Primi segnali di un montante partito euroscettico in Germania
La Germania è l’unico paese dell’Unione europea che manca di una formazione politica dichiaratamente euroscettica. Ma ogni partito tedesco ha infatti in seno la serpe dello scetticismo nei confronti di Bruxelles. Infatti neanche ai tempi dell’abbandono del marco il fronte della critica alla moneta unica era così vasto e trasversale come oggi. Però nel 2012 il fronte degli euroscettici o, per dirla più prosaicamente, degli eurocritici, non ingloba soltanto vecchi esponenti del mondo accademico ma anche quotidiani e settimanali dell’élite conservatrice.
Berlino. La Germania è l’unico paese dell’Unione europea che manca di una formazione politica dichiaratamente euroscettica. Ma ogni partito tedesco ha infatti in seno la serpe dello scetticismo nei confronti di Bruxelles. Infatti neanche ai tempi dell’abbandono del marco il fronte della critica alla moneta unica era così vasto e trasversale come oggi. Però nel 2012 il fronte degli euroscettici o, per dirla più prosaicamente, degli eurocritici, non ingloba soltanto vecchi esponenti del mondo accademico, in particolare economisti e giuristi, ma anche quotidiani e settimanali dell’élite conservatrice come la Frankfurter Allgemeine Zeitung, dell’élite finanziaria come l’Handelsblatt o addirittura progressista come la Zeit. Pur non avendo una linea ufficiale, la Faz ha iniziato lo scorso anno a martellare sul rischio fatale di sovraccaricare la Germania di costi economici eccessivi. Il quotidiano di Francoforte è diventato la tribuna preferita da Jens Weidmann, capo della Bundesbank, per attaccare il nuovo inquilino dell’Eurotower.
Non diverse le scelte editoriali dell’Handelsblatt, che ospita con assiduità opinioni e dichiarazioni della premiata ditta Schäffler-Willsch, parlamentari “falchi”, l’uno libertario e l’altro cristianodemocratico, che hanno organizzato la dissidenza anti Merkel all’interno della coalizione cristiano-liberale. A stupire è poi anche Die Zeit, il settimanale diretto dall’italo-tedesco Giovanni Di Lorenzo, che nel giugno scorso ha dedicato uno speciale al vetriolo nei confronti dei paesi dell’Europa del sud per indagare i motivi in base ai quali “tutto il mondo vuole il nostro denaro”. Anche i socialdemocratici e, più in generale, la sinistra tedesca non sono immuni da sentimenti di ostilità nei confronti dell’unione economica e monetaria. Mentre la Linke, l’estrema sinistra, è schierata nettamente contro le politiche di salvataggio (un regalo, a sentir loro, alla lobby delle banche) i socialdemocratici nicchiano oscillando tra un no categorico agli acquisti dei bond da parte della Bce e modifiche alla Costituzione che permettano una maggiore integrazione europea. Sono stati d’altra parte due parlamentari dell’Spd lo scorso autunno a ottenere dalla Corte costituzionale di Karlsruhe che fosse sempre il plenum del Bundestag a esprimersi sulle operazioni dei fondi di stabilizzazione e non un piccolo organo di appena nove deputati, creato ad hoc per risparmiare tempo.
Socialdemocratica è poi anche l’ex ministro della Giustizia Herta Däubler-Gmelin, la quale, insieme al giurista Christoph Degenhart, ha fatto ricorso alla Consulta per impedire l’entrata in vigore dell’Esm, il fondo di stabilizzazione permanente. E socialdemocratico è anche Thilo Sarrazin, il provocatorio ex ministro delle Finanze del Land di Berlino che ha appena dato alle stampe il suo ultimo bestseller “Perché la Germania non ha bisogno dell’euro”. Le tesi di Sarrazin sono mutuate da quelle di un’altra testa calda molto in auge nella Repubblica federale: l’economista Hans-Werner Sinn, secondo il quale la Germania, tramite il sistema di pagamenti dell’Eurosistema, si sarebbe accollata un rischio di 600 miliardi.
Denunce e ricorsi sono l’ultima frontiera della lotta euro-critica contro l’Ue. Una lotta alimentata anche da lobby e associazioni antieuro che spuntano come funghi. Tra queste c’è Europolis, la creatura di Markus Kerber, il professore berlinese che sogna di introdurre valute parallele all’euro nei paesi dell’Europa del nord. Per una spaccatura netta tra nord e sud è invece l’ex leader della Confindustria tedesca Hans-Olaf Henkel, ora impegnatosi in politica con i Freie Wähler, formazione minore con un gran numero di tesserati. La speranza è di sfondare alle prossime elezioni del 2013. Viste le premesse, non è escluso che possano riuscirci.
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