Cia, David Petraeus.
Il dossier più urgente è quello siriano. Tre settimane prima di ricevere l’incarico, Bandar ha organizzato il viaggio del generale siriano Manaf Tlass, amico personale del presidente Bashar el Assad, e della sua famiglia in Arabia Saudita, secondo una rivelazione fatta dal Wall Street Journal. La defezione dal regime di Tlass ha fatto molto rumore e ha segnalato – come non era ancora avvenuto – che esiste una spaccatura interna al potere clanico di Damasco. Bin Sultan è anche accusato – ma questo è il rumor non verificato e non verificabile che circolava su Internet per spiegare la sua morte – della misteriosa esplosione nella capitale Damasco che ha spazzato via i generali e ministri più fidati di Assad.
E ora? All’inizio di settembre Bandar dovrebbe recarsi in Turchia, ad Ankara, per incontrare Hakan Fidan, il capo dei servizi segreti turchi (il Mit, Milli Istihbarat Teskilati), per coordinare l’appoggio delle due agenzie di intelligence ai ribelli siriani. Uomini di entrambi i servizi sono già assieme nella base turca di Adana, a soli 100 chilometri dal confine, dove i guerriglieri del Free Syrian Army ricevono addestramento e istruzioni. Anche i servizi turchi hanno potuto interrogare Tlass.
Non ha soltanto connessioni americane, il principe saudita. Nel 2007 fu lui l’architetto del riavvicinamento tra Mosca e Riad e ha un rapporto personale con Nikolai Patrushev, il capo del Fsb nominato segretario del Consiglio di sicurezza russo nel 2008, un incarico da cui coordina anche la posizione del presidente della Federazione russa, Vladimir Putin. Il negoziato, anche discreto e sottobanco, con Mosca è considerato essenziale per la ricerca di una soluzione alla guerra civile in Siria.
Bin Sultan prende il posto del principe Muqrin bin Abdul Aziz – che avrebbe dovuto lasciare nel 2013 – ma soffre di problemi di salute ai polmoni ed è stato criticato dai suoi uomini e dai servizi di intelligence occidentali per l’apatia. David Ignatius, columnist sul Washington Post, dice che Bin Abdul Aziz non è stato licenziato e che ha ancora la fiducia di re Abdullah, che lo ha nominato inviato speciale per il Pakistan e per altri paesi musulmani dove si trova a più agio (nei paesi occidentali non si faceva mai vedere; il principe Bandar al contrario passa molto tempo nel suo castello extralusso in Colorado).
Il nuovo direttore dei servizi sauditi lavorerà in tandem con il figlio, Abdulaziz bin Bandar, che è stato numero due dei servizi sauditi dal 2003. L’intelligence a Palazzo è tutta una questione di famiglia: il rampollo, 35 anni, è figlio della principessa Haifa bin Faisal, sorella di Turki Bint Faisal, capo dell’intelligence tra il 1977 e il 2001. Uno zio è Saud bin Faisal, ministro degli Esteri.
Il dossier che conta di più
Il dossier più importante è quello iraniano, e non si gioca soltanto in territorio siriano, ma anche in Bahrein, in Iraq e dentro la stessa Arabia Saudita, nella provincia orientale e ricca di petrolio di Qatif, dove l’Iran tenta di estendere la sua influenza dentro la comunità sciita. La situazione a Qatif sta peggiorando velocemente, anche se ancora non è presa in considerazione sui grandi media. Mancano i numeri delle altre rivolte arabe, ma l’impatto di un’eventuale sfida pubblica contro la casa regnante saudita sarebbe inaudito.
Bandar conta di avvalersi anche di agenti non sauditi e di lavorare in stretto contatto con il Pakistan e con i suoi servizi militari, l’Isi.
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